Più pericolosa della crisi economica attuale è la tentazione di pensare che contro di essa non ci sia nulla da fare. Con questo spirito, papa Francesco ha diffuso il suo videomessaggio ai partecipanti alla quarta edizione del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa (Verona, 20-23 novembre 2014), avente come tema Oltre i luoghi dentro il tempo.

Riflettendo sul titolo, il Santo Padre ha sottolineato la necessità di “andare oltre”, in quanto “la situazione di crisi sociale ed economica nella quale ci troviamo può spaventarci, disorientarci”, inducendoci alla rassegnazione o, al limite, alla “grande tentazione” di curare soltanto “le proprie ferite e trovare in questo una scusa per non sentire il grido dei poveri e la sofferenza di chi ha perso la dignità di portare a casa il pane perché ha perso il lavoro”.

C’è il rischio che “l’indifferenza ci renda ciechi, sordi e muti, presenti solo a noi stessi, con lo specchio davanti, per cui tutto avviene nella nostra estraneità”.

L’etica cristiana, poi, non va intesa come “una dogana alla pluralità di espressioni” con le quali “si manifesta il bene e la cura del prossimo” ed i “molteplici rivoli del bene” dovrebbero andare a “creare un fiume grande la cui acqua vince l'aridità e porta nuova fecondità, facendo risplendere e rendere bella e amabile questa vita e questo tempo”.

Con riferimento al settore economico-imprenditoriale, il Santo Padre ha sottolineato che “è urgente prendere l’iniziativa, perché il sistema tende ad omologare tutto e il denaro la fa da padrone”.

Pertanto anche gli imprenditori non devono “lasciarsi imprigionare dal denaro e dai risultati a breve termine diventandone schiavi”. Contro il luogo comune secondo il quale “tante cose non si possono fare perché manca il denaro”, occorre “un modo nuovo di vedere le cose”.

Se da un lato, ad esempio, viene lamentato dei “soldi che mancano per creare lavoro, per investire in conoscenza, nei talenti, per progettare un nuovo welfare, per salvaguardare l’ambiente”, dall’altro “il denaro per acquistare armi” o “per fare le guerre” o “operazioni finanziarie senza scrupoli” si trova.

Il vero problema, dunque, “non sono i soldi ma le persone”, poiché “non possiamo chiedere ai soldi quello che solo le persone possono fare o creare - ha commentato Francesco -. I soldi da soli non creano sviluppo, per creare sviluppo occorrono persone che hanno il coraggio di prendere l'iniziativa”, ovvero di “sviluppare un’impresa capace di innovazione non solo tecnologica”.

Il Santo Padre ha proposto, ad esempio, di “rinnovare anche le relazioni di lavoro sperimentando nuove forme di partecipazione e di responsabilità dei lavoratori, inventando nuove formule di ingresso nel mondo del lavoro, creando un rapporto solidale tra impresa e territorio”.

È inoltre necessario “superare l’assistenzialismo”: a questo proposito il Pontefice ha citato il caso del padre di un bambino down, il quale non accontentandosi di quanto offrivano per lui i servizi pubblici, ha desiderato “qualcosa che gli desse più dignità e più autonomia”.

Questo padre “si è inventato una cooperativa costituita da ragazzi down, ha studiato un lavoro adatto a loro, ha fatto una convenzione con un'azienda profit per la vendita dei loro prodotti”; ha quindi creato “le premesse lavorative con le quali suo figlio può costruirsi il suo futuro e la sua sana autonomia”.

L’esempio citato dal Papa dimostra un assunto: “Fermarsi significa chiedere ancora e sempre allo Stato o a qualche ente di assistenza”, mentre muoversi significa creare nuovi processi”, i quali “non sono il risultato di interventi tecnici, sono i risultati di un amore, che, sollecitato dalle situazioni, non è contento finché non inventa qualcosa e diventa risposta”.

L’amore è quindi “la vera forza di cambiamento” e nel lavoro l’amore si manifesta nell’“essere presenti nelle difficoltà, sentirsi coinvolti e rispondere responsabilmente”.

Questa visione della realtà permette di “promuovere e sviluppare talenti”, in particolare dei più giovani, spesso vittime della disoccupazione, per iniziare un “cambiamento”, superando così “invidie, gelosie, rivalità, contrapposizioni, chiusure” ed aprendo “alla gioia del nuovo”.

Eppure, ha osservato il Papa, qualcuno potrebbe chiedersi: “Andare oltre, prendere iniziative, liberare spazi, attivarsi non potrebbe creare confusione?”. La risposta è nella Bibbia, che ci trasmette l’idea che “il tempo è grazia e pienezza” e che “la storia è un percorso verso il compimento”.

“Se ci muoviamo come popolo, se andiamo avanti insieme, la nostra esistenza evidenzierà questo significato e questa pienezza”, ha quindi concluso il Santo Padre.