Il Papa ai vescovi: "Date ragione della speranza che è in noi!"

Nel corso dell’incontro con i presuli, il Santo Padre ha inoltre espresso l’auspicio che i Paesi che non hanno ancora relazioni con la Santa Sede “non esitino a promuovere un dialogo”

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L’incontro di papa Francesco con i vescovi dell’Asia si svolge nel santuario di Haemi. È un luogo evocativo perché ricorda centotrentadue martiri “senza nome”. Nel loro sacrificio si possono identificare i tanti martiri di oggi che – soprattutto nel continente asiatico – dal Medio Oriente all’estremo Oriente, sono vittime di persecuzione cruenta.

Dopo il saluto dell’arcivescovo di Mumbay, il cardinale Oswald Gracias, il Pontefice rivolge ai suoi Confratelli nell’episcopato un discorso articolato sui classici tre punti. Il tema centrale è l’identità nella diversità

Si tratta di una questione molto importante che supera sia il prurito della novità che il “perennismo” in un continente vasto e variegato dal punto di vista etnico, sociale e culturale. Diversi sono i richiami all’Ecclesia in Asia di Giovanni Paolo II in riferimento soprattutto al dialogo interculturale nel quale, tuttavia, non bisogna mai cedere alla tentazione dell’appiattimento e dell’uniformazione.

Il primo punto è la valorizzazione e la consapevolezza di avere una propria identità, da conoscere, sviluppare e salvaguardare. A questo canone, tuttavia, soprassiede il comune battesimo, l’essere seguaci di Cristo. I pastori devono guidare il gregge loro affidato sul terreno solido della cattolicità e non sulle sabbie mobili del relativismo.

Come secondo punto, la Chiesa, tuttavia, pur essendo versatile e creativa, pur essendo accogliente e dialogante, non deve cedere alla superficialità o a programmi pastorali effimeri o negoziali che prescindono la crescita e la testimonianza nella virtù.

Il terzo punto da prendere in considerazione per i pastori è fuggire dalla tentazione dell’apparente sicurezza di risposte facili, frasi fatte, leggi e regolamenti solo formali. “La fede – dice Papa Francesco – per sua natura non è centrata su se stessa, la fede tende ad ‘andare fuori’”.

Poi, parafrasando San Pietro, dice ai vescovi dell’Asia: “dobbiamo essere sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (cfr 1 Pt3,15)”.

La sfida – continua il pontefice, è quella di creare l’empatia che rende capaci di un vero dialogo umano, nel quale parole, idee e domande scaturiscono da un’esperienza di fraternità e di umanità condivisa. “Questo si fonda sulla logica stessa dell’incarnazione: in Gesù, Dio stesso è diventato uno di noi, ha condiviso la nostra esistenza e ci ha parlato con la nostra lingua (cfr Ecclesia in Asia, 29).”  

Papa Francesco infine, non nasconde ai vescovi dell’Asia la speranza che quei Paesi del Continente con i quali la Santa Sede non ha ancora una relazione piena non esitino a promuovere un dialogo a beneficio di tutti.

Il pusillus grex, il piccolo gregge, dell’Asia al quale tuttavia è stata affidata la missione di portare la luce del Vangelo fino ai confini della terra, viene infine affidato da Francesco all’intercessione di Maria con la sua benedizione.

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Alfonso Maria Bruno

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