Nuovo appello per una tregua, a Gaza, mentre il numero dei morti ha superato quota 800 nel diciottesimo giorno dall’inizio dell’operazione israeliana “Pilastro di difesa”. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha chiesto che avvenga una “pausa umanitaria”. Richiesta che si innesta nel solco della proposta del segretario di Stato Usa, John Kerry: una settimana di cessate il fuoco a partire da sabato o da domenica durante la quale le parti si impegnano a negoziare su un accordo duraturo.
Secondo più fonti, tra cui il giornale israeliano Haaretz, Israele e Hamas starebbero lavorando su questa proposta statunitense. Nelle scorse ore Khaled Meshaal, leader dell’organizzazione islamica, ha detto alla Bbc che un cessate il fuoco serve il “più presto possibile”. “Le persone non possono ricevere assistenza sanitaria o andare al lavoro”, ha aggiunto Meshaal, il quale ha definito la situazione di Gaza “un crimine”.
All’emergenza prova porre rimedio la Caritas. Come racconta alla Radio vaticana padreRaed Abusahlia, direttore della Caritas di Gerusalemme. “Noi della Caritas – spiega – ci siamo occupati di due scuole, provvediamo al loro cibo, all’acqua, al latte per i bambini e al gasolio per il generatore elettrico. Ci stiamo ingegnando quanto possiamo in questi giorni, sperando che la guerra finisca il più presto possibile”.
Padre Abusahlia racconta che i valichi di accesso alla Striscia sono attualmente tutti chiusi. “L’Onu cerca di fare entrare un po’ di cibo dalla parte israeliana, ma dalla parte egiziana il passaggio di Rafah è bloccato – racconta -. In questi 18 giorni, l’hanno aperto per alcune ore per evacuare alcuni feriti verso l’Egitto e la Giordania e per far uscire gli stranieri che abitavano o lavoravano a Gaza”.
A tal proposito l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un appello per l’apertura di un corridoio umanitario a Gaza per consentire agli operatori di evacuare i feriti e far giungere farmaci salvavita nella Striscia.
(F.C.)