Alla redazione di ZENIT continuano ad arrivare nuovi brani poetici e siamo lieti che la nostra idea di creare una rubrica di poesia stia ricevendo così tanti consensi.
Molti autori non si limitano ad inviarci una o due poesie, ma preferiscono presentarsi con una silloge delle loro opere. E va bene così, perché questo ci consente una lettura più approfondita e di far emergere quel carattere identitario che vorremmo conferire alla rubrica: rintracciare nella poesia il senso e la vocazione di una preghiera. Ma attenzione, con ciò non stiamo dicendo che la nostra vuole essere una rubrica di poesia religiosa. Assolutamente no. Leggeremo con amore e trasporto le poesie religiose ma riserveremo la stessa attenzione anche alle poesie che abbiano un carattere eminentemente laico. Siamo convinti, infatti, che sia il linguaggio stesso della poesia ad avere in sé una matrice spirituale. E qui ci confortano le parole di S. Giovanni Paolo II: “L’arte, anche al di là delle sue espressioni più tipicamente religiose, quando è autentica, ha un’intima affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l’arte continua a costituire una sorta di ponte gettato verso l’esperienza religiosa”.
Talmente belle, talmente intense queste parole di Papa Wojtyla, che non è possibile aggiungere altro. E passiamo quindi alle opere dei poeti di questa settimana.
Abbiamo scelto due poesie collegate da un sottile filo conduttore: due esperienze del percorso spirituale di ogni credente – il Natale e la Prima Comunione – declinate secondo diversi angoli visuali.
La prima poesia, Natale di serenità di Fantino Mincone, è una delicata filastrocca dove il poeta ricorre all’invenzione letteraria per ricreare un’atmosfera d’incanto quale si può vivere soltanto nell’infanzia. Una poesia dove la rima baciata è una scelta di spontaneità per trasmettere uno stato d’animo di tenera attesa. Attraverso gli occhi del poeta, anche a noi adulti sembra di rivivere la visione del presepe, così come l’abbiamo vissuta da bambini (“Ti chiedo con candore e semplicità / dona a tutti un Natale di serenità! / Persino l’asino che al bue non piace / augura – sbuffando – letizia e pace!”).
La seconda poesia, Prima comunione dei figli di Tarcisio Capaccioli, ha un andamento maggiormente descrittivo e riporta alla memoria l’emozione di un momento in cui il candore della fede è vissuto nel modo più autentico (“fra lampi fotografici e fragranza di gigli, / titubanti, in candida fila / s’accostano i nostri bimbi / all’altare”). Ma l’intuizione più significativa sul piano poetico è il senso di continuità dell’Eucarestia, come una sorta di armatura spirituale contro le vicissitudini dell’esistenza (“Continua e perenne, attorno al mondo / si rinnova la mensa: / l’animo vuoto si colma di vita”).
Una vena semplice quella dei nostri autori, che sgorga spontanea come acqua di fonte. Ed è interessante, allora, metterla a confronto con l’opera di un maestro storicizzato, per cogliere le correlazioni e i punti di contatto. Il maestro è Gianni Rodari (1920-1980) che della spontaneità fece un mezzo stilistico perfettamente padroneggiato, atto ad evocare stati d’animo di sognante stupore.
L’infanzia non è un’età ma è un mondo, dicono gli psicologi. E di quel mondo Rodari fu esploratore affabile a attento, scrivendo racconti, filastrocche e poesie divenute dei classici, e contribuendo a rinnovare profondamente questo genere di letteratura. Ma Rodari non si limitò a scrivere testi creativi, fu anche un teorico della letteratura fantastica, autore di un capolavoro pedagogico – Grammatica della Fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie – destinato a genitori, insegnanti e animatori. Come espressione della sua particolare vocazione creativa, pubblichiamo un breve componimento d’atmosfera natalizia intitolato L’albero dei poveri.
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NATALE DI SERENITÀ
di Fantino Mincone
Nella notte dell’anno più bella
nel cielo compare sfavillante stella:
i pastori s’inchinano al mistero
di salvezza per il mondo intero.
Dalla culla si sparge la lieta novella
mentre un angelo fa da sentinella
nella grotta del gracile Bambino
che tra la paglia piange poverino!
Al freddo trema in una capanna
geme e non riesce a fare la nanna:
i genitori lo consolano con amore
stringendolo teneramente al cuore.
A Betlemme si è incarnato un Dio
disceso in terra per amore mio.
Ora che sei venuto tra noi quaggiù
ti prego intensamente, caro Gesù,
concedi la salute, la gioia e il lavoro
per vivere serenamente con decoro
a mamma e papà oggi preoccupati
perché del futuro siano rasserenati.
Regala vigore e amore ai nonni
e riscalda le loro notti insonni…!
Consola i poveri e gli ammalati
porta giochi a bimbi abbandonati.
Ti chiedo con candore e semplicità
dona a tutti un Natale di serenità!
Persino l’asino che al bue non piace
augura – sbuffando – letizia e pace!
Fantino Mincone è nato e risiede a Torrevecchia Teatina, in provincia di Chieti. Sposato da 35 anni, ha tre figlie e due nipoti. Ha frequentato studi classici e il primo anno di teologia al Seraphicum di Roma. Ha pubblicato un romanzo autobiografico. Come poeta ha avuto diversi riconoscimenti e le sue opere sono presenti in varie antologie.
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PRIMA COMUNIONE DEI FIGLI
di Tarcisio Capaccioli
Il canto di voci bianche
attorniato dal brusio dei parenti:
fra lampi fotografici e fragranza di gigli,
titubanti, in candida fila
s’accostano i nostri bimbi
all’altare, al cerchietto di pane
che porta Cristo in noi.
Rivedo nella memoria
una notte di fede:
marea di giovani, braccia infiammate,
nel gigantesco amplesso di colonne,
la volta tremula di stelle;
tra canti maschi si snodava Cristo
per mano di cento preti.
Parve presente il Regno delle parabole:
i pani del Fanciullo donati alla folla,
la mensa del Cenacolo estesa all’infinito;
spighe mature che dalle colline
s’adunavano a frangersi in unico pane.
Continua e perenne, attorno al mondo
si rinnova la mensa:
l’animo vuoto si colma di vita,
il cuore tiepido e vile s’infiamma,
si fa più salda la mente dubbiosa
e trova interna pace.
Sola speranza di fraterna intesa,
tutti ci chiama, avido di donarsi,
l’unico sangue di rinnovamento.
Per chi s’innesta a comune radice
si colmano gli abissi,
crollano i muri spinati,
molte mani si stringono in catena
a costruir la casa degli umani.
Tarcisio Capaccioli è nato a Firenze e risiede a San Donato Milanese. Laureato in chimica, sposato, ha tre figli e tre nipoti. Ha pubblicato numerosi testi i cui titoli sono visibili su lulu.com. Opera come volontario presso il Centro di aiuto alla vita di San Donato Milanese ed è al servizio della parrocchia per liturgia e catechesi.
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L’ALBERO DEI POVERI
di Gianni Rodari
Filastrocca di Natale,
la neve è bianca come il sale,
la neve è fredda, la notte è nera
ma per i bambini è primavera:
soltanto per loro, ai piedi del letto
è fiorito un alberetto.
Che strani fiori, che frutti buoni
oggi sull’albero dei doni:
bambole d’oro, treni di latta,
orsi dal pelo come d’ovatta,
e in cima, proprio sul ramo più alto,
un cavalo che spicca il salto.
Quasi lo tocco… Ma no, ho sognato,
ed ecco, adesso, mi sono destato:
nella mia casa, accanto al mio letto
non è fiorito l’alberetto.
Ci sono soltanto i fiori del gelo
sui vetri che mi nascondono il cielo.
L’albero dei poveri sui vetri è fiorito:
io lo cancello con un dito.
Gianni Rodari (1920-1980) inizi
ò giovanissimo a pubblicare racconti su un settimanale cattolico. Giornalista e scrittore, si specializzò in testi per bambini e ragazzi, e venne tradotto in moltissime lingue. È l’unico italiano ad aver vinto il prestigioso Premio Andersen, considerato il Nobel della narrativa per l’infanzia.
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I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org
I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.
Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.
Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.