Si conclude, anzi, culmina in una solenne Messa per la pace e la riconciliazione nella Cattedrale di Myeong-dong dedicata all’Immacolata Concezione, il viaggio di Papa Francesco nella Corea del Sud. Un viaggio tutto incentrato sul far riscoprire le radici cristiane di un Paese che è cristiano per un “miracolo della provvidenza divina”, ovvero la perseveranza e lo zelo apostolico di generazioni di laici che anteposero l’annuncio del Vangelo alla propria stessa vita.
Un sacrificio di fede di cui ancora oggi si vedono i frutti, tanto che Papa Francesco, all’inizio dell’omelia, non fa altro che ringraziare il Signore “per le molte benedizioni che ha concesso a questo amato Paese e, in maniera particolare, alla Chiesa in Corea”.
Tuttavia, a rapire il cuore del Vescovo di Roma è stata l’esperienza vissuta durante i cinque giorni di viaggio con i numerosi giovani venuti da ogni parte del Continente per celebrare la VI Giornata della Gioventù Asiatica. “Il loro amore per Gesù e il loro entusiasmo per la diffusione del suo Regno sono stati un’ispirazione per tutti”, commenta Bergoglio commosso.
Alla presenza dell’episcopato coreano e della presidente della Repubblica, Park Geun-hye, spiega quindi il motivo della celebrazione nella Cattedrale che definisce più che una Messa, una “preghiera” per chiedere la grazia della pace e della riconciliazione della famiglia coreana, dolorosamente ferita dalle divisioni tra Nord e Sud.
Sono poi le letture della Liturgia a rendere concrete le parole del Pontefice. La prima del profeta Ezechiele presenta la promessa del Signore di restaurare nell’unità e nella prosperità un popolo disperso e frammentato. Una promessa “piena di speranza”, osserva il Santo Padre, legata inseparabimente ad un comando che implica una “trasformazione del cuore”: ovvero “ritornare a Dio e obbedire con tutto il cuore alla sua legge”.
Francesco colloca tale promessa nel contesto dell’esperienza storica del popolo coreano, “un’esperienza di divisione e di conflitto che dura da oltre sessant’anni”, dice. Tuttavia, è più forte “il pressante invito di Dio alla conversione”: Egli – afferma il Papa – chiama i seguaci di Cristo in Corea “ad esaminare la qualità del loro contributo alla costruzione di una società giusta e umana”. E chiama pure “ciascuno di voi a riflettere su quanto, come individui e come comunità, testimoniate un impegno evangelico per i disagiati, per gli emarginati, per quanti non hanno lavoro o sono esclusi dalla prosperità di molti”.
Il Signore, inoltre, – insiste il Vescovo di Roma – chiama, “come cristiani e come coreani, a respingere con fermezza una mentalità fondata sul sospetto, sul contrasto e sulla competizione, e a favorire piuttosto una cultura plasmata dall’insegnamento del Vangelo e dai più nobili valori tradizionali del popolo coreano”.
Il Vangelo di Matteo, poi, va “al cuore del messaggio di riconciliazione e di pace”, riferendo dell’invito di Cristo a perdonare il fratello “fino a settanta volte sette”. Parole con cui Gesù – evidenzia il Pontefice – “ci chiede di credere che il perdono è la porta che conduce alla riconciliazione”. E nel comandare di perdonare i fratelli senza riserva, il Figlio di Dio “ci chiede di fare qualcosa di totalmente radicale, ma ci dona anche la grazia per farlo”.
Infatti, “quanto da una prospettiva umana sembra essere impossibile, impercorribile e perfino talvolta ripugnante, Gesù lo rende possibile e fruttuoso attraverso l’infinita potenza della sua croce”, afferma Bergoglio. “La croce di Cristo rivela il potere di Dio di colmare ogni divisione, di sanare ogni ferita e di ristabilire gli originali legami di amore fraterno”.
È questo, dunque, il messaggio che Papa Francesco lascia a tutti i cristiani (e non solo) di Corea, a conclusione della sua visita: “Abbiate fiducia nella potenza della croce di Cristo!”. Invita pertanto a portare “una testimonianza convincente del messaggio riconciliatore di Cristo nelle vostre case, nelle vostre comunità e in ogni ambito della vita nazionale”.
“Ho fiducia – prosegue – che, in uno spirito di amicizia e di cooperazione con gli altri cristiani, con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno a cuore il futuro della società coreana, voi sarete lievito del Regno di Dio in questa terra”.
A tal fine, Francesco rivolge una profonda orazione a Dio affinché faccia sorgere “nuove opportunità di dialogo, di incontro e di superamento delle differenze”, per una più generosa assistenza umanitaria verso i bisognosi e per un riconoscimento sempre più ampio “che tutti i coreani sono fratelli e sorelle, membri di un’unica famiglia e di un unico popolo. Parlano la stessa lingua…”.
Prima di concludere, una parola di personale riconoscenza va ai sacerdoti della Corea, che – rimarca il Santo Padre – “quotidianamente lavorano al servizio del Vangelo e alla costruzione del Popolo di Dio nella fede, nella speranza e nella carità”. A loro il Successore di Pietro chiede “di continuare a costruire legami di rispetto, fiducia e armoniosa cooperazione nelle vostre parrocchie, tra di voi e con i vostri Vescovi, e di essere “esempio di amore senza riserve per il Signore”, di fedeltà, dedizione al ministero e impegno caritatevole per gli ultimi. Tutto per contribuire “all’opera di riconciliazione e di pace in questo Paese”.
Alla promessa di Dio di una “terra in una pace e prosperità maggiori di quanto i nostri antenati abbiano mai conosciuto”, si aggiunge quindi l’augurio profetico del Papa argentino: “Possano i seguaci di Cristo in Corea preparare l’alba di quel nuovo giorno, quando questa terra del calmo mattino godrà le più ricche benedizioni divine di armonia e di pace!”.
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