"L'incontro del Papa con le vittime di abusi non è stata una trovata pubblicitaria"

Padre Hans Zollner, membro della Commissione per la Protezione dei Minori, ribadisce che la Chiesa farà tutto il possibile per garantire la sicurezza dei bambini che sono “il dono più prezioso”

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Padre Hans Zollner è un gesuita, membro della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori istituita a marzo da Papa Francesco, nonché presidente del comitato direttivo del Centro per la Protezione dell’Infanzia dell’Istituto di Psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana. L’intervista di seguito segue quella pubblicata ieri, lunedì 14 luglio 2014.

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Alcune critiche lanciate di recente dai media hanno definito l’incontro del Papa con le vittime di abusi a Santa Marta una “trovata pubblicitaria”. Cosa risponde a questo?

Credo che sia esattamente il contrario di una trovata pubblicitaria. Prima di tutto, se lo fosse, il Vaticano avrebbe potuto fare molto di più per pubblicizzarlo, per presentare le persone ecc. ecc. Anzi, l’incontro è stato organizzato in modo del tutto privato per poter creare un clima di ascolto e di attenzione, specialmente per il bene delle vittime che non volevano essere menzionate e nominate.

In secondo luogo, sono stato presente come traduttore a due degli incontri del Santo Padre con due di queste persone. Ho iniziato ad accompagnare due delle vittime prima del loro arrivo a Roma, in particolare uno, con cui avevo parlato al telefono più volte in precedenza, ho avuto delle lunghe conversazioni. L’ho incontrato quando è arrivato qui, e abbiamo parlato di quello che stava per accadere. E’ bellissimo aver sentito dire dopo: “Questo incontro ha trasformato il mio cuore, e adesso sono fiducioso che il mio cammino possa continuare. Non mi sento più solo […] Ero solo nell’abisso della mia solitudine e sofferenza, ma ora ho incontrato qualcuno che guarda con me, insieme a me, in questo abisso. Questo mancava, questo non è stato offerto dalla mia diocesi”.

Ho avvertito il coinvolgimento emotivo della persona, le lacrime … beh, è stato molto commovente e il fatto di essere stato chiamato ad essere presente lì e di dare testimonianza, è stato un grande dono a me. Anche se solo sei persone sono state invitate – “nulla” di fronte al gran numero che avrebbe desiderato incontrare il Santo Padre – so che questo è stato un enorme segno di speranza per molte vittime che hanno letto l’omelia e per chi ha saputo che il Santo Padre ha voluto incontrare personalmente delle vittime di abusi. Parlando dell’impatto dell’incontro, un altro sopravvissuto inglese ha parlato di una “esperienza straordinaria” e della “trasformazione che ha avvertito in se stesso”. Inoltre, ho ricevuto questa mattina una email da una vittima della Germania, che non era presente ma che ha letto l’omelia del Santo Padre e ha scritto: “Ho cercato questo per decenni, ora ho trovato un po’ di pace, non mi sento più sola nella mia Chiesa.” E se tutto questo è stato raggiunto attraverso un solo incontro, mi sembra tantissimo! Significa tantissimo per tutti coloro che vogliono entrare in questa dinamica di guarigione e riconciliazione. L’altra persona che ho accompagnato mi ha detto: “Non è finito tutto qui. Non riesco ancora a pregare, non sono ancora nuovamente un membro della Chiesa, ma forse un giorno sarà possibile grazie a questo incontro qui perché voglio essere parte di coloro che credono e che veramente sentono di essere amati e redenti da Gesù Cristo.”

Cosa risponde a chi domanda perché non ci fosse nemmeno una vittima degli Stati Uniti?  

Non sono stato coinvolto nel processo decisionale riguardo ai paesi di provenienza delle vittime. Credo che almeno in parte era dovuto a motivi logistici. Se hai persone provenienti dall’Europa, possono venire molto più facilmente. Inoltre, c’è stato un incontro con le vittime degli abusi negli Stati Uniti nel 2008, quando papa Benedetto era lì, organizzato allora dal cardinale O’Malley.

Qual è il modo migliore per prevenire gli abusi in futuro?

La cosa migliore sarebbe che proprio non ci fossero più casi di abuso. Ma questo non accadrà. Ci saranno sempre abusi: abusi sessuali, abusi emozionali e abusi fisici. Ci saranno sempre, purtroppo. Non esiste un mondo dove questo scomparirà una volta per tutte. Sarebbe sciocco pensare di poter fermare una volta per sempre il male che l’uomo è capace di fare. Questo non è dato a nessuno in questo mondo. Non è possibile per il Papa, per la Chiesa, né per il Presidente degli Stati Uniti… Non è nel nostro potere. La natura umana può produrre il bene e il male, e questo è qualcosa su cui riflettere quando formuliamo aspettative su ciò che la Chiesa dovrebbe fare per cancellare questo male una volta per tutte. Ciò che possiamo fare, e ciò che dovremmo fare, e su cui dobbiamo mettere molta più enfasi, sia all’interno della Chiesa che nelle organizzazioni con le quali lavoriamo, è fare il più possibile per evitare che tali crimini avvengano. 

Ad esempio, potrebbe illustrare delle misure che contribuirebbero a combattere il problema degli abusi?

Innanzitutto la selezione dei candidati al sacerdozio e alla vita consacrata. Poi, il programma di formazione, tutti i settori collegati alla maturità psico-affettiva, alla sessualità, alla vita di celibato che dovrebbe essere vissuta in un modo costruttivo, corretto aperto a tutto ciò che è legato alle relazioni. Nei seminari negli Stati Uniti si trova generalmente una discreta consapevolezza di questa dimensione, ma non è così in varie parti del mondo. La Chiesa, nel corso degli anni, ha fatto molto per affrontare queste problematiche. Ha sviluppato un atteggiamento molto più attivo nella creazione di norme che regolino l’ammissione al seminario e la selezione dei candidati.

La Chiesa può sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di proteggere i bambini nella società in generale. Pensi che, secondo una statistica del governo a partire dal 2007, nella sola India 200 milioni di giovani sono stati abusati sessualmente. La Chiesa, quindi, può essere uno strumento unico per sensibilizzare il mondo a proteggere i bambini che sono il dono più prezioso dell’umanità. Ovunque c’è bisogno di intervenire per proteggere i bambini, dobbiamo avere la coscienza e il coraggio di farlo.

Quindi ciò che facciamo qui nel nostro Centro per la Protezione dell’Infanzia è metterci in contatto con le persone provenienti dalle varie diocesi del mondo per capire come sensibilizzare le persone, come aiutarli a sviluppare il coraggio di agire in modo appropriato quando vedono che un bambino è un po’ disturbato o si comporta in modo strano, o quando vedono che gli adulti, siano essi sacerdoti, o leader di gruppi scout, allenatori di calcio o chiunque, agiscono in maniera scorretta verso i minori, e anche verso gli stessi adulti.

Quindi penso che tutto ciò sia davvero un’opportunità di ‘venire ai patti’ con qualcosa che è stato trascurato negli ultimi decenni, cioè che tutti siamo chiamati a fare la nostra parte per la salvaguardia dei bambini e dei minori. Questo è un altro settore in cui la Chiesa come tale, può diventare un modello – come già avviene in alcuni paesi, collaborando con le ONG e con le istituzioni statali. Ho viaggiato in un certo numero di paesi dei quattro continenti, e in alcuni di questi, come Kenya o India, la Chiesa è un segno di speranza nella battaglia per la sicurezza per i bambini e per le donne.

Vediamo che persone provenienti da tutto il mondo e da diversi livelli di istituzioni e ministeri degli Stati si mettono in contatto con noi. Vogliono che noi impariamo da loro, ma a volte sono loro a chiederci di aiutarli ad affrontare, ad esempio, la situazione di un autore di abusi che continua ad insegnare in una scuola pubblica. In alcune aree del mondo, i governi non hanno le misure di trattamento o la prevenzione.

E per quanto riguarda i trasgressori, come dovrebbero essere disciplinati?

Credo che la Chiesa d
ebba rendere ancora più chiara la sua “tolleranza zero” verso abusi e tutto ciò ad essi connesso. Allo stesso tempo, si deve tener conto che non esiste un solo tipo di reato, e sono diversi i tipi di trasgressori e i livelli di reati e crimini che pertanto devono essere trattati di conseguenza. Ciò presenta una notevole complicazione. Da un lato ci sono le misure canoniche, e molto spesso il reato porta alle dimissioni dal ministero sacerdotale o episcopale. Per le congregazioni e ordini religiosi, vi è un’ulteriore questione perché se si dispongono le dimissioni di un religioso dal sacerdozio, egli non viene espulso automaticamente dalla sua comunità o dalla congregazione del suo ordine.

C’è anche un buon numero di ex sacerdoti che si sono poi sposati, ma che hanno continuato a commettere abusi, nonostante il trattamento ricevuto. Questa è la domanda pressante: come possiamo, come Chiesa e società, tenere ancor più sotto controllo i colpevoli, soprattutto quelli più deviati? Questi, alcuni dei quali hanno abusato di decine di persone, devono essere rigorosamente sorvegliati, per garantire che non compiano altri crimini. Un ex sacerdote senza alcun controllo sociale può essere una grande minaccia per i giovani. La Chiesa e la società non hanno ancora soluzioni per i trasgressori che, anche dopo un trattamento accurato, è probabile che commettano altri abusi. Lo strumento più efficace per prevenire reati recidivi è la creazione di follow-up a lungo termine, incluso un gruppo di controllo.

Crede che Papa Francesco incontrerà le vittime di nuovo? E crede che con le sue azioni, il Santo Padre sarà in grado di cambiare finalmente le opinioni di coloro che ricorderanno sempre la Chiesa in un senso di “ferita”?

Sono sicuro che Papa Francesco incontrerà ancora altre vittime. Sono anche sicuro che, qualunque cosa faccia, qualunque cosa dica, qualunque sia la Chiesa si presenta con e lo fa, saprà convincere le persone che la Chiesa fa tutto quello che può. Tuttavia ci saranno sempre gli insoddisfatti, un gruppo di persone arrabbiate con la Chiesa, che sono per lo più vittime / sopravvissuti. Dobbiamo renderci conto che queste persone non saranno mai soddisfatti di tutto ciò che la Chiesa fa, perché sono stati feriti così profondamente che considereranno qualsiasi azione del Santo Padre sempre troppo poco o una “trovata da pubbliche relazioni”. Mi sento impotente di fronte a questo, perché qualunque cosa si faccia è quasi sempre insufficiente. Quindi, la domanda spesso è: “Allora, cosa dovremmo fare?”.

D’altra parte, mi accorgo che il vento sta cambiando tra alcune persone, anche giornalisti, che si rendono conto che la Chiesa sta veramente cercando di portare ad un cambiamento. Anche se ci sono parei contrari – come le audizioni delle Nazioni Unite alla Santa Sede a gennaio e maggio di quest’anno – noi continueremo a combattere gli abusi dentro e fuori la Chiesa, non c’è dubbio. Tutto ciò che potremo fare per un mondo più sicuro lo faremo, per loro, i bambini, che sono un dono prezioso, e come dice Gesù: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 18, 10). Questa è la nostra missione.

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Deborah Castellano Lubov

Deborah Castellano Lubov is Senior Vatican Correspondent for Zenit and its English edition. Author of 'The Other Francis,' now published in five languages, she gave a personal, in-depth look at the Holy Father, through interviews with those closest to him and collaborating with him, featuring the preface of Vatican Secretary of State, Cardinal Pietro Parolin. Lubov often covers the Pope's trips abroad, and often from the Papal Flight, where she has also asked him questions on the return-flight press conference on behalf of the English-speaking press present. Deborah Castellano Lubov, who also serves as NBC Vatican Analyst and collaborator, also has done much TV & radio commentary, including for NBC, Sky, EWTN, BBC, Vatican Radio, AP, Reuters and more. She also has written for various Catholic publications.

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