L’Africa ha bisogno di una visita di Papa Francesco. Ne è sicuro padre Maurice Emelu, sacerdote nigeriano, autore e giornalista della rete tv EWTN Global Catholic Network.

In un'intervista a ZENIT, padre Maurice ha annunciato anche i nuovi progetti della sua tv, soprattutto il programma "Parole per un mondo ferito", che - spiega - è nato da un bisogno pastorale. Nel corso degli anni, infatti, il sacerdote ha avuto modo di incontrare persone provenienti da tutto il pianeta ed una delle richieste più comuni è sempre stata quella di prestare soccorso per la guarigione, la riconciliazione e la pace nel cuore ferito degli africani e del mondo intero.

Ha quindi raccontato di aver trovato ispirazione nella esortazione post-sinodale di Papa Benedetto XVI “Africae Munus” per dar vita a questo programma. La conferma sono state poi le parole di Papa Francesco nel settembre 2013: "La cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di guarire le ferite e scaldare i cuori dei fedeli; ha bisogno di vicinanza, di prossimità. Vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo la battaglia”.

L'obiettivo, spiega Emelu, è infatti quello di raggiungere la "periferia esistenziale", facilitando la "guarigione" attraverso la rassicurante opera di Cristo e della sua Chiesa. Ogni episodio del programma televisivo è stato adattato quindi per curare e lenire una particolare ferita.

“Se gli estremisti hanno terrorizzato il tuo quartiere, il tuo paese o la tua città e hai bisogno di qualche parola di incoraggiamento per mantenere la pace, allora questa serie televisiva ti aiuterà”, afferma l'autore.

In Africa, infatti, il male miete vittime ogni giorno: sono tante ancora le guerre tribali, si pratica la violenza, l'instabilità politica conseguente alla corruzione favorisce lo spargimento di sangue. E in Nigeria e sulla frontiera nord del Camerun, si assiste ogni giorno ad omicidi spietati di innocenti per mano dei terroristi di Boko Haram. In Mali, Somalia, Sud Sudan, Kenya, Libia non esiste un rifugio sicuro. In Medio Oriente sono in atto guerre sanguinose.

Il programma televisivo intende pertanto si vuole proporre come cura per tutte queste piaghe morali, spirituali e sociali, offrendo, puntata dopo puntata, suggerimenti su come ognuna di esse possa essere trattata.

Davanti a questo cruento panorama nel Continente nero, per padre Emelu è urgente una visita del Papa. “Abbiamo bisogno di Papa Francesco – dice a ZENIT - perché porta molta gioia e condivide il Vangelo in un modo che ammorbidisce anche il cuore più indurito”.

Secondo il prete, non importa la razza, il colore, la tribù, la religione: "Siamo tutti fratelli e sorelle. Veniamo da un unica famiglia. Dio è il nostro Padre e Creatore. Il mondo è abbastanza grande per tutti. Il valore del nostro lavoro si misura sull’amore che portiamo e che condividiamo". E questo il Santo Padre lo ricorda costantemente e benissimo.

“Permettetemi di dire – aggiunge padre Maurice – che ogni pretesa di attivismo religioso che promuove violenza, terrorismo, o odio non è veramente religioso, ma ideologico e politico. La vera religione ispira speranza, pace, giustizia, perdono, riconciliazione e, soprattutto, amore”.

Alla domanda su come si possono affrontare gli stessi problemi pur con culture differenti, Emelu ha raccontato che, quando cinque anni fa è arrivato negli Stati Uniti d'America, ha dovuto affrontare uno shock culturale, specialmente per ciò che riguarda la concezione della famiglia.

In tal contesto, il sacerdote nigeriano vede sempre nell’opera del Pontefice argentino un progetto straordinario che “sta aprendo gli occhi del mondo spiegando la bellezza del cattolicesimo”. Il Santo Padre - afferma - sta utilizzando in maniera molto efficace tutti i mezzi possibili, inclusi i social media, per annunciare la bellezza della “unità nella diversità” che la Chiesa propone.

Inoltre, il Papa sta spiegando ai giovani la bellezza e la vera identità della famiglia, la vocazione ad insegnare e testimoniare l’amore. Come ai ragazzi incontrati in Corea del Sud, ai quali ha ribadito che la gioventù non è solo il futuro della Chiesa, ma il presente.