Al di là della notorietà del personaggio, per lunghi anni protagonista della scena sindacale e politica, quello di Fausto Bertinotti può definirsi un percorso emblematico. Punto d’approdo di una generazione che – negli anni ’60 – visse d’ideali laici nutriti di marxismo, e che, dopo la sconfitta storica del socialismo, reinterpreta oggi quegli ideali alla luce della dottrina sociale della Chiesa.
Questo il senso del libro-intervista Sempre daccapo (sottotitolo: Globalizzazione, socialismo, cristianesimo), cofirmato da Fausto Bertinotti e don Roberto Donadoni, direttore di Marcianum Press, editrice del volume.
Il libro, che reca una prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi, è stato presentato a Roma il 19 novembre presso l’Aula Magna della LUMSA, con la partecipazione degli autori e gli interventi di mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, e del parlamentare europeo Sergio Cofferati.
Seguendo il classico iter del lettore che, prima d’acquistare un libro, guarda la quarta di copertina, riportiamo due frasi – pubblicate, appunto, in quarta di copertina – che stabiliscono una ideale correlazione tra Fausto Bertinotti e Papa Francesco (che poi, a ben vedere, costituisce il leitmotiv di questa originale opera saggistica).
Bertinotti: “La sfida di Papa Francesco è un’evidente testimonianza di fede che, in questo ordine mondiale, esprime in totale autonomia la denuncia non solo dei mali del mondo, ma anche delle cause che hanno generato un sistema economico che fa del denaro il proprio idolo”.
Papa Francesco: “Che cosa possiamo dire di fronte al gravissimo problema della disoccupazione che interessa diversi Paesi europei? È la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro!”.
Sulla base di questa premessa, ecco i punti di vista emersi nel corso della presentazione.
“Non entrerò nelle questioni interpretative e politiche trattate nella prima parte del libro”, ha spiegato mons. Fisichella. “L’ambito di mia pertinenza si rivolge all’importanza del dialogo e alle domande di senso che emergono da queste pagine. Sono pagine che provocano una serie di domande per il credente… e la fede ha bisogno d’interrogarsi”. A tale proposito, l’arcivescovo ha citato Sant’Agostino: “La fede, se non è pensata, è nulla”.
“In questo libro – ha continuato mons. Fisichella – ho individuato più elementi di condivisione: il primato della coscienza, che per noi cattolici si pone sempre in rapporto a Dio; la dignità della persona e i pericoli che la minacciano; la posizione critica sull’ideologia della competitività e della concorrenza, dove la persona è ridotta alla stregua di merce…”.
L’alto prelato si è quindi soffermato sulle problematiche legate allo sviluppo di Internet. La Rete non è un semplice strumento bensì un’autentica cultura, nella misura in cui modifica il linguaggio e, di conseguenza, i comportamenti dell’uomo. Alcuni medici americani ritengono che, col tempo, l’uso di Internet potrebbe addirittura modificare la struttura del cervello. Il cambiamento epocale in atto non è stato ancora approfondito a sufficienza, e nemmeno i rischi che ne derivano, primo fra tutti la scomposizione della società in un agglomerato di persone. “È un problema che accomuna credenti e non credenti – ha concluso il presule – ma che riguarda soprattutto noi cattolici, che facciamo della comunità il centro del nostro agire”.
È stata poi la volta di Sergio Cofferati, che non si è detto sorpreso dell’interesse religioso manifestato da Bertinotti, al quale va riconosciuto “lo sforzo di comprendere senza steccati”, partendo del particolare per arrivare al generale: un atteggiamento culturale che oggi si è perso.
Cofferati ha quindi affrontato i nodi problematici del nostro tempo. “Il fordismo era un processo duro ma semplice da interpretare. Quel modello oggi non c’è più, sostituito da un modello di rete meno facilmente interpretabile”. Questo ha fatto sì che il cambiamento in atto venga percepito ma non governato: i vecchi partiti erano luoghi di acculturazione, i nuovi partiti non lo sono più. Il veloce cambiamento del lavoro ha comportato la caduta verticale dei diritti delle persone: “Una società dove i diritti vengono messi in discussione è una società che perde di valore”. Con la conseguenza che, nella drammaticità di questa crisi, le due grandi culture a sfondo sociale e religioso sono destinate a convergere.
Il libro di Bertinotti – ha detto infine il parlamentare europeo – mette un punto fermo a un pezzo di storia ma, per fortuna, lascia una conclusione aperta.
L’ultimo intervento è stato quello dell’autore, Fausto Bertinotti, che ha ringraziato don Roberto Donadoni per il rapporto collaborativo che ha consentito la stesura dell’opera. “I temi trattati in questo libro – ha detto Bertinotti – mi hanno accompagnato per tutta la vita politica. Ma vi sono anche domande che toccano l’intimo esistenziale e che non sempre emergono nell’agone politico…”.
“La nostra generazione – ha continuato l’ex presidente della Camera – è stata fortemente investita dal Concilio Vaticano II, ponendo le premesse di un dialogo che è proseguito con i movimenti pacifisti e che è diventato oggi una necessità storica. Perché siamo di fronte al rischio di una catastrofe: la perdita della dimensione di società. Oggi la società non è niente e l’economia è tutto: una tappa dell’alienazione e della mercificazione finora sconosciuta. Con il rischio di una mutazione antropologica dell’umanità”.
Quindi Bertinotti ha definito questo stato di cose come una conseguenza della “storia grande e terribile del ‘900”. La sconfitta storica delle politiche che cercavano di liberare l’uomo dallo sfruttamento ha fatto sì che si creasse “un nuovo sistema capitalistico fondato sulla disuguaglianza”. Le parole di Papa Francesco sulla “terza guerra mondiale” sono drammaticamente profetiche.
“La modernità, con tutte le sue contraddizioni – ha detto ancora Bertinotti – non aveva come esito una società autoritaria basata sulla mercificazione dei rapporti”. Il marxismo e il cristianesimo hanno in comune l’idea di rivolgersi a tutti e non solo alle élite. Questo stato di cose ripropone l’importanza e la necessità del dialogo: le culture sconfitte devono riprendere la discussione daccapo (da cui il titolo del libro: Sempre daccapo).
L’auspicio finale di Bertinotti si sostanzia quindi in un atteggiamento di drammatica consapevolezza ma, al tempo stesso, di sfida rinnovata. Che guarda alla costruzione di un dialogo fra gli “eredi sconfitti del mondo operaio e del mondo cattolico”. Perché i “vinti giusti” hanno perso la battaglia ma, nel perderla, hanno posto “il seme della rinascita”.