Nel 1949 si concluse la guerra civile cinese con la vittoria del partito comunista e più di un milione di combattenti del Kuomintang furono costretti a rifugiarsi nell’isola di Taiwan spezzando l’unità di migliaia di famiglie. Solo quarant’anni dopo le autorità taiwanesi autorizzarono un solo viaggio all’anno ai suoi ex-combattenti per consentir loro di raggiungere la Cina Continentale per andare a trovare i propri parenti. Ne approfitta Liu Yansheng, ormai vecchio e vedovo, che decide di tornare a Shanghai per rivedere la sua prima moglie Yu-e che fu costretta ad abbandonare quando era incinta, senza aver mai potuto vedere il figlio. La situazione è complessa perché anche Yu-e nel frattempo si è unita con un matrimonio di fatto al soldato comunista Lu, dal quale ha avuto altri due figli…
“Il taiwanese è arrivato!” gridano i vicini. Il figlio Jian-go la figliastra Lu Xin-hua e Lu-shan Min, il marito ormai anziano di Yu-e, generi e nipoti, scendono per strada per accogliere l’ospite. Solo Yu-e si attarda: non riesce a reggere l’emozione dopo tanti anni di attesa. Arrivano all’appartamento di Lu-shan e si siedono intorno a una tavola riccamente imbandita in onore dell’ospite. Liu Yansheng, si alza in piedi per ringraziare tutti con un discorso rispettoso e cortese. E’ il turno di Yu-e gli presenta tutti i parenti; solo il figlio non vuole brindare con lui: non gli perdona la sua lunga assenza.
A sera Liu si ritira nella stanza da letto che Yu-e gli sta preparando. Si siedono sul letto uno accanto all’altra, dopo più di quarant’anni. Si scambiano alcune frasi di circostanza, come lo stare attenti agli spifferi che provengono dalla finestra. Poi i due hanno i coraggio di voltarsi e di guardarsi negli occhi. Sono pochi minuti di intenso silenzio ma lei non riesce a sostenere quello sguardo e con il pretesto che Liu sarà sicuramente stanco per il lungo viaggio, si alza e lo lascia solo.
Le sequenze iniziali dell’ultimo film di Wang Quan’an, vincitore dell’orso d’argento per la migliore sceneggiatura al Festival di Berlino 2010, sviluppate senza fretta con inquadrature statiche, sono particolarmente eloquenti per inserirci in un tessuto sociale a noi poco noto, descritto con una sensibilità narrativa del tutto particolare.
Il film ci descrive le conseguenze di un dramma sicuramente a noi poco noto, quello di migliaia di uomini del Kuomintang costretti a lasciare mogli e figli per rifugiarsi a Taiwan. Come si percepisce dal film, gli odi sono ormai sopiti e i vecchi nazionalisti possono tornare nella Cina Continentale a rivedere i loro cari. Una Cina ormai avviata a uno sviluppo inarrestabile, come dimostrano le sequenze dei grattacieli della Shanghai degli affari mentre la famiglia di Lu e Yu-e è in procinto di lasciare la sporca ma vivace stradina vicino al porto in cui hanno sempre abitato per andare a vivere in un anonimo casermone popolare.
Anche le giovani generazioni mostrano, con la loro irrequietezza, di aver sposato la modernità: il genero di Yu-e è un uomo di affari che cerca sempre il tornaconto in ogni decisione che viene presa: la figlia avuta dal vecchio Lu ha poca pazienza e non gradisce che il padrigno taiwanese sia tornato dopo tanti anni per sconvolgere gli equilibri familiari; la giovane nipote Na-na è fidanzata con un ragazzo che dovrà restare a lavorare negli Stai uniti per almeno due anni.
Profondamente diversi sono i tre vecchi: Yu-e, il taiwanese Liu e Lu. Hanno un problema complesso da risolvere (decidere se è bene che Yu-e resti a Shanghai o torni a Taiwan on Liu) ma sono abituati a riflettere prima di parlare, non mancano mai di esprimere forme di concreta attenzione nei confronti dell’altro e cercano di anteporre sempre i desideri degli altri ai propri.
Su tutti spicca Lu: durante il periodo della guerra ebbe il coraggio di prendersi in casa la moglie di un nazionalista con suo figlio, ben sapendo che questo avrebbe creato malumori da parte dei suoi comandanti e che avrebbe bloccato la sua carriera. Ora, all’arrivo del primo marito, non ha esitazioni: si offre di divorziare per fare in modo che la coppia originale possa riunirsi.
I discorsi più importanti avvengono sempre intorno a una tavola perché a turno, i protagonisti fanno a gara a offrire all’altro i cibi più prelibati: una manifestazione di attenzione simile a quella che veniva mostrata ne Il pranzo di Babette -1987. Lu appare una persona semplice: sembra apprezzare sopratutto la buona tavola e il buon vino ma in realtà è solo un modo per mascherare la nobiltà del suo animo. Anche Liu saprà a sua volta porsi di fronte alle sue responsabilità, cercando di non urtare la sensibilità degli altri.
Wang Quan’an, che si era già fatto apprezzare con il precedente Il matrimonio di Tuya, vincitore al Festival di Berlino del 2006, ha composto un film di rara sensibilità. Si può concludere che quei personaggi che lui ha tratteggiato, con la loro la capacità di autocontrollo, di rispetto verso l’altro, di cortesia, di tatto, siano espressioni della più antica e tradizionale virtù confuciana della benevolenza (ren) ma il modo con cui viene posta sempre in primo piano la famiglia e il valore della sua unità, l’attitudine a preoccuparsi prima degli altri che di se stesso, possono essere viste come virtù di portata universale.
Il film è disponibile in DVD in lingua cinese con sottotitoli in francese
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Titolo Originale: Tuan yuan
Paese: Cina
Anno: 2010
Regia: Wang Quan’an
Sceneggiatura: Na Jin, Wang Quan’an
Produzione: LIGHTSHADES FILMPRODUCTIONS LTD., XI’AN MOVIE AND TV PRODUCTION, JIUZHOU AUDIO PUBLISHING CO., WESTERN MOVIE GROUP CO.
Durata: 93
Interpreti: Lisa Lu, Ling Feng, Xu Caigen, Leila Wei
Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it