Buone proposte per una… buona scuola

Si conclude il 15 novembre la consultazione pubblica creata dal Governo affinché i cittadini possano rivolgere proposte per migliorare la scuola

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Partecipa dal 15 settembre al 15 novembre. Vogliamo ascoltare tutti, perché qui non c’è un ‘noi’ e un ‘voi’. C’è solo la nostra scuola”. Questo lo slogan della piattaforma “La buona scuola”, creata dal Governo perché i “cittadini italiani” possano partecipare attivamente al dibattito per cambiare e migliorare la scuola.

Visto che “per fare la Buona Scuola non basta solo un Governo” ma “ci vuole un Paese intero”, la consultazione pubblica perché ognuno possa dire la sua rispetto ai lavori del governo, aperta il 15 di settembre, si chiuderà il prossimo 15 novembre.

Come partecipare? Innanzitutto è necessario  registrarsi sul sito https://labuonascuola.gov.it/, poi è possibile leggere il testo del progetto e compilare il questionario, infine è possibile accedere in una sezione adibita ad accogliere proposte o sostenere quelle già fatte.

In questa sezione l’ Ufficio per l’Educazione, la Scuola e l’Università della Diocesi di Brescia e Comunità e Scuola (realtà che riunisce le associazioni cattoliche attive nel mondo della scuola) hanno redatto sette proposizioni che ognuno può sostenere. Le proposizioni più votate saranno prese in considerazione dal governo.

Ecco dunque le sette proposizioni in dettaglio.

Le prime tre sono di Davide Guarneri, vice direttore dell’Ufficio per l’ Educazione, la Scuola e l’Università  e responsabile per la Pastorale scolastica. La prima si trova nella stanza “Sblocca scuola”, ed è su  Organi collegiali aperti, agili, efficaci e… partecipati:  “Gli organi collegiali distinguano l’indirizzo generale (il consiglio dell’istituzione scolastica), la gestione e l’attuazione del progetto di miglioramento (il dirigente scolastico), la programmazione didattico-educativa (il consiglio dei docenti), la valutazione per il miglioramento continuo (nucleo di valutazione d’istituto, con la partecipazione dei genitori). Necessario stabilire nel consiglio dell’istituzione scolastica la parità numerica fra i professionisti rappresentanti del personale scolastico (docenti) e i rappresentanti dei genitori (e studenti). La governance e la rappresentanza dell’istituto non siano affidati solo al dirigente, ma si individuino procedure di trasparenza, di pianificazione, gestione e valutazione condivise e corresponsabili. L’associazionismo di genitori, insegnanti e studenti sia promosso e sostenuto dalla scuola come luogo di formazione alla partecipazione e alla cittadinanza scolastica”.

La seconda interessa il ruolo dei genitori nel nucleo di valutazione d’istituto: “I genitori devono assumere nella scuola un ruolo di indirizzo, in quanto primi responsabili dell’educazione dei figli (ecco la loro presenza nel Consiglio d’Istituto) e di controllo, in quanto cittadini.
Perciò è importante che siano inseriti quali membri effettivi nei nuclei di valutazione d’istituto, considerando la valutazione un processo virtuoso (non punitivo) per il miglioramento continuo dell’organizzazione, dei rapporti interni, della qualità della proposta educativa e culturale”.

La terza proposta affronta il tema della detraibilità delle spese scolastiche: “È  necessaria una campagna informativa relativa alla detraibilità dei contributi volontari che già oggi le famiglie versano alle scuole. Chiediamo inoltre che tutte le spese sostenute per la frequenza scolastica (soprattutto libri e sussidi, ma anche uscite didattiche e viaggi d’istruzione) siano riconosciuti come contributo alla crescita del Paese, quindi detraibili dall’imposta sul reddito”.

La quarta di Michela Guarneri, segretaria di Comunità e Scuola, su “meno costi per tutti” per un sistema pubblico aperto alle paritarie: “Per il bene della scuola tutta è indispensabile la libertà di scelta della famiglia, nel pluralismo di scuole statali e paritarie, finanziate tutte con il ‘costo standard per alunno’ in modo che i genitori non debbano pagare rette aggiuntive.
La Repubblica italiana dice già che la scuola è ‘pubblica’ non perché gestita dallo Stato, ma perché il servizio che offre risponde ai requisiti indicati e valuti dallo stesso Stato.
La trasparenza, inoltre, suggerisce che ogni scuola renda pubblica e comprensibile la rendicontazione, in modo che sia evidente la qualità nella gestione delle risorse umane e finanziarie”.

Quinta proposta, di don Raffaele Maiolini, Direttore dell’Ufficio Educazione, Scuola e Università della Diocesi di Brescia, sull’insegnamento della religione cattolica: “L’Unesco afferma che ‘nessun sistema educativo può permettersi di ignorare il ruolo della religione e della storia nella formazione della società. Le scuole possono sostenere approcci all’insegnamento della storia e della religione che favoriscano il pensiero critico, riconoscano la validità di visioni del mondo differenti e incoraggino il rispetto per altre fedi e credo’; oltre a queste, aggiungerei la filosofia!
Per questo dico: perché non rendere curriculare l’insegnamento della religione cattolica, dato che (come stabilisce la legge) è insegnamento culturale, risolvendo la questione della materia alternativa? Perché non ampliare lo spazio dedicato alle altre religioni, cosa peraltro già prevista? Perché non fare un concorso statale per verificare le competenze degli insegnanti?”.

La sesta proposta di Raffaele Camisani, Prisidente di Comunità e Scuola, è sulla qualità e formazione dei docenti: “La formazione in servizio, obbligatoria, permanente e valutata, è indispensabile per:
qualificare la professionalità docente, con costante aggiornamento dello scopo, finalità e contenuti dell’azione educativa;
intraprendere ricerca didattica, con approccio alle nuove teorie e ai più recenti contributi delle scienze dell’educazione;
valutare le reali esigenze formative della scuola e dei docenti, con riflessione sulla propria pratica didattica e la creazione di reti di scuole per fruire di integrazioni e scambi con i colleghi.
Si deve prevedere una valutazione finale degli apprendimenti con il coinvolgimento delle famiglie, in base ai quali decidere anche le forme retributive, pensando, la formazione, più degli scatti automatici di anzianità.
In questa azione possono essere di grande aiuto le associazioni professionali”.

Ultima proposta, infine, ancora di Michela Guarneri, riguarda le scuole professionali: “Una condizione indispensabile per la lotta alla dispersione scolastica è l’estensione e diffusione della Formazione Professionale in tutte le regioni del Paese per dare l’opportunità a migliaia di ragazzi di maturare competenze umane e professionali, seguendo adeguati percorsi formativi e di introduzione al mondo del lavoro”.

Davide Guarneri invita a cogliere “la positività del porre la scuola nel cuore dell’agenda politica e, idealmente, del dibattito pubblico”. Dichiara “auspicabile un decreto  ‘sblocca-scuola’ che tolga molta burocrazia” e  “condivisibile l’idea di scuola ‘aperta alla comunità che la circondano, anche per chi non è studente’”.

“Ora il Piano si traduca in scelte concrete – esorta Guarneri – Tutti siamo chiamati a parlare di scuola togliendoci gli occhiali ideologici e la pigrizia che ci radica nella difesa dell’esistente”.
Secondo Guarneri intervenire al dibattito risponde all’appello di papa Francesco, espresso lo scorso 10 maggio: “Per favore, non lasciamoci rubare l’amore per la scuola”.

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Elisabetta Pittino

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