Sottili fili invisibili hanno indissolubilmente legato le vite di ognuno di noi con quella di Robin Williams. Questo straordinario uomo è stato il professore che tutti avremmo voluto avere dietro la cattedra, il medico-clown dal quale tutti avremmo voluto essere curati, lo psicologo dal quale tutti avremmo voluto essere spronati, la tata con la quale avremmo voluto crescere, il Peter Pan che con i suoi voli ha infiammato i nostri sogni.
Con Robin Williams se ne va un pezzo della nostra infanzia. Se ne va un sorriso che ha riscaldato il cuore a miliardi di persone, una comicità geniale e struggente che ha fatto divertire intere generazioni, degli occhi azzurri capaci di guardare il mondo con una profondità inaudita. Con Robin Williams se ne va un talento incredibile, poliedrico e camaleontico. Se ne va una voce straordinaria, capace di assumere con naturalezza i più diversi timbri vocali, se ne va un viso dalle incredibili capacità mimiche.
La notizia della morte di Robin Williams ci giunge come la notizia della morte di un caro amico, del quale negli ultimi tempi, forse, ci eravamo disinteressati, ma dal quale avremmo avuto molto ancora da imparare. Perché, in effetti, le notizie sulla sua vita che andava a rotoli, tra divorzi, droga, depressione ed alcol ci arrivavano sì all’orecchio, ma ci arrivavano in un certo senso come attutite.
Per noi, infatti, Robin Williams non era un uomo come tutti gli altri, con le sue fragilità e le sue paure, sempre nascoste dietro degli occhi brillanti, che sembravano sorridere da soli. Robin Williams è stato per noi, di volta in volta, il professor Keating, il soldato Adrian Cronauer, il genio di Aladdin, Mrs. Doubtfire…
E, probabilmente, ci saremmo aspettati che davanti allo spettro subdolo della depressione egli rispondesse con la forza e la profondità del professore che invita i suoi alunni a salire in cattedra per guardare il mondo, con le sue gioie e le sue sofferenze, da un’altra prospettiva, che ci esorta a cogliere quell’attimo fuggente che non tornerà mai più.
Ma Robin non era il professor Keating e la sua morte ci ricorda come in realtà quest’uomo straordinario, che abbiamo amato fino in fondo, con il quale abbiamo riso e pianto, con il quale siamo cresciuti, in realtà fosse per noi un autentico sconosciuto, la cui vera identità si nascondeva dietro i mille volti che, nel corso degli anni, ha interpretato con passione e maestria.
Come sempre accade in questi casi, molti dettagli verranno portati a galla da giornalisti curiosi, pronti a dare in pasto al pubblico morboso i lati oscuri di un attore che, prima ancora di essere tale, era soprattutto un essere umano.
Noi vogliamo e dobbiamo ricordarlo così: mentre lascia l’aula della vita in silenzio, uscendo dalla porta con un’espressione triste e un sorriso malinconico. A noi non resta che salire sui banchi delle nostre esistenze, innalzarci al di sopra della mediocrità della quotidianità e salutarlo al grido di “Oh Capitano, mio Capitano!”.
[Fonte: Cogitoetvolo]