È uno degli uomini più schivi della Curia Romana e il suo stile può ricordare molto quello del Pontefice cui è legato con più affetto: Paolo VI. Monsignor Oscar Rizzato, 85 anni, originario di San Giorgio delle Pertiche (Padova), è il tipico prelato del Nord Italia: poche parole, molte opere ma soprattutto molta preghiera.
In Vaticano da più di cinquant’anni, monsignor Rizzato ha assunto una certa notorietà per essere stato Elemosiniere di Sua Santità dal 1989 al 2007. Tutt’oggi è ancora molto attivo nella catechesi, in particolare presso la parrocchia di Sant’Anna in Vaticano.
All’elezione di Paolo VI, Rizzato assistette dalla scrivania della Segreteria di Stato, di cui è stato Assessore per svariati anni. “Quando fu proclamato il suo nome mi precipitai giù in piazza San Pietro: conoscevo il suo profilo da anni, da quando era arcivescovo di Milano, e lo stimavo profondamente; la sua elezione mi commosse”, racconta Rizzato.
L’ex elemosiniere parla a bassa voce, con tono sobriamente commosso, colmo di gratitudine per quel Papa che seppe valorizzarlo, affidandogli incarichi importanti dopo il Concilio, in merito a temi come “la riforma liturgica” e “i rapporti con i non cristiani”.
L’elezione di Paolo VI non era affatto scontata e, comunque l’ex arcivescovo di Milano fu osteggiato da molti in Curia, alcuni dei quali lo vedevano addirittura “come un pericolo per la Chiesa, mentre io stravedevo per lui”, racconta l’ex elemosiniere.
Secondo monsignor Rizzato, pur non avendo avviato il Concilio Vaticano II, Paolo VI ebbe il grande merito di darvi “un’impostazione puntuale” in particolare ai documenti conciliari.
Dal racconto dell’ex elemosiniere emerge il profilo di un uomo tanto sensibile, quasi fragile, quanto sorretto da una tempra incredibile, dovuta tutta alla fede: “Viveva intensamente il suo ministero, soffriva ma, al tempo stesso, dimostrò grande coraggio, ad esempio nell’intraprendere i primi viaggi pontifici e nell’affrontare le reazioni alle sue decisioni”.
Un esempio su tutti: la Humanae Vitae, enciclica per la quale la popolarità di Paolo VI toccò il suo punto più basso, quantomeno nel mondo secolarizzato e nelle frange più progressiste della Chiesa. “La stesura della Humanae Vitae – ricorda monsignor Rizzato – fu molto difficile e fu sottoposta a cambiamenti fino all’ultimo. La affrontò con una grande fede e credo che il Signore l’abbia aiutato a sopportare critiche, per le quali fu letteralmente messo in croce”.
Monsignor Rizzato ha poi messo in relazione le figure di due papi, i cui pontificati coprono oltre un quarantennio di storia della Chiesa: “Giovanni Paolo II è stato il papa che mi ha nominato elemosiniere ma il pontefice cui mi sono sentito più vicino è stato proprio Paolo VI”, ribadisce il presule.
Non è dato sapere se Montini possa aver indicato Wojtyla come suo successore ma, indubbiamente, secondo Rizzato, ebbe grande intuizione sui talenti e sul carisma di “quel polacco”, per cui aveva “grande stima”, da lui nominato cardinale nel 1967: un atto coraggioso, compiuto in piena guerra fredda e rivelatosi sostanzialmente profetico.
Da ufficiale della Segreteria di Stato, monsignor Rizzato aveva modo di leggere in anteprima e revisionare molti documenti di papa Montini, tra cui le Udienze del mercoledì: “Mi colpiva la delicatezza del suo modo di scrivere, la sua umanità, la sua sensibilità: anche questo è un aspetto che mi ha sempre commosso”.
Questa sensibilità d’animo, comunque, non era soltanto una dote ‘intellettuale’ che Montini esprimeva esclusivamente nella scrittura ma impregnava profondamente tutti i rapporti umani che intrecciava.
Lui che, in particolare da assistente ecclesiastico della FUCI (1925-1933), fu formatore della futura classe dirigente democristiana, ebbe contatti strettissimi con il mondo della politica, sapeva mantenere la propria “dolcezza” e “delicatezza” anche in questi ambiti, racconta monsignor Rizzato.
Tutta la descrizione fin qui fatta dall’ex elemosiniere, contraddice quindi la leggenda nera di “Paolo Mesto”, lo stereotipo di un Papa dal temperamento cupo, malinconico e poco propenso al contatto umano. “Ho sempre visto serenità in lui – conclude monsignor Rizzato -. Esteriormente poteva dare un’impressione di distacco ma parlando con lui, ti rendevi conto che non lo era nel modo più assoluto”.