Alla vigilia della partenza di papa Francesco per la Corea, prevista domani alle ore 16 dall’aeroporto di Fiumicino, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha rilasciato un’intervista al Centro Televisivo Vaticano in cui dichiara che “l’importanza” del viaggio “è legata essenzialmente a tre fattori”.
“Il primo fattore – afferma il segretario di Stato della Santa Sede – è che il Papa, per la prima volta, si reca nell’Estremo Oriente, una regione del mondo che acquista una rilevanza sempre più accentuata nella politica e nell’economia mondiale. Va il Papa per rivolgersi a tutto il continente, non soltanto alla Corea”.
Secondo aspetto, secondo il card. Parolin, è la concomitanza del viaggio con la celebrazione della Giornata asiatica della gioventù, che si svolgerà in Corea e alla quale parteciperanno rappresentanze dei giovani dei Paesi vicini. Infine, il porporato indica come terzo aspetto proprio quello della gioventù, la quale “ rappresenta il futuro, quindi il Papa si rivolge al futuro di questo continente, si rivolge al futuro dell’Asia”.
L’incontro con i giovani è dunque il cuore della visita in Corea. “Il messaggio che io credo il Papa porterà a questi giovani – dice il card. Parolin – è che devono diventare protagonisti della vita della Chiesa. Quindi una presenza attiva, una presenza partecipe, una presenza fatta di collaborazione e di corresponsabilità”.
Un’attenzione verso i giovani che si innesta nel solco di quanto fatto nel pontificato di Giovanni Paolo II, il quale dichiarava che la Chiesa ha bisogno dei giovani. “Quindi un protagonismo all’interno della Chiesa e un protagonismo anche nella missione – spiega il card. Parolin -. I giovani, e questa è la chiamata fondamentale, devono diventare, evangelizzatori dei loro coetanei, quindi siamo sempre sulla linea dell’evangelizzazione”.
Un viaggio, quello del Papa in Corea, che assume anche contorni politici in merito alla questione delle due Coree. Il segretario di Stato vaticano sottolinea che la presenza del Santo Padre “aiuterà nell’opera di solidarietà, nei confronti delle popolazioni che si trovano nel bisogno, nella necessità”, e cercherà di “favorire, nella misura del possibile, aperture di spazi di comunicazione e di dialogo, perché io credo, ed è una convinzione che il Papa ha ribadito tante volte, che soltanto attraverso questa comunicazione e questo dialogo si possono anche risolvere i problemi che ancora esistono”.
Al Centro televisivo vaticano, inoltre, il card. Parolin ha avuto modo di affrontare anche un altro importante motivo che spinge il Santo Padre a recarsi in Corea: la beatificazione dei 124 martiri che persero la vita nel Paese asiatico. Il porporato pone l’accento sul fatto che questi testimoni del Vangelo fossero in gran parte laici. “Credo – spiega – che va sottolineato il fatto come all’interno di questo gruppo c’è soltanto un sacerdote, mentre gli altri sono laici, che esercitavano le più svariate e differenti professioni, dalle più umili alle professioni più in alto nella scala sociale, e questo ci riporta ad una delle caratteristiche della Chiesa coreana, e cioè il fatto che è una Chiesa nata dalla testimonianza e dall’impegno dei laici, che hanno saputo conservare e trasmettere la fede”.
Secondo il segretario di Stato è questo “il messaggio fondamentale”, e cioè che “nella Chiesa tutti siamo chiamati a collaborare alla missione di annunciare il Vangelo e tutti siamo chiamati alla santità, una santità che si può manifestare in diverse forme ma che deve caratterizzare l’impegno di ciascuno”.