Hai presente quella pubblicità televisiva che mostra una persona depressa seduta in vasca da bagno a casa con l’acqua che gocciola dal rubinetto quasi ad aggravare la sua depressione? Non poteva essere più psicologicamente acuta la voce che fa lo spot pubblicitario dopo: “Se hai provato una crociera […] è difficile tornare alla vita di tutti i giorni”.
Si avvicina il tempo classico delle ferie. Quel tempo che, in genere, si attende tutto l’anno e che – sempre in genere – passa così in fretta, facendoci tornare alla vita di tutti i giorni a cui, come diceva la pubblicità, è difficile tornare. La sensazione vissuta dopo il ritorno dalle vacanze è state formalizzata come “sindrome da stress post-vacanze”. È una sensazione che rovina e macchia tutto ciò che di bello abbiamo vissuto e sperimentato in vacanza. Mi vengono in mente due paragoni: il primo è quel sistema anti-furto che macchia tutti i contanti nel bancomat in caso di forzatura della cassa (così questo stress, macchia e rovina tutto quello che abbiamo accumulato di relax!). Il secondo è un esempio che prendo dai miei figli: dopo che li porti a un luogo di grande divertimento, e dopo aver passato un bel po’ di ore a divertirsi, rientrare in macchina – a volte, direi anche spesso – diventa una tragedia greca. E tra schiamazzi, ribellioni e quant’altro, sovente li vedi addormentarsi sui seggiolini col broncio stampato in faccia.
Sono bimbi. Fanno anche tenerezza. Vorresti solo che capissero come integrare i vari momenti della loro vita, rendendola piena, reale e colorata…Ma mentre pensi ad educarli, ecco che ti trovi a fare un esame di coscienza: non mi comporto anche io così nella mia vita, seppur le mie urla siano più silenti?
Se nel loro caso è un peccato sprecare una giornata di divertimento perché si rifiuta il concetto del limite. Nel mio/tuo, è un peccato (e lo dico nel senso esistenziale e non moralizzante del termine) passare la vita in attesa di un periodo breve di vacanza.
In questa piccola riflessione, vorrei soffermarmi su alcune sfumature che possono fare la differenza. Sono cinque parole che aggiungono quel di più necessario per vivere meglio vacanze e vita, perché – a ben vedere – non possiamo scollegarlo così tanto e pretendere di essere noi a vivere tutte e due!
1) Oltre il divertimento: la ricreazione
Sembrano sinonimi, e forse li usiamo come tali. Ma vorrei fare il sottile e giocare con le parole. Mi è sempre piaciuto farlo perché ho sempre creduto che le parole non si sono composte a caso. Qualcuno le ha coniate e costruite in base a un vissuto. Hanno una sapienza in sé, ancor prima che nel loro insieme. Ogni parola – quasi – può essere una lezione di vita. Se guardo la parola “divertimento”, senza la pretesa di demonizzarla, mi dà l’idea di uno sperpero, di uno sfogo con un fucile semi-automatico, sparando all’impazzata in ogni direzione. È come quelle volte che vuoi preparare per la famiglia un frullato di frutta e, fantozzianamente, attivi il frullatore prima di mettere il coperchio… il movimento centrifugo fa “divergere” tutto il contenuto… e ti lascio immaginare i risultati.
Non poche volte il nostro modo di fare vacanza è così: è “centrifugo”. È esodo senza criterio da tutto ciò che è la nostra vita. È scelta del “diverso” (la prima parte del divertimento) per il semplice fatto che è diverso. Invece di vertere nel mio essere, di-vergo, vivo come altro, lascio vivere idee non mie in me, non vivo… (lascio a te lo scenario che sembra piu adeguato).
Chiedendo scusa alla parola “divertimento”, penso invece alla parola “ricreazione”. È bellissima! Ci fa partecipi di un gesto divino. È cambiare aria, è anche “divertirsi”. Ma non è fuga, è ricarica, è rimodellamento, è integrata. L’“Io” che faticato, adesso riposa, sorride, si rilassa, si riprende, fa shabat. Non una fuga verso le periferie, ma un ritorno al centro, incontro con se stessi e con gli altri, ripresa, ritocco, modellamento, immersione nell’Altro.
Una prima domanda da farsi è: come mi “ricreo”? come posso divertirmi (così la parola divertimento mi perdona!) senza tradirmi, senza interrompere la mia vita?
2) Oltre la snapshot: i ricordi
Ormai siamo tutti fotografi. Vai alla recita dei figli e devi dire mille giaculatorie per non mandare a quel paese quei genitori che, piazzatisi davanti a te, riprendono il loro tesoro con un gigante tablet da 42 pollici oscurandoti la vista. In qualsiasi momento speciale, si improvvisano diecimila fotografi che riprendono freneticamente istantanee più o meno riuscite (pensa ad esempio al passaggio del papa in piazza san Pietro…). Un giorno, vedendo la frenesia delle snapshot, mi è venuto questo pensiero: siamo persone che scattano snapshot per ricordare momenti che non hanno vissuto.
È bello avere foto per ricordare le cose… ma le cose che uno ha vissuto… non quelle che, proprio per fotografarle, se le è fatte scappare! Questa dinamica, non è solo fotografica, e per questo ne parlo. La seconda parola che vorrei canonizzare, infatti, è ilricordare, il riportare al cuore, l’avere storia di cui essere grati, l’avere memorie e momenti che costituiscono il mosaico della nostra identità nella nostra memoria. Il nostro passato è lo stelo da cui sboccia il nostro presente e la radice del nostro fu-turo.
Quando Dio “andò in vacanza” in Genesi 1, ha portato con sé i suoi ricordi, ha guardato a tutto ciò che aveva fatto e vide che era cosa molto buona. Il «tov me‘od» di Gen 1,31 dice allo stesso tempo: molto buono e molto bello. Dio non si è svuotato in Genesi 1, ma ha riempito il cuore con la bontà del suo operato. Non si è tanto riposato dallacreazione, ma nella creazione. (In questo paragrafo chiedo venia ai teologi di professione per le licenze poetiche).
Una seconda domanda che affiora allora è: come guardo alla mia vita “normale”? ho lo sguardo del Dio di Genesi 1 che benedice? O lo sguardo di Giobbe che maledice la propria vita?
3) Oltre i sensor: i sensi
Volenti o nolenti, tanti di noi vivono una vita ormai collegata a schermi, sensor, touchscreen, ecc. Mia moglie, ogni volta che andiamo a un centro commerciale, mi dice quanto compatisce le persone che vivono con la luce artificiale tutto il giorno, tutti i giorni. Spesso per motivi di lavoro, siamo obbligati ad essere lontani dagli altri e dalla natura.
Forse un proposito buono in queste vacanze è quello di decidere di essere meno connessi e più in comunione con gli altri accanto a noi, e in contatto con la natura. Pensate a Gesù, il suo parlare è immerso in un’esperienza pluri-sensoriale con la natura, parla dell’erba dei campi, dei fiori, dei passeri, delle volpi, della maturazione della frutta… Gesù camminava sotto il sole, sperimentava la sua calura. Gesù saliva in montagna, pregava durante la notte e quindi sicuramente ha contemplato un’alba.
Qual è l’ultima alba che ho contemplato in silenzio senza la pretesa di fotografarla? … così, un’esperienza di pura gratuità!
4) Oltre lo stress: l’eupressione
La vita di ogni giorno impone su di noi un fardello che non sempre ci scegliamo. Sarebbe troppo bello decidere il proprio “destino”. Non è così. Un proverbio arabo dice: “I venti non soffiano secondo gli auspici delle navi”. Ci sono limiti che la vita com-porta e che ci mettono dinanzi all’opzione o di soccombere e svanire o di resistere e crescere.
Bisogna però riconoscere che tante volte mettiamo sul nostro piatto delle pietanze di stress che ci cantiamo e ci suoniamo da soli. Sono tante occupazioni, preoccupazioni e responsabilità auto-imposte che non verrebbero di per sé con il pacchetto-viaggio-vita, ma che noi aggiungiamo con la nostra bravura.
È questo il posto dove bisog
na imparare a vivere l’eu-pressione. Cos’è? Non è la pressione/stress procurato dal semplice vivere nell’Unione Europea… è un’espressione composta da “pressione” e da “eu” che in greco significa buona (anche se non ho mai capito perché si aggiunge alla “thanasia”, ovvero, alla morte procurata…, ma questo è un altro discorso).
A differenza dello stress, che è frutto del carico eccessivo e dell’uso improprio della pressione, la eu-pressione esprime una scelta selettiva, ragionata e sapienziale delle cose che vogliamo che siano urgenti per noi perché sono cose che vogliamo realizzare nella nostra vita e se non ci dessimo una spintarella, non le realizzeremmo in questa vita… Che c’entra tutto ciò con la vacanza? – C’entra e come! Mentre distendi le gambe, i nervi, e stendi il porcellino del salvadanaio per pagarti i tuoi giorni fuori… “ricorda” la tua vita, il tuo anno, e cerca di fare una cernita della tensione che crea depressione e stress, e della tensione che fa sì che la tua corda suoni meglio. Ecco, in questo tempo di calma, riprogramma la tua vita. Guarda verso il futuro, riforma la tua vita (è un sinonimo della ricreazione!).
5) Oltre la vacanza: la vita
È troppo poco amare la propria vita solo durante le vacanze. Ci sono almeno due motivi:
a) chi vive di sola vacanza senza un bel nulla da fare, spesso è una persona annoiata e triste che scappa da questo vuoto tuffandosi nelle braccia dell’alcol, della droga, della noia. Nella vita siamo chiamati a fare qualcosa, a realizzare valori creativi, relazionali o di atteggiamento (per riecheggiare il gergo del grande Viktor Frankl). Le ferie sono un incentivo alla nostra creatività, non un appello al “vacuo”. La vacanza evoca un vuoto, sì, ma non è il vuoto del nulla, è quel silenzio tra due note significative. È quel selah del salmo per assorbire meglio. È quella pausa sabatica che fa spazio alla pienezza.
b) a parte qualche fortunato (o sfortunato), la percentuale di vacanze rispetto al resto di una vita è relativamente ridotta, ed è triste vivere solo in vista di quel riposo. La vita va amata, va vissuta. La felicità – diceva qualcuno – non è solo stare in cima, ma è gustare ogni istante dell’ascesa.
La vacanza, per dirla brevemente, non ci deve distrarre dalla vita, ma deve essere uno dei tanti momenti che compongono la nostra vita, la rendono bella, la rendono “benedetta” come dicevamo prima a proposito di Genesi 1. La vita vale più della vacanza. E’ un sabato, fatto per l’uomo e non l’uomo per esso. La vacanza è uno dei tanti colori dell’arcobaleno che potrebbero comporre il bianco luminoso di una vita, fanne un buon uso…
Buon riposo e buona vita!