I vescovi polacchi ribadiscono la condanna all'aborto

A seguito del clamore suscitato dalla scelta del prof. Bogdan Chazan, che ha rifiutato di praticare un aborto, i presuli stilano un documento per ribadire la sacralità della vita umana

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Il Presidio della Conferenza Episcopale Polacca ha rilasciato, lo scorso 16 luglio, una “dichiarazione speciale” a seguito del dibattito pubblico sull’obiezione di coscienza. Dibattito scaturito sui media da un’azione legale contro il professore Bogdan Chazan, medico che ha rifiutato di praticare un aborto. Nella dichiarazione i vescovi ricordano l’insegnamento di San Giovanni Paolo II, che in modo molto fermo ha condannato la soppressione di un essere umano innocente.

”San Giovanni Paolo II ha condannato la soppressione di un essere umano innocente tramite l’aborto”, hanno scritto i vescovi e hanno ricordato le parole del Papa Polacco dall’enciclica Evangelium vitae: “Dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale”.

I vescovi polacchi sottolineano che “i principi enunciati nella dottrina ufficiale della Chiesa cattolica di oggi sono ignorati da alcuni ambienti politici e dei media”. E aggiungono: “La Chiesa in Polonia è tenuta in particolare al rispetto fedele del patrimonio di Giovanni Paolo II” . Per avvalorare il concetto, riportano uno stralcio dell’Enciclica del Papa recentemente canonizzato: “Chi ricorre all’obiezione di coscienza deve essere salvaguardato non solo da sanzioni penali, ma anche da qualsiasi danno sul piano legale, disciplinare, economico e professionale.” (EV 74)

Secondo una dichiarazione dei vescovi in Polonia “si odono spesso le voci che chiedono il rispetto assoluto dei diritti di alcuni, ma vietano il diritto all’obiezione coscienza”. Osservano ancora i vescovi che “si registrano, di conseguenza, due tendenze, in apparenza diametralmente opposte. Da un lato, i singoli individui rivendicano per sé la più completa autonomia morale di scelta e chiedono che lo Stato non imponga nessuna concezione etica, ma si limiti a garantire lo spazio più ampio possibile alla libertà di ciascuno, con l’unico limite esterno di non ledere lo spazio di autonomia al quale anche ogni altro cittadino ha diritto”.

Dall’altro lato – sottolineano i presuli – “si pensa che, nell’esercizio delle funzioni pubbliche e professionali, il rispetto dell’altrui libertà di scelta imponga a ciascuno di prescindere dalle proprie convinzioni per mettersi a servizio di ogni richiesta dei cittadini, che le leggi riconoscono e tutelano, accettando come unico criterio morale per l’esercizio delle proprie funzioni quanto è stabilito da quelle medesime leggi”. In questo modo – concludono i vescovi – “la responsabilità della persona viene delegata alla legge civile, con un’abdicazione alla propria coscienza morale almeno nell’ambito dell’azione pubblica”.

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Mariusz Frukacz

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