Si erano conosciuti a Buenos Aires, quando ancora Jorge Mario Bergoglio era l’Arcivescovo di quella meravigliosa Città, crocevia di culture ed esperienze umane e religiose. L’amicizia, nata dal comune desiderio di conoscersi e di conoscere nell’altro il suo mondo vitale e l’esperienza di fede che lo anima, si è ravvivata quando il pastore Giovanni Traettino lo ha visitato nel suo nuovo ruolo di Vescovo di Roma, la Chiesa che presiede nell’amore.
Pastore della Chiesa Evangelica della Riconciliazione di Caserta, da anni coinvolto nel dialogo ecumenico con i Cattolici, il Pastore, divenuto amico del Papa da prima che fosse Papa, aveva partecipato attivamente a vari incontri di preghiera e di comune ricerca, ai quali anche io ero stato presente in anni ormai abbastanza lontani come responsabile dell’attività ecumenica della Chiesa napoletana.
Di lui ricordo la passione per la causa del Vangelo, il desiderio di esplorare vie nuove di possibile incontro fra i cristiani divisi, la disponibilità all’ascolto dell’altro e all’apprezzamento dei doni di Dio, dovunque diffusi. Una frase del Cardinale Ursi, indimenticabile pastore della Chiesa di Napoli dal 1966 al 1987, esprime lo spirito delle vie che anche questo Pastore evangelico intende esplorare: “Sul ponte dell’amicizia passa Cristo!”.
È su queste parole che vorrei fermare brevemente la mia riflessione, per tentare di cogliere il messaggio dell’incontro che avverrà domani a Caserta fra Papa Francesco e la Comunità evangelica della riconciliazione, dopo lo straordinario bagno di folla e di fede vissuto ieri con i cattolici e la città tutta.
La via dell’ecumenismo è anzitutto quella dell’amicizia: è questo il primo aspetto del messaggio. L’arco di fiamma dell’amicizia si costruisce lì dove da entrambe le parti si dà fiducia all’altro e si è pronti ad accogliere nel più profondo di sé il dono della sua comunicazione di pensiero e di vita. L’amicizia non annulla le differenze, ma tende a cogliere ciò che unisce come ciò che deve necessariamente venire prima dell’evidenziazione delle differenze. La comune umanità, la radicale finitudine che tutti ci accomuna davanti al mistero che avvolge ogni cosa, lo stupore della ragione davanti all’abisso di Dio, la gratitudine commossa della fede di chi si riconosce immensamente amato da Lui e – per i credenti in Cristo – il valore immenso della condivisa speranza nel Risorto, che si è offerto alla morte per noi, tutto questo sta a fondamento dell’incontro amicale in cui è possibile riconoscersi uniti sotto il comune sguardo della misericordia divina che non esclude nessuno.
Papa Francesco, con la scelta sorprendente di venire a trovare un amico, pastore di una Chiesa evangelica, in una delle provincie campane, rende evidente quanto l’amicizia fra due credenti in Cristo, divisi da tradizioni confessionali diverse, possa essere ponte di comunione sotto lo sguardo dell’Altissimo, nel desiderio condiviso di obbedire a Lui nella sequela di Gesù. “L’amicizia – dice l’antico motto ciceroniano – o li trova simili o li fa simili”: col suo gesto, il Vescovo di Roma innalza questa esperienza a via regale per la ricerca dell’unità che Cristo vuole fra i suoi discepoli divisi e indica a tutti una strada aperta alle sorprese dello Spirito.
Tutto questo non ha nulla a che vedere col relativismo e il compromesso, rinunciatari rispetto alla forza e alla bellezza della Verità. Per la luce del vero, venuta a risplendere nella storia della salvezza attestata nella Bibbia, tanto Papa Francesco quanto il Pastore Traettino hanno giocato la loro vita, e giustamente non sono disposti ad allontanarsi da quella luce per nessuna ragione.
Tuttavia, il senso del loro incontro amicale mi sembra stia a dimostrare che la verità – come affermava un profeta dell’ecumenismo cattolico, il Card. Agostino Bea – “non ha bisogno di essere difesa, perché si difende da se stessa”. Chi crede nella forza della verità, si fida di essa e accetta il rischio anche della possibile incomprensione pur di camminare sui sentieri del vero che libera e salva. Per incontrarsi come amici sulla via del comune ascolto di Dio, della Sua Parola e del Suo Silenzio, occorrono non meno, ma più fede, non meno, ma più speranza e carità.
Nel comune no a ogni compromesso nelle cose che riguardano Dio e la salvezza degli uomini, i due Amici di questo incontro puntano il dito verso l’orizzonte che li supera e li comprende entrambi, mentre invitano ciascuno alla fedeltà alla propria identità battesimale e alle proprie radici, senza cedere ad alcuna confusione o ad alcun relativismo, aprendo i cuori alla speranza fondata su quella che il grande teologo evangelico Karl Barth chiamava “l’impossibile possibilità di Dio”. L’appello a chiunque crede è ad accompagnare questo incontro con la fiducia e la preghiera. E per chi non crede ad apprezzare almeno la bellezza del riconoscersi affratellati nel servizio della Verità da parte di due Amici, che pur nella diversità delle storie di fede, sanno e vogliono accogliersi come fratelli nel comune discepolato di Cristo.
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Fonte: Il Mattino, domenica 27 luglio 2014, pp. 1 e 50