Papa Francesco si recherà in visita in Albania il prossimo 21 settembre, per quello che sarà il quarto viaggio internazionale del suo pontificato. E la Chiesa di questo Paese attende il Papa “con sentimenti di gratitudine. La nostra Chiesa è profondamente radicata nel territorio ed è rimasta profondamente legata alla sua gente nel corso della storia, e dato che è una piccola comunità, ha sempre guardato a Roma con affetto, vivendo così la sua vocazione al cattolicesimo”, ha dichiarato l’Arcivescovo di Tirana, mons. Rrok Mirdita, in un’intervista a Radio Vaticana.
Il presule ha spiegato che la gente del suo paese “ha vissuto l’appartenenza alla Chiesa universale attraverso la comunione con il Successore di Pietro e la fedeltà a lui” anche “nei momenti in cui il Papa e la Chiesa universale sono stati considerati nemici della patria”. Mons. Mirdita ha detto ciò con riferimento alla persecuzione religiosa sotto il regime comunista, ma anche in altri momenti del passato.
D’altra parte, ha sottolineato anche che in Albania “la persecuzione atea ha rafforzato la comunione tra le religioni” e ha ricordato che le quattro principali comunità religiose – musulmani sunniti, ortodossi, cattolici e Bektashi musulmani – convivono pacificamente.
L’Arcivescovo di Tirana ha detto che dopo la caduta del comunismo si pensava che, con la libertà di culto, le tensioni religiose sarebbero sparite ma così non è stato. “L’Albania offre un modello esemplare di convivenza religiosa. Non dico che si è giunti a questa armonia senza sacrificio, ma i sacrifici fatti nel corso della storia hanno dato frutti di pace, di quello che ora godono tutti i cittadini del Paese”, ha affermato monsignor Mirdita.
La visita di Giovanni Paolo II, avvenuta 21 anni fa, fu come una carezza sul corpo martoriato della Chiesa martire, ha detto l’arcivescovo. Durante la sua visita, il papa polacco “ha ricostituito la gerarchia ecclesiastica e ha consacrato i primi quattro vescovi”, ha ricordato.
In merito alla situazione attuale della Chiesa in Albania, l’Arcivescovo sottolinea che “abbiamo un clero autoctono, religiosi e religiose albanesi cui si aggiungono tanti missionari che hanno lavorato con grande generosità, ma che, a poco a poco, stanno passando il testimone alle nuove generazioni”. Inoltre, “abbiamo laici impegnati nella Chiesa e nella società”. Al tempo stesso ha sottolineato che “la Chiesa ha sviluppato numerosi servizi in ambito sociale, ma corre anche il rischio di diventare una Chiesa statica e sedentaria”.
Per questo motivo, “la visita di Papa Francesco porta nuova freschezza, scuote le abitudini e ci fa rivivere la novità permanente del Vangelo”. Il presule poi conclude: “possiamo dire che papa Francesco entra nel continente europeo attraverso l’incontro con persone bisognose, che hanno sofferto molto, ma che ha anche molto da dare all’Europa”.