"Uno di Noi" difende la libertà di coscienza

Nuova mobilitazione a favore del professor Bogdan Chazan, il medico polacco rimosso dal suo incarico di direttore di un ospedale per le sue convinzioni pro life

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La Federazione Europea Uno di Noi ha rilasciato una dichiarazione ufficiale a difesa della libertà di coscienza e a sostegno del prof. Chazan, direttore dell’Ospedale “Holy Family” di Cracovia.

In qualità di membri del Comitato della Federazione Europea One of Us, desideriamo esprimere fermamente il nostro sostegno al professor Bogdan Chazan, per avere difeso la libertà di coscienza in Polonia, in particolare la libertà di coscienza dei medici che rispettano il diritto alla vita del più indifeso tra noi.

Il Professor Chazan, grazie al suo impegno nel proteggere la vita della madre e del bambino, è un modello per chiunque abbia a cuore la libertà di coscienza e la protezione del più debole. Riteniamo che la posizione del Professor Chazan sia stata attaccata sulla base di presupposti errati.

Siamo profondamente preoccupati per il fatto che le pubbliche istituzioni cedano a queste premesse che discreditano ulteriormente la posizione del Professor Chazan. Pertanto sollecitiamo che venga riconsiderata la frettolosa decisione presa sul caso Chazan, in modo che sia conforme alla legge, nel rispetto della dignità umana, della libertà di coscienza e del fondamentale diritto alla vita”.

La dichiarazione, inviata dai co-presidenti della Federazione, Carlo Casini (presidente del MPV italiano, parlamentare europeo e Presidente della Commissioni Affari Costituzionale del Parlamento Europeo fino alla scorsa legislatura) e Jaime Mayor Oreja (capo della delegazione spagnola del Gruppo PPE al Parlamento europeo nella precedente legislatura ed ex ministro degli Interni nel governo spagnolo di José Maria Aznar), a nome del Comitato Esecutivo, è stata lanciata pubblicamente lunedì scorso.

Il prof. Chazan è membro del Comitato polacco di Uno di Noi e, come esperto ha sostenuto l’iniziativa, e ha partecipato nel novembre 2013 a Cracovia al Convegno conclusivo della raccolta firme.

Jacob Bałtroszewicz, segretario generale della Federazione One of Us e Presidente della Fondazione polacca Uno di Noi, ha affermato: “Sono felice che la Federazione Europea abbia dato il suo pieno sostegno al professore. Non sono sorpreso di quanto è accaduto. Il professor Chazan è un noto pro-vita ed è stato uno degli esperti medici chiave nel Congresso Europeo di Cracovia. Il fatto che un uomo di tale levatura, che ha aumentato significativamente il livello di cura e assistenza medica per la madri polacche, sia gettato fuori del lavoro è difficile da accettare”.

Ma che cos’è successo?Una donna di 38 anni, dopo 4 aborti, in seguito a procreazione medicalmente assistita, rimane incinta per la quinta volta nella Clinica Novum Fertility di Varsavia. Le cliniche della fertilità non si prendono cura della gravidanza in Polonia, per questo motivo la donna si è rivolta al dott. Maciej Gawlak del Holy Family Hospital. Dopo avere fatto degli ultrasuoni, che hanno mostrato anomalie alla fine della 21° settimana, Gawlak ha spiegato alla madre quello che prevedeva la legge sull’aborto e l’ha mandata ad un ospedale più specializzato, l’Istituto “Mother and Child”. Lì sono stati fatti vari test e l’Istituto ha rifiutato di eseguire l’aborto, nonostante Gawlak l’avesse indicato come possibilità.

Quando la donna è ritornata all’Holy Family Hospital, due giorni dopo l’inizio della 24a settimana di gravidanza, Gawlak l’ha incontrata insieme al professor Bogdan Chazan.

La legge polacca prevede che l’aborto eugenetico sia possibile fino alla viabilità del feto. Secondo gli standard del’OMS, la viabilità del bambino comincia verso la fine della 22asettimana di gravidanza. In Polonia la data della viabilità è una zona grigia, si tende a definire viabile il bambino a partire dalla 24° settimana. Chazan ha rifiutato l’aborto dopo la 24asettimana, motivando per iscritto il suo rifiuto con l’obiezione di coscienza e offrendo invece alla donna e al bambino un’assistenza completa. Gawlak ha mandato la donna ad un altro ospedale, il Bielański, dove praticano gli aborti, dal prof. Dębski che ha rifiutato l’aborto perché oltre i termini previsti.

Secondo la legge polacca, un medico può rifiutare l’assistenza medica  invocando l’obiezione di coscienza, ma deve provvedere a indicare un altro dottore che pratichi l’aborto. Questo obbligo è controverso tanto che è attualmente pendente una causa davanti al Tribunale Costituzionale polacco per decidere della sua costituzionalità.

La paziente ha deciso di far nascere il bambino e di non andare all’estero per un aborto oltre i termini. Il bambino è nato al Bielański Hospital ed è vissuto pochi giorni. Il rifiuto del prof. Chazan di fare abortire la donna è stato legittimo.

Nonostante questo Chazan è stato sottoposto a linciaggio mediatico, in seguito al quale, senza nessuna possibilità di difesa, il Sindaco di Varsavia ha pubblicamente annunciato il suo licenziamento e l’ospedale è stato multato con 23.000 $.

Aleksander Stępkowski, presidente del Ordo Iuris Institute, ha spiegato che “in Polonia fin dallo scorso hanno, sono stati fatti continui tentativi di indebolire e minare al diritto di obiezione di coscienza”. Stępkowski teme che, essendo Chazan un pro-life dichiarato, che per di più  si è esposto durante l’Iniziativa Uno di Noi, lo si sia voluto colpire per attaccare la libertà di coscienza.

Di fatto la donna è si è rivolta alla stampa e ha raccontato la “sua” storia, quella di un dottore che le ha rifiutato l’aborto. Il dottore non era Dębski, non era quello dell’Istituto“Mother and Child”,  ma Chazan. Dopodiché la stampa ha creato il caso, intervistando tanti, ma non Chazan e i suoi collaboratori. In seguito a questo attacco mediatico, politici e organizzazioni pro-choice hanno chiesto al Sindaco di Varsavia, Hanna Gronkiewicz-Waltz, di licenziare il prof. Chazan.

Il Consiglio d’Europa si è già espresso, nel 2010,  sull’obiezione di coscienza con una risoluzione, la 1763, che riafferma il diritto all’obiezione di coscienza  “nessuna persona, ospedale o istituzione può esser costretto (…) o discriminato in alcuna maniera perché rifiuta di compiere (…) o assistere un aborto”.

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Elisabetta Pittino

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