La traccia del Sinodo appena avviato l’ha data stamane il Papa: chiarezza e umiltà per esercitare una maggiore sinodalità. Ed i quattro ospiti invitati da padre Lombardi per il primo briefing in Sala Stampa vaticana lo hanno ribadito senza troppi giri di parole: l’assemblea non sarà un dibattito parlamentare per esprimere posizioni di maggioranza e minoranza, ma un evento di dialogo e di ascolto per fornire orientamenti universali alla Chiesa universale, che ogni Chiesa particolare poi dovrà realizzare in base alle situazioni contingenti.
Gli ospiti in questione sono i cardinali Peter Erdo, Relatore generale dell’assise, e Andrè Ving-Trois, uno dei tre Presidenti delegati, insieme ai vescovi Bruno Forte, Segretario generale, e Carlos Aguiar Retes, presidente del Celam e vescovo di Tlalnepantla, in Messico. Tutti e quattro, sulla scia dell’intervento del Santo Padre, hanno spiegato ai giornalisti impazienti il cammino che seguirà l’assemblea fino al 19 ottobre.
Prima, però, padre Lombardi ha raccontato che negli ultimi 25 minuti dopo la chiusura della diretta sono intervenuti in Aula, senza precedente petitio loquendi, i cardinali Maradiaga, Sistach, Takeo Okada, Napier e Marx. La loro, ha spiegato, il portavoce, è stata una “brevissima reazione di apprezzamento alle due relazioni” di Erdo e Baldisseri – e non “interventi di contenuto preparati ampiamente” – su temi come l’importanza della preparazione al matrimonio e il passaggio della fede tra le generazioni.
Ha preso poi la parola il cardinale Erdo, il quale ha illustrato i cambiamenti “metodologici” dell’assise sinodale, a cominciare dalla modifica, da parte di Bergoglio, del regolamento che prescrive l’italiano come lingua ufficiale al posto del latino. Una novità che ha facilitato il lavoro di tutti.
Un’altra ha riguardato invece il contenuto e il metodo di redazione della “Relatio ante disceptationem”, pronunciata dall’arcivescovo ungherese stamane prima di aprire la Congregazione generale. Tale “Relatio”, ha evidenziato Erdo, è già un segno di quella sinodalità richiesta dal Papa, in quanto per la prima volta frutto e sintesi sommaria degli interventi dei vescovi del mondo inviati entro i primi di settembre.
Gli stessi interventi sui quali, tra l’altro – ha spiegato – si sta lavorando per la preparazione della “Relatio post disceptatione”. Naturalmente, per la stesura di quest’ultima mancano gli interventi liberi e i contenuti “più marcanti” che emergeranno dalle risposte pronunciate fino alla fine del Sinodo. Il lavoro però è già in corso. Un lavoro che il cardinale “in modo più poetico” ha definito “ascolto”.
Proprio come auspicava Paolo VI – ha ricordato mons. Forte – che istituendo il Sinodo il 15 settembre 1965 voleva una Chiesa “in ascolto della più ricca e rara diversità” che la compone, fondata sulla “dignità di ogni battezzato” e sul “dovere” che ognuno ha di intervenire nei processi decisionali della Chiesa.
“Paolo VI volle con il Sinodo mettere in atto l’ecclesiologia totale del Vaticano II”, ha affermato il vescovo di Chieti, sottolineando come “a distanza di decenni, siamo ancora alla scuola di questa intuizione” del futuro Beato. Da parte sua, Francesco – ha ribadito mons. Forte – ha raccolto questa eredità e la sta portando avanti ora con fermezza invitando a “prendere sul serio la sinodalità” ed operare in un “clima di libertà”.
Ne è dimostrazione anche la decisione di inviare un questionario alle Conferenze Episcopali di tutto il mondo in preparazione al Sinodo, che ha avuto un ritorno dell’84% di risposte. Un segno, ha osservato il presule, del “bisogno di partecipazione” nella Chiesa.
Dunque un evento di dialogo questo Sinodo 2014, tra la Chiesa universale e le Chiese particolari e tra queste e i fedeli di ogni angolo del mondo. Attenzione pertanto a snaturarlo interpretandolo come una sorta di “dibattito parlamentare”.
Su questo punto è stato estremamente chiaro il cardinale Vingt-Trois, che ai giornalisti in Sala Stampa ha ricordato che il Sinodo non è un “luogo di dibattito in cui si vuole arrivare a un risultato di minoranza e maggioranza sulle posizioni esposte”.
“Noi – ha ribadito l’arcivescovo di Parigi – siamo qui per far crescere una volontà comune nella Chiesa”. Che non significa tuttavia che, durante l’assise, si dovrà “decidere ciò che verrà fatto in ogni diocesi del mondo”. Anche su questo punto il porporato è stato deciso: il Sinodo darà orientamenti pastorali generali, ma saranno poi “l’inventività e la concretezza delle chiese particolari” a realizzarli.
“Quando il Papa dice ‘la Chiesa non è dogana’ – ha precisato Vingt-Trois – non dice come la Chiesa in Francia deve applicare queste parole… Non ci sono dubbi sulle parole del Papa. Ma il Papa non è vescovo della mia diocesi né il curato del mondo…”. Quindi, “non è da Roma che verranno le decisioni ma dalle Chiese locali” che metteranno in atto gli orientamenti fondamentali emersi durante il Sinodo, in base alle situazioni vissute dalle loro diocesi.
Anche per questo il Papa nel suo intervento ha esortato alla totale parresìa, alla chiarezza, alla libertà: Egli, ha rimarcato Vingt-Trois, “non è venuto al Sinodo per sentire gente che dica ciò che gli piace, ma lavorare su ciò che deriva dalle esperienze particolari”.
Inoltre, ha fatto eco mons. Aguiar Retes, il Santo Padre “ci ha chiamato per rinnovare il modo di essere Chiesa e mettere attenzione sul discernimento pastorale”. C’è tutta una “pedagogia” del discernimento, che sarà utile a “riflettere la situazione che oggi vive il mondo, nello specifico la famiglia”, ha spiegato il presule. E ha evidenziato come oggi “stiamo raccogliendo tutto il sostegno delle Conferenze Episcopali, per mettere in comune le esperienze, chiarire certe situazioni alla luce della fede e prendere le decisioni per questo tema così complesso e importante”.
Diverse le domande da parte dei giornalisti, tra cui anche quella su una eventuale partecipazione del Papa emerito. “No, non è previsto – ha risposto padre Lombardi -. Dobbiamo tener conto delle sue forze, è il Sinodo è un impegno prolungato e impegnativo”. Tuttavia, ha aggiunto, “speriamo di vedere Benedetto XVI alla beatificazione di Paolo VI”.
Infine, a chi obiettava che quello in corso fosse un Sinodo troppo “ingessato”, da un lato, e a chi, dall’altro, domandava se non si rischiasse di modificare la dottrina cristiana per dare risposte troppo “pastorali” a famiglie escluse dalla vita ecclesiale come quelle, ad esempio, dei divorziati risposati, è giunta la lucida risposta di mons. Bruno Forte.
“Pastorale significa ‘Anime da salvare’ – ha rimarcato il vescovo -. Ciò, non significa che gli aspetti dottrinali siano ignorati, ma che la dottrina non ha valore astratto in sé ma la dottrina è un messaggio di salvezza. Al centro della dottrina c’è la carità di Dio e c’è la misericordia. Io credo che il punto veramente fondamentale sia dire quella che è la fede della Chiesa – e certamente su questo non è che la fede della Chiesa cambia – ma dirla guardando alle persone concrete reali, perché essa non sia sentita come una clava che ti giudica, ma come uno sguardo d’amore e di misericordia che ti raggiunge”.
Questo è il compito ‘nuovo’ che spetta ai vescovi, ha concluso Forte, anche perché “se dovevamo ripetere cose che già si sanno si rimandava agli innumerevoli testi del magistero della Chiesa”.