Il loro contributo non si limita all’informazione, ma di allarga a tutte le attività educative, religiose, formative, di assistenza e convivenza sociale, della società. Pur essendo una quota minima, il Governo vuole cancellare il contributo per i settimanali cattolici.
Per saperne di più ZENIT ha intervistato Francesco Zanotti direttore del Corriere Cesenate e presidente della Federazione Italiana Settimanali Cattolici (Fisc).
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Alcuni sostengono che la Fisc sia una casta intenta solo a mantenere dei privilegi. Cosa si può dire in proposito?
Il sostegno ai giornali, i nostri compresi, costituisce un contributo al pluralismo informativo. 80-90 milioni di euro nel bilancio statale sono briciole. Fanno parte di una scelta strategica. O la presenza di più voci rappresenta un valore per l’intera società italiana o queste somme sono soldi gettati al vento. Si tratta di decidere se vale la pena avere più opinioni o se ne basta una unica. Credo che la risposta sia abbastanza banale. In questo quadro di aiuto all’editoria, pensato anche per controbilanciare un mercato pubblicitario tutto orientato verso i grandi network, i nostri giornali (una settantina di testate sulle 190 che compongono l’intera federazione) percepiscono “briciole di briciole” di contributi. Nel dicembre dello scorso anno 1 milione e 830mila euro in totale. Briciole, ma pur sempre necessarie. A oggi si parla di una disponibilità per il prossimo dicembre che è dietro l’angolo di appena un quarto del budget dello scorso anno. Se non è un salasso… E sarebbe questa la casta?
Voi sostenete che queste “briciole” destinate ai settimanali cattolici vadano oltre l’aspetto materiale, perché si tratta di sostenere la comunicazione sociale, la democrazia e l’educazione ai più alti valori civili. Può spigarci di più?
Diamo voce al territorio, da oltre un secolo. Testate storiche che in tantissimi casi sono un tutt’uno con la comunità di riferimento. Diamo voce a chi non ha voce, alle storie che quasi mai emergono sui grandi media. Vuole un esempio? Le tantissime famiglie, circa tremila in Italia, che tengono in casa un disabile grave come può essere una persona in stato vegetativo persistente, alla maniera di Eluana Englaro, per in tenderci. Oppure abbiamo fatto parlare gli ergastolani ostativi, magari tramite associazioni come la Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, anche prima dell’intervento di papa Francesco contro la pena di morte e contro l’ergastolo. In una parola, ci facciamo compagni di viaggio all’uomo di oggi, là dove vive, e ne raccontiamo le storie di quotidiana eroicità. E le assicuro, ce ne sono davvero tante.
Qual è il progetto del governo e quali sono le proposte che voi avanzate per trovare una soluzione?
Al governo penso interessi solo risparmiare e accontentare l’opinione pubblica che vede malissimo i contributi pubblici all’editoria. Una campagna mediatica contro questa forma di sostegno ci fa apparire quello che non siamo. Vengano in tanti a vedere che succede nelle nostre redazioni. Con internet e con i siti online che non chiudono mai, anche noi siamo sempre attivi 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno. Ma il mercato, ripeto spessissimo, da solo non può regolare l’informazione. Non accade in nessun Paese al mondo, almeno tra quelli che si definiscono democratici. Il pluralismo va sostenuto e incoraggiato. Non va mortificato, come avviene da noi da alcuni anni. Si tratta solo di una questione politica: decidere per la sopravvivenza o la morte di decine di giornali, con la conseguente perdita di lavoro per tanti che vi operano. E con l’assurdo che il costo di eventuali ammortizzatori sociali potrebbe essere superiore al risparmio ottenibile col taglio dei contributi. Ma questo non lo racconta quasi nessuno.
In Italia c’è un emergenza occupazione. Un taglio ulteriore dei contributi mette a repentaglio posti di lavoro. Veramente il governo non si rende conto di queste conseguenze?
Non so se il governo si renda conto: noi lo abbiamo detto a più riprese e in termini molto precisi e decisi. Se non fosse una battaglia di libertà non la combatteremmo. Invece siamo convinti che lo sia, per questo non lasciamo nulla al caso, anche se non disperiamo. Crediamo che alla fine il buon senso avrà la meglio. Almeno, noi ce lo auguriamo, non solo per noi, ma per il dibattito in questo nostro Paese che non può privarsi di alcuna voce. Per ogni giornale che chiude, tutti diventiamo più poveri.