Il 6 agosto 1978, festa della Trasfigurazione del Nostro Signore, rendeva serenamente l’anima al Signore Papa Paolo VI. Per la gente fu una vera sorpresa: il mercoledì precedente Papa Montini aveva tenuto la consueta udienza generale e aveva lavorato quasi fino alla morte. Il giorno 6 si sentiva debole e volle che la Santa Messa fosse celebrata dal suo segretario da cui ricevette anche l’Unzione degli infermi. Dopo, fino alla morte recitò il “Pater noster”. Così finiva il fecondo ma anche a volte drammatico, pontificato di Giovanni Battista Montini cominciato 15 anni prima, il 21 giugno 1963.
Trentasei anni dopo quel caldo pomeriggio di agosto quando Paolo VI salì in cielo, sulla piazza san Pietro a Roma si celebrerà la solenne cerimonia della sua beatificazione. Per ricordare un grande Papa ZENIT ha intervistato il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi, conterraneo di Papa Montini. Il cardinale Re e Papa Montini sono nati nella stessa diocesi di Brescia, hanno frequentato lo stesso seminario; nel 1971 Paolo VI chiamò Re, allora segretario della Nunziatura a Teheran, in Segreteria di Stato, e per sette anni ha lavorato a fianco di Papa Montini.
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Paolo VI rimane nella storia come il Papa del Concilio Vaticano II…
E’ vero. Giovanni XXIII l’ha indetto ed aperto ma a Paolo VI si deve l’averlo condotto avanti con mano sicura, rispettando in tutto la piena libertà dei Padri Conciliari, ma intervenendo opportunamente come Papa là dove era necessario intervenire. Egli fu il vero timoniere del Concilio.
Cosa può dire della grande apertura di Paolo VI al mondo contemporaneo?
Paolo VI, anche se non sempre fu compreso, amava il mondo moderno, ne ammirava le sue ricchezze culturali e scientifiche e faceva di tutto perché aprisse il cuore a Cristo, Redentore dell’uomo. La grande ansia di Paolo VI è stata quella di servire l’uomo di oggi, sostenendolo nel cammino sulla terra e indicandogli al tempo stesso la meta eterna. Quest’ansia lo portò a cercare il dialogo con tutti, anche alle persone che non credono, così da instaurare uno stile di convivenza umana caratterizzato da apertura reciproca e pieno rispetto nella giustizia, nella solidarietà e nell’amore. Egli guardò al nostro mondo moderno con simpatia. Un giorno ebbe a dire: “Se il mondo si sente straniero al cristianesimo, il cristianesimo non si sente straniero al mondo”.
Quali erano i tratti salienti della spiritualità di Papa Montini?
La spiritualità di Paolo VI era fatta di preghiera, di meditazione, di sconfinato amore a Cristo, alla Madonna, alla Chiesa. C’era in lui una alta tensione spirituale caratterizzata dall’inclinazione al raccoglimento, alla vita interiore e alla riflessione. Vi era in lui una tendenza mistica che lo portava alla contemplazione del mistero di Dio.
Tutti ricordano Paolo VI come persona fisicamente fragile…
Egli era una persona apparentemente fragile, fisicamente esile e con continui problemi di salute, ma dotato di una straordinaria intelligenza e di una singolare forza di volontà.
Paolo VI fu il Pontefice dei “primati”. Potrebbe ricordarci i gesti compiuti per la prima volta da un Pontefice?
E’ vero. Il pontificato di Paolo VI fu caratterizzato da alcune iniziative e gesti mai compiuti prima. Fu il primo Papa a volare in aereo, il primo Papa a tornare in Palestina, da dove era venuto san Pietro. Fu il primo Papa a recarsi all’ONU, dove si presentò come un pellegrino che da 2000 anni aveva un messaggio da consegnare a tutti i popoli, il Vangelo dell’amore e della pace. Fu il primo Papa a recarsi in Africa, in America Latina e in estremo Oriente.
Alla storia è passato anche un altro gesto compiuto dal Papa: la vendita della tiara…
E’ vero. Paolo VI volle rinunciare alla tiara, togliendosela pubblicamente dal capo il 13 novembre 1964 e dandola all’asta. Il ricavato fu donato ai poveri, ma con questo gesto il Papa voleva sottolineare che l’autorità Pontificia non va confusa con un potere di tipo politico.
Paolo VI ha cambiato anche il Vaticano…
Papa Montini ha cambiato il Vaticano abolendo la Corte Pontificia. Voleva anche che la Curia Romana avesse uno stile di vita più semplice e una impostazione più pastorale e più internazionale, affinché la Chiesa fosse più che mai al servizio dell’intera umanità.
Secondo il card. Siri, Paolo VI fu il Papa che ha più sofferto in questi ultimi secoli. Come mai?
Perché il suo pontificato – che fu una grazia per la Chiesa e il mondo – per lui fu una dura Via Crucis a motivo delle straordinarie sofferenze che dovette sopportare. Si è trovato a guidare la Chiesa in una delle stagioni più difficili a motivo delle forti correnti avverse che scuotevano la barca di Pietro, alimentate anche dal clima di contestazione che attraversava la società.
Bisogna ricordare i movimenti del 68 che contestavano la società tradizionale con i suoi valori e ogni autorità, anche ecclesiastica, ma anche la delicata fase post-conciliare. E come non ricordare gli attacchi di cui fu oggetto dopo la pubblicazione dell’Enciclica “Humanae Vitae” nel 1968.
Perciò Paolo VI diceva che la nostra terra è “magnifica” ma anche “dolorosa e drammatica”.
Quali i rapporti di Giovanni Battista Montini con la Polonia. Cosa possiamo dire a proposito?
Mons. Montini all’inizio del suo servizio alla Santa Sede è stato 6 mesi nella Nunziatura Apostolica a Varsavia e ha potuto conoscere la religiosità dei Polacchi. Così ha avuto sempre attenzione e anche simpatia verso la Polonia. Da sostituto della Segretaria di Stato seguiva la sorte dolorosa della Polonia invasa dalla Germania nazista. Invece già da Papa, in occasione del millennio del battesimo della Polonia, desiderava ardentemente di andarci ma il governo comunista di allora non diede il permesso.
Il card. Deskur che lavorava nel Curia di Paolo VI mi ha detto che il Papa in qualche modo ha preparato la strada per l’elezione del card. Wojtyła.
Ripeto che Paolo VI ha guardato la Polonia e i polacchi con tanta simpatia e come primo passo ha creato cardinale mons. Wojtyła, l’ha invitato come predicatore degli esercizi spirituali della Curia nel 1976, l’ha invitato ai vari Sinodi e l’ha voluto come relatore dell’importante Sinodo sulla evangelizzazione. Tutto questo ha servito per far conoscere questo cardinale di Cracovia al mondo. Perciò certamente possiamo dire che Paolo VI ha preparato la strada per un Papa polacco dolorosa e drammatica”.
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L’intervista è stato pubblicata in polacco nel settimanale “Niedziela”; e in inglese sarà pubblicata da “Inside the Vatican”.