«I rifugiati hanno bisogno di tutto: cibo, acqua, vestiti», così dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre padre Mario da Silva, religioso della Famiglia del Verbo incarnato, che opera nella parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza.
Per questo, in seguito alla richiesta del patriarcato latino di Gerusalemme, la settimana scorsa Aiuto alla Chiesa che Soffre ha inviato un primo contributo straordinario di 50mila euro in favore delle vittime del conflitto in atto a Gaza. La donazione coprirà i costi delle spese mediche e permetterà alle strutture ospedaliere cristiane presenti a Gaza di fornire assistenza e di avere a disposizione il carburante necessario al funzionamento dei generatori. Infine parte della somma servirà alla ricostruzione delle case cristiane distrutte dalla guerra. Obiettivo che probabilmente richiederà nuovi aiuti.
«La situazione umanitaria a Gaza è terribile – ha scritto monsignor William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme e vicario patriarcale per la Palestina, in un appello inviato ad ACS – Vi chiediamo di pregare per la pace e di aiutare le vittime della guerra». «Ora più che mai – ha aggiunto il patriarca di Gerusalemme dei latini Fouad Twal rivolgendosi ai benefattori di ACS – abbiamo bisogno del vostro aiuto e delle vostre preghiere».
Nella Striscia di Gaza vivono circa 1300 cristiani a fronte di un milione e 800mila musulmani. La maggior parte dei fedeli appartiene alla Chiesa ortodossa, mentre i cattolici sono appena 170.
Padre Mario da Silva spiega ad ACS che, causa dei frequenti bombardamenti, quasi nessuno esce di casa per andare in Chiesa. «Noi celebriamo la liturgia ogni giorno, ma la parrocchia è quasi sempre vuota e la domenica non vi sono mai più di cinque fedeli. Soltanto i più coraggiosi assistono alla messa».
Per assicurare la cura pastorale, più che mai necessaria in momenti drammatici come questo, il parroco della Sacra Famiglia e padre Mario hanno inaugurato un servizio pastorale telefonico. «Ogni giorno chiamiamo i fedeli, chiediamo loro se hanno bisogno di aiuto e cerchiamo di incoraggiarli. La gente è disperata e i bambini sono terrorizzati dalle bombe».