È giunto ieri ad Erbil, nel Kurdistan iracheno, il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, inviato da Papa Francesco a portare la sua vicinanza e la solidarietà concreta alle vittime delle violenze in Iraq.

Nel villaggio il porporato ha potuto abbracciare i tanti sfollati che hanno dovuto lasciare le proprie case nella Piana di Ninive per l’offensiva violenta dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico. "La prima cosa che ho fatto - racconta ai microfoni della Radio Vaticana - è venire nella casa del vescovo, dove già all’interno del giardino, all’interno della chiesa e in altri 23 posti (per lo più sono le scuole della chiesa, sono le chiese stesse) hanno trovato rifugio molte migliaia di persone; altre che hanno potuto, si sono stabilite in famiglie che le hanno accolte".

La gente "vive in modo precario, all’aperto", spiega Filoni, "fortunatamente, non fa freddo, anzi, fa molto caldo per cui anche durante la notte la gente dorme all’aperto; altri, invece, con bambini trovano riparo in qualche grande sala. Anche qui si è riusciti a trovare un po’ di aria condizionata, soprattutto dove ci sono i bambini. Ora, l’organizzazione mi pare che stia andando bene. Ho visitato già alcuni di questi centri, alcuni di questi campi…".

Durante la sua visita il Capo Dicastero ha ammesso di aver riscontrato "molta generosità", "molto impegno" e disponibilità da parte della gente ma anche del governo del Kurdistan e del presidente della regione Mas’ud Barzani. A lui è stata riservata una ottima accoglienza "...con molto entusiasmo, con molta simpatia da parte della gente". "Ovviamente - dice - accanto alla dimensione materiale c’è quella dimensione psicologica: la gente fuggita da casa, sradicata dalle sue abitudini, dalla sua cultura, dal suo ambiente … E quindi, sentono anche un po’ questa necessità spirituale di essere sostenuti dal punto di vista spirituale stesso e anche psicologico. Il futuro, naturalmente, rimane incerto: 'Cosa sarà di noi?'”. La speranza è quindi che, "con il contributo e l’aiuto di tutti", un giorno questa gente possa tornare a casa sua.

Soprattutto il porporato riferisce della grande "gratitudine" di queste persone nei riguardi del Santo Padre "per la sua attenzione per questi nostri rifugiati, e un impegno anche per venire incontro anche già ad alcune necessità materiali". Una su tutte la situazione degli studenti che hanno dovuto interrompere la scuola e quindi anche gli esami, o l'emergenza delle famiglie e "la necessità dell’assistenza medica, così come la distribuzione a tutti dei generi di prima necessità".

"Alcuni campi - racconta ancora all'emittente - sono organizzati in modo tale per cui funzionano delle cucine centrali; si stanno approntando bagni, si stanno approntando tutte quelle altre strutture che sono primarie e necessarie. E poi, si dà aiuto anche a quelli che sono nelle famiglie o che hanno la possibilità di prendere in affitto una casa, soprattutto da parte di quelle famiglie che accolgono altre famiglie di profughi". Insomma quella che sta vivendo il prefetto di Propaganda Fide è "un’esperienza interessante, anche con l’entusiasmo e la generosità di tutti".

Ai vescovi incontrati ieri il cardinale ha poi consegnato l’aiuto del Papa, ovvero un contributo economico donato personalmente dal Pontefice ai rifugiati per dimostrare la propria vicinanza non solo spirituale ma anche materiale. A questo vanno ad aggiungersi "anche tante altre generosità che vedo stanno arrivando", dice Filoni. E subito precisa che la forte gratitudine verso Francesco non è dovuta solo a questo impegno materiale, "ma soprattutto perché la sua voce ha fatto presente questa difficilissima, terribile situazione in cui si sono venute a trovare circa 160 mila persone tra cristiani e appartenenti ad altre minoranze, divise tra la zona di Arbil e poi, un po’ più a nord".

Interrogato sulla situazione nel Paese dal punto di vista militare, il porporato conferma la paura tra i rifugiati, per l’avanzata dei jihadisti. La situazione "è ancora fluida", dice, e aggiunge che "questo, naturalmente, da parte anche delle autorità che manifestano la difficoltà di avere gli strumenti per difendere la propria terra, la propria gente". Da questo punto di vista, prosegue, "si chiede aiuto alla solidarietà internazionale non solo dal punto di vista materiale, attraverso ponti aerei e così via, perché è chiaro che con tanta gente da assistere, anche le scorte si esauriscono; ma anche da un punto di vista politico e militare". Le autorità infatti sono molto "sensibili" a chiedere l’aiuto internazionale, perché "il Kurdistan non riesce a far fronte a tutte queste necessità". Tuttavia, afferma il prefetto, "ho sentito anche l’impegno politico da parte del presidente Barzani: loro difenderanno fino alla fine la loro terra e con essa anche tutti i cristiani e le minoranze che vi sono".