L’auspicio della Santa Sede è che “la globalizzazione rechi benefici a tutti”. Lo ha detto monsignor Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenendo alla 69° sessione dell’Assemblea Generale sul tema Globalizzazione e interdipendenza.

A nome della propria delegazione, monsignor Auza ha anche espresso “l’idea che occorre rafforzare il multilateralismo per aiutare a raggiungere tale obiettivo e gestire i diversi rischi e le sfide interrelate, collegate alla globalizzazione”.

Dando per scontati i rischi legati alle “disuguaglianze” e alla “ingiustizia” che la globalizzazione può produrre, il presule ha anche ricordato che “quando la globalizzazione unisce le persone come partner paritari produce risultati di mutuo beneficio, una collaborazione vincente per tutti”.

Anche la globalizzazione, infatti, “funziona nel bene e nel male, a seconda dell’etica sottostante e delle politiche che guidano il processo”.

Auza ha sottolineato la grande opportunità che arriva dal “turismo culturale” che costituisce “il 40 per cento del fatturato in rapida crescita del turismo nel mondo” e che produce benefici non solo in “termini economici” ma anche “intangibili e non monetizzati”.

Esso, inoltre, “allarga i nostri orizzonti e rende più profonda la nostra conoscenza di popoli e luoghi; favorisce la comprensione reciproca tra nazioni; promuove una maggiore inclusività e un maggior radicamento sociale”.

In sintesi, la cultura è “un veicolo fondamentale per esprimere e condividere la nostra comune umanità” ed è “di vitale importanza se l’obiettivo ultimo dell’attività economica e dello sviluppo è la prosperità umana autentica”.

Per questi motivi, la cultura non va ridotta “alla logica dello scambio di mercato”. Se, infatti, l’attività economica segue la “logica della scarsità”, la cultura deriva dalla “logica dell’abbondanza” che trapela dalla “bellezza”, la cui “definizione metafisica” è la “sovrabbondanza di ciò che è vero e buono”.

La cultura, quindi, non va intesa “per essere privatizzata o per essere esclusiva, ma piuttosto per essere condivisa e per entrare in dialogo con le culture degli altri”.

L’altra sfida è rappresentata dalla “migrazione”, una realtà che, sebbene esista “da tempi immemori”, è diventata “un fenomeno del nostro tempo, al punto che solo una cooperazione sistematica e attiva tra gli Stati e le organizzazioni internazionali può essere in grado di regolamentare e di gestire in modo efficace i movimenti migratori”.

A questo proposito, la Santa Sede ritiene che il fenomeno “riguardi tutti”, sia per le sue “dimensioni”, ma anche per i problemi sociali, economici, politici, culturali e religiosi che solleva” e rimarca in modo particolare i tragici risvolti del “traffico di esseri umani” e delle “forme di schiavitù contemporanee”, che colpiscono le donne vittime del “traffico sessuale” o le persone, “bambini compresi”, vittime del “traffico di organi”.

Per non parlare delle persone che “che lavorano per molte ore in fabbriche”, sfruttate “con un salario molto basso” e prive di “protezioni sociali e legali”.

Queste forme moderne di schiavitù, come ha affermato papa Francesco, sono “un crimine contro l’umanità e una ferita aperta sul corpo della nostra società contemporanea”; configgono, inoltre, con “una globalizzazione mossa dalla cultura dell’incontro e dai valori di solidarietà e di giustizia”.

La Santa Sede è “pienamente consapevole della complessità della migrazione, in particolare per quanto riguarda i suoi aspetti legali”, tuttavia “occorre sempre vedere il volto umano della migrazione, vedere il migrante come altro essere umano, dotato della nostra stessa dignità umana e dei nostri stessi diritti”.

Non è tuttavia sufficiente la “solidarietà con i migranti” che va “accompagnata da sforzi per portare la pace nelle regioni tormentate da conflitti e realizzare un ordine economico mondiale più equo. Dal momento che la globalizzazione ha reso più piccolo il mondo trasformandolo in un villaggio, possiamo anche diventare buoni vicini”, ha quindi concluso monsignor Auza.