Mi sono sempre chiesto perché il credente rinunci alla vera bellezza della vita, per spingersi sui sentieri ingannatori del relativismo. Papa Francesco nel suo viaggio in Corea ha espresso a tal proposito parole chiare e dirette a tutti: “Il relativismo oscura la splendore della verità e, scuotendo la terra sotto i nostri piedi, ci spinge verso le sabbie mobili della confusione e della disperazione”. Stesse inequivocabili parole in un incontro del Pontefice, nella sala Paolo VI, con gli aderenti di un movimento ecclesiale. Riferendosi, nell’occasione, al grande tema della famiglia, materia del sinodo di ottobre, ha affermato: “Il Sacramento del Matrimonio è segnato dal “relativismo” e la “crisi della famiglia” è una realtà perché in tanti “la bastonano da tutte le parti e la lasciano ferita”. Tutti a parole siamo con il Santo Padre, poi se guardiamo per le vie del mondo ci accorgiamo come l’uomo, pur di acquisire gioia e serenità, è disposto ad ogni cosa, anche se sporca, sudicia, contro ogni principio etico. Le cronache ci parlano ogni giorno di omicidi, di ruberie a tutti i livelli, di false testimonianze che sostituiscono le verità, aprendo ovunque crateri attivi dell’ingiustizia. È conseguente un modello di vita con delle regole elastiche, adattabili alle esigenze del momento, per giustificare e promuovere qualsiasi atteggiamento umano.
Seguendo questa logica, nella falsa consapevolezza di inseguire la felicità, diventa naturale abortire, sfasciare una famiglia, compiere azioni stolte e insipienti, perdersi nell’alcool, nella droga, nell’evasione fisica e mentale, nell’abbrutimento del corpo e dello spirito. Da qui a costruire un nuovo vitello d’oro il passo è breve. Un nuovo Aronne disposto a far fondere l’oro di ognuno, per innalzare un moderno idolo da venerare, lo si trova in ogni angolo. Non è certo un problema! Si legge nel Deuteronomio 6: “Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso”. La speranza è che spunti sempre un nuovo Mosè per supplicare il Signore a perdonare ancora il popolo perduto. “Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: “Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente?”. In che modo individuare oggi la giusta strada? Il nuovo Mosè? Come far capire, a credenti e non, dove sta la centralità dell’uomo? Da dove far diramare i raggi d’azione necessari ad inaugurare una stagione di pace, di crescita reale e di nuove prospettive per l’umanità nel suo insieme? Quale lavoro sicuro dovrà essere compiuto per redimersi? Come mia abitudine trovo la risposta nelle parole della mia guida spirituale: “Eppure il Signore lo afferma con infinita chiarezza: la felicità, la gioia, l’abbondanza, la benedizione, la pace, il possesso di se stessi e della vita è dall’osservanza della sua legge. Esso è l’unico lavoro necessario, assoluto. Tutti gli altri accessori, secondari, di aggiunta”.
È proprio il relativismo, compagno stabile del comportamento sociale dei nostri giorni, che impedisce l’osservanza della Parola del Signore, falsificandola, traducendola a proprio uso e consumo. Si è inaugurata di riflesso una nuova era del peccato, dove la tentazione non è più una minaccia, ma solo una splendida occasione da utilizzare al volo, per essere vincenti. Il demonio del terzo millennio ha adeguato i suoi convincimenti all’oggi, rendendo tutto luminoso e probabile, puntando sulla vanità umana, nonché su un esasperato soggettivismo, certo che ogni cosa sia possibile. La sola criticità sta nella capacità o meno di saper ben confezionare quanto si è deciso di raggiungere o di possedere! Il peccato così entra dappertutto e le conseguenze sono sotto i nostri occhi. Scrive mons. Di Bruno: “Quando in un corpo sociale, religioso, politico, economico entra il peccato, questo corpo viene corroso, dilaniato, abbattuto, condotto alla morte. Oggi la nostra società è nella morte sia politica che economica, perché chi è posto a capo di essa non è forte nel respingere le tentazioni, che sempre più agguerrite, bussano alla porta del suo ufficio”. Ognuno di noi deve essere Chiesa con La Chiesa e nella Chiesa di Cristo, per assistere il mondo, iniziando dalle nostre comunità, nell’abbandono della falsa strada che nega all’uomo vera gioia e serenità e ogni promessa dell’Assoluto. La ricetta non è il relativismo accattivante dei nostri giorni, ma l’assunzione chiara della Parola in tutte le sfide grandi o piccole che l’uomo ha davanti nella sua vita privata e nelle sue responsabilità sociali, economiche, civili e politiche. Si legge infatti: “Farai ciò che è giusto e buono agli occhi del Signore, perché tu sia felice ed entri in possesso della buona terra che il Signore giurò ai tuoi padri di darti, dopo che egli avrà scacciato tutti i tuoi nemici davanti a te, come il Signore ha promesso” (Cfr. Dt 6,18-19).
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