La Calabria e le feste popolari mariane

Un breve viaggio tra antropologia e fede in una terra ricca di antichissime tradizioni

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Nell’estate calabrese, tante sono le città, i paesi e le comunità parrocchiali che celebrano feste in onore della Madonna, amabilmente onorata con i più svariati titoli: come Madonna di Porto Salvo e della Montagna, Madonna della Neve e Madonna dello Scoglio, della Stella e del Soccorso: insomma, con infiniti nomi, quasi a dirne l’infinità di grazie che questa madre buona ottiene ai suoi figli. Ma un papiro del II-III secolo, scoperto all’inizio del Novecento, ci trasmette in greco la prima preghiera a Maria da parte di una comunità egiziana in un’ora di persecuzione: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, oh Vergine gloriosa e benedetta!”.

Siamo probabilmente di fronte a un’antifona liturgica, concisa e scandita dal noi comunitario, che invoca Maria con il suo più bel titolo: Theotokos, cioè “Madre di Dio” (titolo che sarà definito dogmaticamente nel 431 dal Concilio di Efeso) e la riconosce madre santa, misericordiosa e potente nel soccorrere e liberare. Qui scorgiamo una fonte importante del culto di Maria: l’esperienza del suo aiuto, che spinge noi, ancora oggi, a continuare a rivolgersi a lei con fiducia. E’ così che tanti paesini celebrano annualmente la “loro” Madonna, con una festa che si radica nella gioia cristiana e non è soltanto svago, superficialità, evasione. Nella partecipata processione per le vie delle contrade davvero si sente che una donna speciale cammina con la gente… è Maria. 

Certamente le feste religiose hanno anche un grande significato antropologico: già ad Atene le grandi feste panatenaiche erano il momento di auto-identità della città, tant’è che quando vennero re-istituite, durante la guerra del Peloponneso, Atene rilanciò se stessa come immagine. Così è per le processioni: quell’avanzare lento della statua, tra i canti sacri, in mezzo alle case della gente, significa aggregazione della comunità, ribadisce la propria appartenenza a un territorio, mette in contatto col soprannaturale attraverso il gesto sacro, ha forte incidenza psicologica con la preghiera in movimento e fa prendere coscienza del proprio essere pellegrini su questa terra, nella quale si è di passaggio.

Lungo i percorsi processionali, caratterizzati spesso dai suggestivi scorci offerti dalla natura in fiore, le bande musicali inondano lo spazio con le melodie dei loro ottoni a tutto spiano e gli occhi dei fedeli si volgono alla statua della Madre di Dio. Sappiamo che molto prima del cristianesimo, fin dall’età della pietra, si sono ritrovati templi dedicati a Grandi Madri con centinaia di ex voto: l’antropologia culturale ci dice che quando il cristianesimo arriva in ambienti in cui la religione della Madre aveva già radici antichissime, Maria diventa automaticamente Madre di Dio molto prima dell’approvazione del Concilio di Efeso; e per secoli Maria è la taumaturga, la buona madre, la dispensatrice di grazie impossibili. Le sue apparizioni fra le bisognose genti della montagna o del mare si fanno frequenti e ricorrenti, specie in epoche di grandi difficoltà. E’ così bello oggi vedere come piccoli santuari in onore a Maria siano presenti ovunque nel nostro territorio calabrese: lungo i fiumi, vicino ad uno stagno, negli anfratti di una caverna, alle radici di una grossa quercia, nei pressi di una sorgente, su una collina dominante una valle. Spesso, ereditati da secoli. Le visioni miracolose avvengono quasi sempre vicino a sorgenti, grotte, alberi. Visioni di una Donna…visioni di una Madre. E se Dio stesso ha scelto di avere una donna per madre, se una donna, Maria, è stata protagonista nella realizzazione del piano di salvezza dell’umanità, vuol dire che non si può avere un’adeguata ermeneutica dell’uomo, ossia di ciò che è umano, senza un adeguato ricorso a ciò che è femminile. Le varie feste in onore della Madonna, celebrate ovunque nei nostri paesi, ci ricordino che solo la differenza tra l’“io femminile”, e l’“io maschile“ potrà arricchire e completare l’espressione dell’humanum in tutti gli ambiti della società, come ci ricorda  un bellissimo pensiero di Pavel Evdokimov: “Il mondo fondamentalmente maschile nel quale la donna non ha alcun ruolo è sempre più un mondo senza Dio, poiché senza madre Dio non può nascervi”.

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Anna Rotundo

Anna Rotundo (Catanzaro) è laureata in scienza religiose: insegna religione nelle scuole secondarie, è componente del comitato di redazione del giornale diocesano Comunità Nuova" e di diverse altre riviste. Si occupa, tra l'altro, di cultura, diritti umani e diritti delle donne."

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