C’è come un fiume carsico che scorre sotto la superficie su cui noi adulti inconsapevolmente camminiamo. Si chiama destrutturazione antropologica e sta estendendo i suoi affluenti nelle scuole sparse per tutto il territorio nazionale. Ha trovato nella crescente diffusione di iniziative di “educazione sessuale” la breccia attraverso cui introdursi, e nel condivisibile obiettivo di contrastare ogni forma di discriminazione il pretesto per i suoi reali obiettivi.
Tale scenario, seppure ancora poco conosciuto ai più, inizia a suggerire una risposta adeguata a gruppi di genitori non disposti ad abdicare al loro ruolo di principali educatori dei propri figli. È in questo senso che si innesta il documento stilato dal Forum delle associazioni familiari, Persona, sessualità, affettività: per una nuova alleanza educativa tra famiglia e scuola.
Nel documento si rileva anzitutto il fallimento delle iniziative di “educazione sessuale” fin qui messe in atto in Europa, testimoniato dal “paradosso” per cui all’aumento dell’informazione sul sesso nelle scuole corrisponde “un aumento delle gravidanze indesiderate, dei tassi di abortività tra le teen-ager, del ricorso alla cosiddetta ‘pillola del giorno dopo’ e della diffusione di malattie sessualmente trasmissibili”.
E queste statistiche non sono l’unico paradosso ad emergere dalla realtà in oggetto. “Proprio la cultura che voleva insegnarci a valorizzare il corpo e le sue pulsioni e ad intendere l’amore come mera emozione – osserva il Forum -, ci conduce paradossalmente alla negazione del corpo come luogo identitario della persona ed alla eliminazione della diversità sessuale e del suo profondo significato antropologico”. Cultura, questa, infarcita di ideologia gender, la quale si regge sullo stravagante assunto per cui la differenza tra uomo e donna sarebbe frutto non di determinate caratteristiche biologiche, bensì di stereotipi imposti ai bambini.
Tale cultura è stata oggi fatta propria dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall’Unione europea, e recepita dal Governo italiano nel febbraio 2013 con la cosiddetta Strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. In forza di ciò – sottolinea il Forum – solo nell’anno scolastico 2013-14, 29 associazioni Lgbt sono potute entrare nelle scuole italiane a parlare di gender, senza il minimo coinvolgimento delle associazioni dei genitori e “grazie a 10 milioni di euro stanziati dal Governo”.
Culmine dell’introduzione del gender nelle scuole italiane è stata la diffusione degli opuscoli dell’Unar, organismo del Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, commissionati all’Istituto Beck. Nell’ambito dello stesso progetto Educare alla diversità, si sono contati inoltre libri, strumenti didattici, giochi destinati ad alunni d’ogni età “tanto ambigui, quanto lesivi del fondamentale diritto dei genitori ad educare i propri figli, che la nostra Costituzione tutela chiaramente”, commenta il Forum.
Per riaffermare, dunque, i principi base di una società civile, il Forum sottolinea la necessità di mobilitazione da parte dei genitori. Mobilitazione fin qui già registrata, in Europa e anche in Italia. È grazie ad essa che “la diffusione dei volumetti Unuar è stata per il momento bloccata dal Ministero dell’Educazione”, osserva il Forum. “Ma le ‘lezioni di gender’ – prosegue – sono continuate e continueranno”.
Di qui l’incoraggiamento nei confronti delle associazioni di genitori a rinnovare la corresponsabilità educativa con la scuola. “È fondamentale che i genitori, meglio se in gruppo od in associazione – si legge nel documento del Forum -, facciano sentire la loro voce nel consigli d’istituto, nei consigli di classe, in merito alla diffusione dell’ideologia gender e alla sua proposta nelle classi, riprendendosi il diritto-dovere di educare i propri figli”.
L’appello è inoltre quello di effettuare un monitoraggio delle offerte educative delle scuole, prima di iscrivervi i propri figli. “Sarà quindi importante che i genitori studino attentamente i Pof (Piani di Offerta Formativa) ed i Pei (Progetti Educativi Individuali) offerti dalla scuola”. E si ricorda “in ogni caso che i genitori possono non autorizzare la partecipazione del proprio figlio in caso di mancata condivisione dell’iniziativa”.
Dal canto suo, il Forum promette di non tirarsi indietro, “ora che c’è da sostenere il primario compito educativo dei genitori italiani”. Si mette dunque a disposizione per favorire “l’incontro ed il confronto dei genitori interessati con esperienze in grado di sostenerne la capacità educativa, in particolare sui temi dell’affettività e della sessualità, costruendo reti fra le associazioni di genitori, quelle dei docenti e quelle dei dirigenti scolastici”. È così che si edifica “la presenza e l’azione di cittadinanza attiva nelle scuole, per la promozione di un dialogo rinnovato e responsabile”.