La libertà di Francesco apre la Chiesa anche ai laici

Il Papa conclude il suo terzo giorno in Corea incontrando, presso il Centro di Spiritualità di Kkottongnae, 150 membri del Consiglio Cattolico per l’Apostolato dei Laici

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Si avvicina la sera, ma la giornata del Papa, sulla collina di Kkottongnae non è ancora terminata. Di corsa, con la vettura scoperta, Francesco si reca al grande Centro di spiritualità per l’incontro con i Leader dell’Apostolato Laico. E’ questo un organismo nato nel 1968, in riconoscimento della fondamentale importanza del ruolo svolto dai laici nella Chiesa in Corea. Esso attualmente ha sedi in tutto il Paese e persegue come missione centrale il dialogo con i non-credenti.

Sono 150 i laici attivi nell’apostolato che attendono il Papa nella Cappella del Centro. In loro rappresentenza prende la parola il Presidente Kwon Kil-joong, che, dopo una breve preghiera, rivolge al Santo Padre un saluto di benvenuto sforzandosi in un comprensibilissimo italiano. Kil-joong dice e ricorda di quando “i primi cristiani, pur in mezzo al terrore della persecuzione, camminavano a piedi per migliaia di chilometri, molte volte fino a Pechino. Mandavano lettere di informazione alla Sede Pontificia in Roma”.

“Abbiamo visto – prosegue – quanto lei sia libero nel cercare la ‘volontà’ di Dio’, e come questa libertà stia spalancando le porte della Chiesa, spingendola con amore a cercare tutte le persone nelle periferie”. “Anche noi vogliamo vivere come lei, Santo Padre!”, esclama il rappresentante laico, “vogliamo uscire per cercare le 99 pecore perdute, spezzando le strette catene del nostro egoismo”.

Un pensiero, poi, vola verso un’altra periferia verso cui andare: i fratelli che vivono nella Corea del Nord, oltre la linea di confine del fiume Amnok, dove subiscono persecuzioni ed aspettano una mano dai fratelli correligionari del Sud.

Sorpreso per la conoscenza dell’idioma italiano ed edificato dai propositi di Kwon Kil-joong, Papa Francesco replica richiamando i laici a ripercorrere l’esempio dei martiri. “La Chiesa in Corea – sottolinea – è erede della fede di generazioni di laici che hanno perseverato nell’amore di Gesù Cristo e nella comunione con la Chiesa, nonostante la scarsità di sacerdoti e la minaccia di gravi persecuzioni”.

In questa storia, un capitolo straordinario sono proprio Paul Yun Ji-chung e i martiri beatificati questa mattina con una solenne cerimonia alla Porta di Gwanghwamun. Essi – afferma Bergoglio – “diedero testimonianza alla fede non soltanto mediante le loro sofferenze e la morte, ma anche con la loro vita di amorevole solidarietà l’uno verso l’altro nelle comunità cristiane, caratterizzate da esemplare carità”.

Proprio di carità parla il Papa, ribadendo che l’attività caritativa “deve estendersi anche ad un impegno per la crescita umana”. “Assistere i poveri è cosa buona e necessaria, ma non è sufficiente”, dice e incoraggia a moltiplicare gli sforzi “nell’ambito della promozione umana, cosicché ogni uomo e ogni donna possa conoscere la gioia che deriva dalla dignità di guadagnare il pane quotidiano, sostenendo così le proprie famiglie”.

L’accento si pone quindi sul tema della famiglia, tema delicato in un’epoca di crisi universalmente riconosciuta. Lodevole, in tal senso, lo sforzo congiunto di cattolici, protestanti, buddisti e persino cheondonisti per scuotere le coscienze della popolazione e chiedere al governo un cambio di passo rispetto alle politiche familiari. Il tasso di natalità è al momento fermo all’1,05%, uno dei più bassi del pianeta e il numero dei matrimoni è diminuito del 6,6% in quest’ultimo anno rispetto al precedente periodo di campionamento.

E’ per questo che il “Pastore buono”, così come pochi minuti prima lo avevano chiamato i Presidenti dell’Unione dei Religiosi, dichiara che “la famiglia rimane l’unità basilare della società e la prima scuola nella quale i bambini imparano i valori umani, spirituali e morali che li rendono capaci di essere dei fari di bontà, di integrità e di giustizia nelle nostre comunità”.

Un pensiero va anche al “prezioso contributo offerto dalle donne cattoliche coreane alla vita e alla missione della Chiesa in questo Paese, come madri di famiglia, catechiste e insegnanti e in altri svariati modi”. 

Consapevole della specificità dei carismi, ma anche dei ruoli, delle vocazioni e delle missioni nella Chiesa, al fine di dissipare la tentazione alla clericalizzazione del laicato, Francesco aggiunge poi: “In tutto ciò che fate, vi chiedo di agire in completa armonia di mente e di cuore con i vostri pastori, cercando di porre le vostre intuizioni, i talenti e i carismi al servizio della crescita della Chiesa nell’unità e nello spirito missionario”.

Come in famiglia, tutti posano alla fine per una foto e Papa Bergoglio conclude la visita con un’”Ave Maria”, per invocare pace, gioia e l’amorevole protezione di Maria, nostra Madre, “su di voi, sulle vostre famiglie e su quanti partecipano alle opere corporali e spirituali delle vostre parrocchie, delle associazioni e dei movimenti”. Infine, prima di congedarsi, ripete più volte la consueta richiesta di pregare per lui, suscitando ammirazione e gli applausi dei presenti.

Dal successo del viaggio apostolico che fa sembrare Seoul e dintorni una capitale a maggioranza cattolica, anche domani i giornali coreani scriveranno di un miracolo che il Paese sta vivendo in questi giorni. Un miracolo che – per  stavolta – non è più solo quello economico. Il generale Douglas MacArthur che alla fine della Guerra disse, “questo paese non ha futuro, non risorgerà neppure tra cento anni”, non aveva fatto i conti con la storia, tantomeno con Dio.

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Per il testo integrale del discorso del Santo Padre cliccare qui

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Alfonso Maria Bruno

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