La globalizzazione della solidarietà

Il Papa invita la Corea del Sud a farsi ambasciatore nel mondo in una maggiore disponibilità in favore dei poveri

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Il palazzo presidenziale sembra una grande pagoda dalle centocinquantamila tegole di colore blu.

Nel giardino della “Blu House” Papa Francesco è stato accolto dalla Signora Presidente della Repubblica, Park Geun-hye. Prima donna della storia a ricoprire quest’incarico in Corea, laureata in ingegneria elettronica, si è formata presso la Scuola Superiore “Sacro Cuore” di Seoul. Conosce e apprezza il messaggio cristiano grazie all’antico contributo della Chiesa per l’educazione e l’istruzione scolastica dei giovani.

Ella stessa ne ha tratto beneficio e ne conserva un ricordo grato. Nel suo indirizzo di saluto al Papa ha riconosciuto il ruolo della Chiesa nello sviluppo del Paese e il sostegno spirituale negli anni più difficili. Ha ricordato la tragedia del Seawol indicando nella visita del Papa un balsamo consolatore per le famiglie delle vittime e ha dichiarato che nella tavola del Governo coreano ci sarà sempre un posto disponibile per i poveri, così come il Papa raccomanda ai singoli, ma anche ai Governi del mondo.

Dopo la firma dell’illustre ospite nel libro d’onore e un colloquio privato con la Signora Presidente, c’è stato lo scambio dei doni. Papa Francesco ha offerto alla signora Geun-hye una pianta topografica di Roma incisa su rame per il Grande Giubileo dell’Anno Duemila. Raggiunto poi il grande salone dei ricevimenti, in presenza delle Autorità, Papa Bergoglio  ha pronunciato un discorso che potrebbe definirsi a giusto titolo: “la globalizzazione della solidarietà”.

Il Pontefice invita il Paese asiatico emergente a farsi ambasciatore nel mondo di una maggiore generosità e disponibilità in risorse umane e materiali a favore dei più poveri e abbandonati. Riferendosi alla Giornata della Gioventù Asiatica, Francesco ha voluto esaltare le tradizioni dell’antichità con le sfide della modernità. Consapevole delle grandi opportunità di riflessione e dialogo che ogni raduno di giovani produce, ha richiamato gli adulti a riflettere sull’adeguatezza del modo di trasmettere i valori alle future generazioni e su quale tipo di società essi stanno preparando loro.

Il Papa incontra i giovani, ma parla innanzitutto agli adulti, ai genitori, agli educatori, ai responsabili di governo. Il primo dono che Francesco invoca per la Corea è quello della pace. La preoccupazione si spiega a causa del conflitto degli anni Cinquanta che ha lasciato tuttora cicatrici profonde. Esse non si esprimono solo nei lutti e negli esodi di massa da Nord a Sud, ma in quella “cortina di bambù” della DMZ (la zona demilitarizzata) che segna il confine tra le due Coree. Un unico popolo e un’unica Nazione, divisa da due Stati confinanti ma distanziati economicamente e socialmente. Tra di essi c’è tregua, ma non pace. Tra il filo spinato teso e le  mine antiuomo ancora interrate, la speranza implode o esplode?

Richiamandosi a San Giovanni Paolo II, Bergoglio afferma che “la pace non è semplicemente assenza di guerra, ma opera della giustizia” (cfr Is 32,17). E la giustizia, come virtù, fa appello alla tenacia della pazienza; “essa non ci chiede di dimenticare le ingiustizie del passato, ma di superarle attraverso il perdono, la tolleranza e la cooperazione”. Papa Francesco, profittando anche della presenza della delegazione del Corpo Diplomatico, ha definito la diplomazia  come “arte del possibile”, basata sulla ferma e perseverante convinzione che la pace può essere raggiunta mediante il dialogo e l’ascolto attento e discreto, piuttosto che attraverso reciproche recriminazioni, critiche inutili e dimostrazioni di forza.

L’ascolto degli altri e la promozione di uno spirito di aperta comunicazione, di dialogo e di cooperazione, non potrà che rinforzare la democrazia in Corea. I giovani sono per loro natura predisposti ad assumere questi atteggiamenti. È nel momento presente e con i ragazzi di oggi che inizia il futuro della Corea. Che esso sia fatto di sogni realizzabili o di chimere,  il futuro del Paese dipenderà dalla presenza in mezzo al suo popolo di molti uomini e donne saggi, virtuosi e profondamente spirituali come ebbe a dire Papa Woytjla proprio qui, l’8 ottobre 1989.

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Alfonso Maria Bruno

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