Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la 21ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A.
Il presule offre anche una doppia lettura patristica.
***
LECTIO DIVINA
Domanda su Cristo e sulla Chiesa.
Rito Romano – XXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 24 agosto 2014
Is 22,19-23; Sal 137; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20
Rito Ambrosiano – Domenica che precede il martirio di San Giovanni il Precursore
1Mac 1, 10.41-42; 2,29-38; Sal 118; Ef 6, 10-18; Mc 12, 13-17.
1) E’ la vita che deve rispondere.
Chi è Cristo? Questa domanda, sempre attuale e ineliminabile, è rivolta al mondo, ai discepoli e, oggi, a noi. Il mondo, la gente risponde, nel migliore dei casi, che il Messia è un profeta, voce di Dio e suo respiro. E’ una bella risposta ma è sbagliata, soprattutto perché Gesù non è riducibile ad una delle personalità religiose che hanno detto e fatto cose grandiose. portato nel mondo un messaggio interessante, profondo. non può riguardare solo l’esistenza storica di Cristo, le sue opere e il suo insegnamento.
Pietro, a nome dei discepoli, risponde: “Tu sei il Cristo, Figlio di Dio vivente”, mette in risalto ciò che per molti è una strana“pretesa”: Cristo non è solamente un importante personaggio storico, non solo è vero, ma vivo. Quindi il problema non è tanto quello di conoscerlo come si conosce una teoria del passato anche se ancora attuale, ma incontrare Lui, la Vita vera che dà vita allora come oggi: sempre.
Noi, oggi, nel solco della risposta di Pietro, siamo chiamati a rispondere che Cristo non solamente è esistito ed è vero, ma è conoscibile ed incontrabile. Lui è vivo e presente, è il Dio del fiore vivo e non dei morti pensieri. Nel Vangelo di questa domenica sono descritti due modi di conoscere Cristo.
Il primo è quello di una conoscenza esterna, caratterizzata dall’opinione corrente e dalla riduzione del Messia un persona grande quanto grandi sono stati i profeti. Infatti alla domanda di Gesù: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’Uomo?”, i discepoli rispondono: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. Vale a dire che Cristo è considerato come un personaggio religioso in più, magari il più grande ma simile a quelli già conosciuti.
Il secondo è quello della conoscenza che viene dall’espeienza di comunione. In effetti
rivolgendosi personalmente ai discepoli che da tanto tempo sono con Lui, Gesù chiede: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Dalla vita con Cristo, dall’esperienza di comunione con Gesù, Pietro ricava la risposta dando quella che è la prima confessione di fede: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, professione di fede fatta anche a nome degli altri discepoli. La fede va al di là dei semplici dati empirici o storici, ed è capace di cogliere il mistero della persona di Cristo nella sua profondità. La fede nasce dall’incontro e cresce nel rinnovarsi quotidiano di questo incontro tra Cristo, Pietro e gli altri discepoli, vale a dire anche noi, figli di Dio e della Chiesa.
2) La Chiesa ed il Papa, Garante di verità e di carità.
Il brano del Vangelo di oggi non parlo solo di Cristo e di Pietro, ma anche alla Chiesa. Ci dice anzitutto che la Chiesa appartiene a Cristo: “La mia Chiesa” e ne sottolinea la perenne stabilità: la Chiesa è come una casa costruita sulla roccia, anche se poggia apparentemente sulla fragilità degli uomini: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. Una stabilità sofferta, ma sicura. Sofferta perché la chiave di cui parla Cristo e che Lui dona a Pietro è la Croce. Sicura perché fondata sulla roccia di una fede solida e di un amore granitico. Pietro è roccia nella misura in cui ancora trasmette Cristo, tesoro per l’intera umanità. E’ roccia nella misura in cui mostra che Dio è vivo fra noi e ci chiama a partecipare al Suo amore crocifisso, disarmato (1), costante (2): eterno.
“Voi chi dite che io sia?” Chiesa Cristo ai discepoli e Pietro disse solo “Dio”: Cristo non era solo ciò che Pietro diceva di lui, ma ciò di cui viveva: “Maestro solamente Tu hai parole di vita eterna”. Il cristianesimo prima di essere una dottrina e una morale, è una Persona che ci ama ed è da amare. L’amore di Dio ha scritto il suo racconto sul corpo di Cristo con l’alfabeto delle ferite, indelebili come l’amore. Le due immagini della roccia e delle chiavi, a cui Gesù ricorre sono in se stesse molto chiare: Pietro sarà il fondamento roccioso su cui poggerà l’edificio della Chiesa. Lui avrà le chiavi del Regno dei cieli per aprire o chiudere a chi gli sembrerà giusto, secondo verità e carità. Infine, Lui potrà legare o sciogliere nel senso che potrà stabilire o proibire ciò che riterrà necessario per la vita della Chiesa, che è e resta di Cristo. E’ sempre Chiesa di Cristo e non di Pietro. Queste due le immagini parlano di fede e di fiducia, della fede di Simone e della fiducia di Gesù. La pietra o roccia mette in evidenza la stabilità del credere come il verbo ebraico amen che significa appunto “sto saldo”.
È la roccia che tiene salda la casa. Ed è a questa Roccia che è data una piena autorità: “A lui sono affidate le chiavi”, per proibire e permettere, separare e perdonare. Non si dimentichi tuttavia che l’autorità di Pietro è vicaria. Pietro è l’immagine di un Altro, di Cristo, che è il vero Signore della Chiesa. La fede, che emerge da queste parole: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, non è il frutto di una speculazione, non c’entrano “carne e sangue”. Fosse stato per “la carne e il sangue, Pietro non avrebbe potuto vedere in Gesù solamente “qualcuno dei profeti”. Davanti a Gesù non basta il “pensiero secondo gli uomini”, per quanto sottile e intelligente: a Dio, infatti, “è piaciuto nascondere queste cose ai sapienti e agli intelligenti per rivelarle ai piccoli”. Nel momento che, a nome della Chiesa intera, Pietro professa il fondamento della fede, è il più piccolo tra i piccoli suoi fratelli, ma ama Cristo più di tutti gli altri, per questo, e solo per questo, ne è divenuto il primo, vertice insostituibile di comunione. Non si tratta di un pio esercizio di umiltà, ma della verità fatta persona e amata più di se stesso.
E su Pietro che La amava più di tutti gli altri, su salda pietra d’amore, Gesù ha edificato la Sua
Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno prevalso e non prevarrano su di essa. Il peso e la gloria del Primo tra gli Apostoli, come quelle dei suoi successori, nascono dal segno divino impresso nel suo cuore e nella sua mente. Pietro dovrà lottare ogni giorno, per tenere a bada
“carne e sangue”. Pietro dovrà prendere proteggere la Verità e la Comunione accettando ogni giorno la consegna delle chiavi: la Croce che ha aperto le porte del Paradiso La Croce è la “chiave” con la quale il Signore ha aperto il Cielo e chiuso l’inferno per tutti quelli che accolgono Lui, il Crocifisso. La Croce è il pastorale di Pietro e dei suoi successori, che possono pascere i fedeli perché sono i primi nell’amore, in un amore umile e mite che “scioglie” gli uomini dalla schiavitù al mondo, alla carne e al demonio, e li “lega” a Cristo in una fraternità eterna che li fa per sempre figli del Padre celeste.
3) Il principio mariano.
Non solo Pietro, ma in lui e con lui tutta la Chiesa dice: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Da quel giorno Pietro e la Chiesa annunciano la fede che vince il mondo in ogni suo centimetro quadrato, pronti a sporcarsi come Gesù alla ricerca di ogni pecora perduta, come Papa Francesco celo ricorda spesso. Tutti noi, chiamati a riconoscere l’amore di Dio nelle
situazioni più difficili, laddove il peccato “lega” gli uomini al dolore e alla morte per “scioglierli” nella libertà dei figli di Dio. Ma dobbiano tenere presente che nella Chiesa, oltre al principio petrino (3), vi è il principio mariano.
Nella lettera enciclica Mulieris dignitatem, San Giovanni Paolo II ricorda che Maria è “Regina degli Apostoli” pur senza rivendicare poteri apostolici per sé. Ella possiede qualcos’altro e qualcosa di più. Cos’è il “qualcosa di più” del principio mariano nella chiesa? Balthasar ci dice che Maria scompare nel cuore della Chiesa per rimanervi come una reale presenza che però cede sempre il posto al proprio Figlio.
Questo principio mariano è ben custodito e “promosso” dalle Vergini consacrate nel mondo. E’ l’amore da loro maternamente (4) vissuto e accolto. In effetti, rispondendo alla loro vocazione queste donne consacrate vivono il principio mariano come accoglienza. Esse vivono la dimensione dell’accoglienza, dell’attualizzazione del dono vivificante della salvezza nell’oggi dell’umanità, dimensione essenziale della vita cristiana ed ecclesiale, che ha il suo modello in Maria, Vergine e Madre.
Al momento dell’annunciazione, col suo “sì” la giovane donna di Nazareth accolse in sé il Verbo di Dio e Gli diede carne umana. Ai piedi della Croce, Maria fu investita da una nuova maternità che abbracciò e continua ad abbracciare l’intera umanità. Con un nuovo “sì”, accettò la volontà di Dio indicatale da Gesù morente, e restituì a Dio Padre il Figlio che aveva concepito in sé, accogliendo in sua vece Giovanni, e in lui l’umanità. Le Vergini consacrate sono invitate a praticare questa fecondità dalla preghiera del Vescovo: “Che Gesù, nostro Signore, sposo fedele di quelle a Lui consacrate, vi doni, mediante la sua Parola, una vita felice e feconda… Che lo Spirito Santo, che fu dato alla Vergine Maria e che oggi ha consacrato i vostri cuori, vi animi con la sua forza per il servizio di Dio e della Chiesa” (Rituale della consacrazione delle Vergini, n. 36). Queste donne, sull’esempio di Maria, praticano la “carità dell’unità” (Sant’Agostino), vivendo la consacrazione allo Sposo Gesù con un’esistenza incentrata sull’amore: amore ricevuto, corrisposto e donato.
*
NOTE
1) Gesù non ha mai radunato eserciti e in questo mondo di prepotenti hai detto: Beati i miti, gli inermi, i tessitori di pace.
2) Niente mai, né angeli né demoni, né cielo né abisso, niente mai ci separerà dall’amore di Dio (cf. Rm 8, 39). Niente, mai: due parole assolute, perfette, totali: siamo inseparabili dall’amore di Cristo.
3) Per quanto riguarda il principio petrino, Hans Urs von Balthasar tratteggia cinque punti:
a. La dimensione istituzionale è la struttura che rappresenta Cristo, come Capo del Corpo, che continua ad esservi presente e genera vita attraverso i sacramenti, il ministero, e così via.
b. L’istituzione è dunque la condizione della possibilità della presenza personale, non-distorta, di Cristo nella Chiesa.
c. L’istituzione mette a disposizione una “regola” oggettiva sotto la quale si può vivere senza sbandamenti.
d. Il principio petrino è educativo in quanto ci forma alla mente di Cristo.
e. Esso garantisce l’autenticità del senso profetico della fede vivente dei credenti.
4) Adottando il linguaggio della famiglia, Hans Urs von Balthasar parla del ministero petrino nella Chiesa come del ruolo del capofamiglia. Maria invece è la Madre. Maria costituisce l’unità interna della chiesa mentre Pietro è, nell’ambito del collegio degli apostoli, il principio di unità esterno.