Proseguono i raid americani in Iraq

Obama spiega: “Non potevamo guardare da un’altra parte”. Intanto un membro del Christian Solidarity International ricorda che l’Isis è appoggiato da alleati di Washington

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A undici anni di distanza dall’invasione che rovesciò il regime di Saddam Hussein, l’Iraq torna a conoscere il fuoco statunitense. Annunciata ieri dal Pentagono, la campagna militare volta a colpire le postazioni dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) prosegue ininterrottamente in queste ore. Oltre alle bombe per “eliminare i terroristi” che stanno avanzando nel nord del Paese mettendo in fuga centinaia di migliaia di civili (tra cui molti cristiani), gli aerei americani sganciano però anche rifornimenti per i profughi rifugiatisi sui monti del Sinjar.

“Gli Stati Uniti non possono e non devono intervenire ogni volta che c’è una crisi”, ha spiegato il presidente americano Barack Obama. Ma ha aggiunto: “Quando c’è una situazione” come quelle sul monte Sinjar, “quando innocenti si trovano ad affrontare un massacro e quando noi abbiamo la possibilità di prevenirlo, gli Stati Uniti non possono guardare da un’altra parte”.

L’Isis intanto ha dichiarato che non si farà dissuadere dall’intervento americano e proseguirà la sua offensiva. In un’intervista alla Cnn, Mark Arabo, uomo d’affari californiano e presunto portavoce negli Stati Uniti delle comunità cristiane dell’Iraq, parla di crimini atroci da parte dei jihadisti, persino di “sistematica decapitazione dei bambini”. Egli afferma che “a Mosul esiste un parco dove sono stati decapitati bambini e le loro teste sono state infisse su dei bastoni… si tratta di crimini contro l’umanità. Stanno commettendo i più orrendi crimini che si possano immaginare”.

Il sito Il Sussidiario riporta le parole di un altro volontario americano a favore dei cristiani, John Eibner, del Christian Solidarity International, il quale ricorda che il genocidio in corso in Iraq “è alimentato da potenti figure in Arabia Saudita, Qatar, Kuwait e tutti gli alleati regionali sunniti di Washington, Londra e Parigi”. Eibner ripercorre quindi un po’ di storia della geopolitica quando dice che “l’Islam radicale è stato visto come una barriera utile per l’espansione del comunismo. Jihadisti sono stati utilizzati dalle potenze occidentali per guidare l’assalto contro le forze sovietiche in Afghanistan. Le stesse tattiche sono utilizzate oggi in Siria per rovesciare il regime di Assad, alleato di Iran e Russia”.

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ZENIT Staff

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