La dormizione di Maria, frammenti di culto bizantino in Calabria

La morte terrena di Maria, una disputa teologica che trova risoluzione in un territorio gravido d’influenze orientali

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“Anche quest’anno mi hanno dovuto spiegare cosa si festeggia, perché me lo dimentico sempre. In fondo, Natale, Epifania, sono parole attraverso le quali si può arrivare, per intuito, a capire di cosa si tratta; Ferragosto molto meno”. Così si esprimeva qualche anno addietro Francesco Piccolo dalle pagine del supplemento culturale del Corriere della Sera (La Lettura, 12 agosto 2012, p. 2). Con una punta di ironia lo scrittore manifestava una evidente, ma trascurata, realtà: molti, in effetti, ignorano che il 15 agosto la Chiesa cattolica  celebra la solennità dell’Assunzione di Maria in Cielo,  cioè il passaggio della Madre di Gesù da questo mondo alla promessa Patria Celeste. E non è difficile, nelle nostre chiese, imbattersi nelle classiche iconografie religiose in cui la Madonna, avvolta in radiosi fasci di luce, viene presentata su un tappeto di nubi, tra angeli e cherubini che la sostengono.

L’Assunzione porta con sé una disputa teologica di non facile soluzione: Maria è morta come tutti gli esseri umani o è stata preservata da ciò? Una domanda la cui risposta per secoli e secoli ha diviso la cristianità occidentale da quella orientale, convinta quest’ultima che pur nell’incorruttibilità del corpo Maria prima di essere assunta in Cielo abbia fatto esperienza della morte. Tant’è che tuttora nelle comunità ortodosse, un giorno prima, il 14 agosto, viene celebrato il funerale di Maria. E ancora una volta parla l’iconografia della Madonna morta (o “che dorme”) così come è riprodotta nell’antichissimo culto tipicamente bizantino della Dormitio Virginis (“la dormizione della Vergine”) che, per l’appunto, corrisponde al culto latino dell’Assunzione di Maria. “Dormitio” che se, per alcuni, indica il sonno profondo e particolare in cui cadde la Vergine Maria prima dell’assunzione (e ciò per avvalorare buona parte di quella teologia cattolica che non ritiene si possa parlare di una vera e propria morte), per altri invece richiama alla concezione cristiana della morte per cui altro non è che il passaggio verso una nuova vita, quella vera ed eterna. Le due locuzioni di Madonna morta e di Madonna che dorme rappresentano il compromesso ma anche la continua tensione tra ispirazione bizantina e latina.

La statua della Madonna morta è possibile ammirarla in Calabria nella Cattedrale di Squillace. E, da un po’ di tempo, un’altra statua è stata pure ritrovata nella Chiesa matrice di Tiriolo, dedicata alla Madonna della Neve, grazie all’interessamento del parroco don Giovanni Marotta. Da Squillace a Tiriolo, insomma, nell’istmo della provincia di Catanzaro che divide le acque dei mari Jonio e Tirreno, la presenza di alcune  icone che riproducono la “dormitio” di Maria sono la testimonianza del trascorso bizantino di parte del Sud della nostra penisola. È documentato, infatti, che dal 776 al 1096 le diocesi calabresi passarono sotto il patriarcato di Costantinopoli e quindi furono assoggettate al rito orientale. Ed in più Tiriolo molto probabilmente ricadeva proprio nella diocesi di Squillace. Di questi circa quattro secoli di rito bizantino in Calabria rimangono tradizioni, usanze e preghiere proprie della Chiesa ortodossa.

A Squillace la Madonna morta si è solennemente venerata fino al 1950: anno della proclamazione del dogma dell’Assunta da parte di Pio XII e a cui ha preso parte anche l’allora vescovo di Squillace e ausiliare di Catanzaro Armando Fares. Ad onor del vero il dogma dell’Assunzione gloriosa in Cielo di Maria in corpo e anima non si pronuncia sull’eventuale morte terrena della madre di Gesù. Ma Giovanni Paolo II, nel 1997, ha sottolineato che “il fatto che la Chiesa proclami Maria liberata dal peccato originale per singolare privilegio divino non porta a concludere che Ella abbia ricevuto anche l’immortalità corporale. […] L’esperienza della morte ha arricchito la persona della Vergine: passando per la comune sorte degli uomini Ella è in grado di esercitare con più efficacia la sua maternità spirituale verso coloro che giungono all’ora suprema della vita”.

Le parole di Papa Wojtyla sono un conforto per il culto che la pietà popolare calabrese riserva alla “dormitio” di Maria. Le icone di Squillace e di Tiriolo ricordano un passato glorioso, una fede intensa, una spiritualità vissuta sotto il Patriarcato di Costantinopoli. Un trascorso da non dimenticare soprattutto in questo 15 agosto, solennità di Maria Assunta in Cielo, per la Chiesa cattolica, e della “Dormitio Virginis”, per la Chiesa ortodossa. Una distinzione che però nella pietà popolare di morti borghi calabresi, come Squillace o Tiriolo, sembra sfumare. E che cos’è questo se non ecumenismo? 

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Luigi Mariano Guzzo

Luigi Mariano Guzzo, già Consigliere Centrale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI); ha fatto parte della Commissione Formazione alla Politica. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Calabria, è direttore responsabile de Il Ponte, periodico della Comunità parrocchiale “Madonna di Pompei” di Catanzaro. Collabora con Il Quotidiano della Calabria, La Tecnica della Scuola, rassegna quindicinale diinformazione scolastica e Missioni OMI, rivista mensile di attualità missionaria degli Oblati di Maria Immacolata. Scrive inoltre di cultura e di informazione religiosa su vari periodici. Ha all'attivo diversi saggi pubblicati.

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