Riprendiamo di seguito l’editoriale firmato da monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, pubblicato sull’edizione di domenica 20 luglio del quotidiano “Il Sole 24 Ore” (pp. 1 e 14).
***
Una mostra dedicata ai “Secoli augustei”, appena inaugurata al Museo Archeologico Nazionale di Chieti e nello spazio delle esposizioni temporanee del bellissimo Palazzo de’ Mayo, recentemente restaurato nella stessa città, offre singolari spunti di riflessione sul nostro presente, in Italia come in Europa. La mostra raccoglie testimonianze archeologiche dell’età di Augusto provenienti soprattutto dal sito di Amiternum in Abruzzo, mostrando in maniera incisiva la genialità del governo del grande Imperatore, colta dalla prospettiva di una provincia che viveva di riflesso la luce della capitale. L’iniziativa rientra nell’ambito di quelle promosse nel bimillenario della morte di Augusto (19 Agosto del 14 d.C.), che volle fare del suo regno un’età dell’oro, celebrando la grandezza di Roma “caput mundi” e l’unità dell’impero sotto l’unico sovrano. Augusto agì su tre piani, che si rivelarono di grande efficacia e risultano di una singolare modernità: l’idea e l’uso del tempo, la forza unificante delle immagini e la promozione di una coscienza unitaria della dignità e grandezza della civiltà romana.
Nel lungo corso del suo governo l’Imperatore intuì anzitutto l’importanza dell’elemento “tempo” come strumento di potere, dando una forte accelerazione alla produzione e all’esecuzione delle leggi, oltre che alla progettazione e alla realizzazione delle opere che avrebbero fatto della sua Roma una splendida capitale, trasformandola da agglomerato di edifici in laterizio a monumentale città di marmi: non si trattò solo di mettere in piedi un’efficace burocrazia e una veloce macchina esecutiva, quanto anche di promuovere una diversa concezione del tempo, di cui il calendario unico imposto all’Impero doveva essere la celebrazione e lo strumento. La velocità e scorrevolezza dell’esercizio del potere e il susseguirsi rapido delle opere che ne esprimevano la presenza e l’incisività in ogni angolo dell’immenso territorio sottoposto a Roma lasciavano trasparire la precisa convinzione che il tempo ben usato è espressione non solo di intelligenza e capacità, ma anche di buon governo. Si coglie qui un primo, importante messaggio per il nostro presente: di fronte alle lentezze della burocrazia statale e alla diffusa inettitudine dei politici a legiferare e produrre, l’età augustea lancia una sfida all’accelerazione del cambiamento, la cui rilevanza sembra colta in questa fase storica del Paese soprattutto dall’attuale Presidente del Governo. Non si tratta del semplice ricambio generazionale, ma della volontà di proporre un nuovo ritmo di lavoro, una sorta di patto con i cittadini quantificato in termini di tempo rispetto alle mete segnalate e ai passi per giungervi. La lentezza abitudinaria della nostra politica viene a scontrarsi con un’accelerazione che potrà certo bruciare alcuni processi di maturazione, ma che si rivela alla fine il primo efficace fattore di cambiamento, che proprio l’esempio di Augusto fa risaltare in tutta la sua importanza.
Un secondo elemento su cui il grande Imperatore seppe giocare nella sua azione di governo fu l’omologazione dell’immaginario attraverso la capillare diffusione delle immagini, tese a esprimere la grandezza del potere centrale e la sua pervasività, prima fra tutte quella del volto dello stesso Augusto, chi si ritrova in innumerevoli riproduzioni – da quelle in marmo, a quelle coniate sulle monete, unificate in un sistema unico, capillarmente diffuso – che entravano necessariamente nello spazio visivo della vita quotidiana di tutti: l’idea che stava dietro a questa unificazione della forma, attraverso la forza di icone dall’impatto immediato e comprensibile a tutti, era che Roma fosse un unico corpo dappertutto diffuso, e che di questo corpo il capo unico, capace di tenere insieme il molteplice nell’unità del tutto, fosse l’Imperatore. La “civiltà delle immagini” – che ha conosciuto proprio nel XX secolo un’immensa diffusione, da una parte al servizio dei vari totalitarismi ideologici, dall’altra grazie all’invenzione e alla diffusione dei grandi mezzi di comunicazione di massa – conferma ampiamente quanto fosse valida l’intuizione augustea. Rafforzata dall’imposizione dell’alfabeto e della lingua unica – quel latino che avrebbe costituito il substrato culturale della futura Europa – l’agire unificante messo in atto attraverso le immagini fece dell’età di Augusto una straordinaria fucina di civilizzazione e di futuro. Trasposta ai nostri giorni, l’idea fa comprendere quanto è grande il potere dei “media” e stimola a istituire un rapporto corretto fra essi e il potere, da una parte per evitare ogni concentrazione dalle conseguenze rischiose, di cui peraltro un Paese come l’Italia non ignora gli effetti, dall’altra per assicurare attraverso leggi e strumenti opportuni un effettivo esercizio di democrazia, che garantisca proporzionale visibilità a tutte le agenzie in gioco.
Infine, Augusto seppe creare un’ideologia dell’Impero di Roma, una sorta di coscienza collettiva ispirata all’esaltazione della grandezza della civiltà romana, proposta come parametro per tutti i popoli: questa forte autostima seppe esprimersi anche in modulazioni che riuscirono a integrare buona parte dei valori e dei risultati maggiori delle diverse culture assimilate, favorendo quella “pax romana” che sarebbe diventata anche il terreno fecondo della diffusione del cristianesimo nell’intero mondo allora conosciuto. Un ruolo fondamentale ebbe in questo processo il diritto, che prima ancora di proporsi come strumento di regolazione della convivenza civile, riuscì a esprimere ed insieme a produrre una coscienza unitaria, fondata sull’articolazione equilibrata di diritti e doveri dei singoli e della collettività. Certamente il grande Imperatore non avrebbe mai potuto immaginare che nel corso della sua vita, in un’oscura provincia dell’Impero, sarebbe nato un Bambino, il cui futuro avrebbe cambiato il destino di Roma e della civiltà sua e del mondo intero proprio a partire dalla rivoluzione delle coscienze. Ma l’opera di Augusto resta ancora oggi un modello che aiuta a comprendere come senza una coscienza unitaria della comune dignità delle persone nessun progetto di unificazione culturale, sociale, economica e politica potrà avere successo. Qui l’attualità ci spinge a pensare ai destini dell’Europa unita e a quella risorsa di cui essa dispone, pur senza sembrare di avvedersene fino in fondo, che è il patrimonio spirituale del cristianesimo e della centralità che ha in esso l’idea di persona. L’unità della moneta è una conquista importante, ma non potrà bastare a fare l’unità dei popoli europei, le cui possibilità e speranze hanno bisogno di ben più profondo alimento, culturale e spirituale. Augusto insegna!