“Come si potrà sopportare Dio solo lo sa. Intanto, noi siamo sicuri e sereni. Pregate per noi perché abbia fine questa pazzia”. È questa la richiesta che padre Jorge Hernandez, parroco della parrocchia latina di Gaza, esprime in una lettera pubblicata sul suo profilo Facebook lo scorso 11 luglio.
Dalla parrocchia della Sacra Famiglia, l’unica latina dell’intera Striscia di Gaza, vi è punto di vista privilegiato di quanto di drammatico sta accadendo in quel territorio. Il sacerdote scrive nella lettera che la notte precedente ha notato “una maggiore intensità dei bombardamenti aerei, dal mare e da terra”. Così come, “la persistenza dei lanci di razzi da Gaza”.
Si sofferma poi sui volantini lanciati da Israele alla popolazione di Gaza, sui quali si invitano i residenti ad abbandonare le proprie abitazioni. Padre Hernandez si fa quindi interprete del sentire comune, chiedendosi: “Dove andare? Gaza è piccola. Tutto è vicino. Non c’è alcun luogo, sicuro, neutro, che possa accogliere tutti”.
Popolazione di Gaza che conosce bene il dramma della guerra, negli occhi ha ancora i riflessi dell’operazione Piombo Fuso, campagna militare dell’esercito israeliano che tra il 2008 e il 2009 causò circa mille vittime (anche se non esistono stime ufficiali e le cifre sono spesso molto discordanti).
Pertanto, “la faccia abituale della guerra qui è ben nota alla popolazione: aerei, esplosioni, distruzioni e morte”, riflette il sacerdote. “Ormai da tempo – prosegue – la gente prevede una possibile escalation militare che potrebbe durare tempo. Si tratta di previsioni fondate sull’esperienza popolare”.
Esperienza che è servita alla popolazione, tuttavia, anche per adottare contromisure a simili situazioni. “La sola cosa che ha modificato le previsioni – scrive padre Hernandez – è stato riscontrare una resistenza su più larga scala e una migliore preparazione delle autorità locali rispetto alle guerre precedenti”. Il sacerdote è dell’opinione che il fatto che “Hamas abbia colpito Tel Aviv e Gerusalemme non è un particolare trascurabile”.
I timori riguardano poi più specificatamente la possibilità di una “reazione” contro la comunità cristiana della Striscia. “Non si sarebbe nemmeno da stupirsene visto il modus operandi osservato altrove”, afferma il parroco. “Tanti argomenti – prosegue ancora la lettera firmata da padre Jorge Hernandez, dell’Istituto del Verbo Incarnato – che rendono ammirevole la rassegnazione delle persone. Questa non è la prima e non sarà l’ultima volta. Confidando solo nelle mani di Dio”.
Intanto, al nono giorno dell’offensiva israeliana, sale incredibilimente il bilancio dei mori. 205 sono finora le vittime dei bombardamenti: questa notta nuovi raidhanno ucciso almeno 5 persone e colpito le abitazioni di tre leader di Hamas.
Come due giorni fa, con l’espediente dei volantini, anche oggi alle 7 del mattino l’esercito israeliano ha chiesto a circa 100mila civili di lasciare le proprie case nel nord e nell’est della Striscia, vicino al confine con Israele. Secondo fonti militari, messaggi vocali sono stati diffusi in particolare per il quartiere orientale di Shuja’iyya: i residenti sono stati chiamati ad “evacuare nell’interesse della loro sicurezza”.