Dopo cinque giorni di incessanti raid aerei e bombardamenti, Israele prosegue l’operazione militare “Protective Edge” contro Hamas, che continua a lanciare razzi sulle città israeliane. A partire dalle 21 di sabato sera gli attacchi sono diventati sempre più violenti: gli F16 lanciavano sopra le case di Gaza missili, colpi di mortaio e razzi che hanno sfiorato anche l’hotel dove risiede la stampa internazionale.
Mentre veniva annunciata un’offensiva via terra – “breve e temporanea”, con forze in campo limitate -, l’aviazione israeliana ha lanciato questa mattina, nella zona di Beit Lahia, estremità nord della Striscia, dei volantini in cui avvisava gli abitanti di evacuare le proprie case prima di mezzogiorno. “Chiunque trascuri le istruzioni dell’esercito metterà la vita di se stesso e della sua famiglia a rischio. Attenzione”, si leggeva sui biglietti.
Dopo i ripetuti moniti, quindi, Israele ha iniziato a dirigere un fuoco di artiglieria su quell’area, utilizzata secondo l’esercito come zona di lancio di razzi a lunga gittata. Già in mattinata si era verificato un primo attacco della fanteria in una spiagga di Gaza: una sorta di prova generale andata “a buon fine”, secondo quanto riferito da un portavoce dell’esercito israeliano. “I membri di un commando sono stati attaccati e hanno risposto – ha detto – quattro soldati sono stati leggermente feriti”.
“Non sappiamo quando l’operazione terminerà, potrà richiedere lungo tempo”, ha dichiarato invece il primo ministro Benyamin Netanyahu che – citato dai media – ha aggiunto: “Continueremo ad operare con forza in modo da riportare la quiete”.
Allarmate dai volantini, intere famiglie, su auto o mezzi di fortuna, si sono spostate stamane verso Gaza City, dove la Scuola delle Nazioni Unite darà a tutti un rifugio. Beit Lahya e altre località come a-Atatra e Salatin appaiono adesso ‘agglomerati fantasma’. L’Ansa e altre fonti locali riferiscono che migliaia di abitanti – secondo alcune stime 20 mila persone – hanno abbandonato a precipizio le loro abitazioni, nella speranza di non essere colpiti da Israele. Alcune sono partite senza alcun bagaglio, molte non hanno potuto nemmeno consumare, la scorsa notte, il pasto rituale del Ramadan e di conseguenza sono ancora a digiuno.
Israele aveva avvertito della necessità di abbandonare quei rioni perché da là sarebbero stati sparati i razzi di Hamas a lunga gittata capaci di colpire non solo Tel Aviv e Gerusalemme ma anche Haifa. Infatti, pochi minuti fa a Tel Aviv sono risuonate le sirene d’allarme, dopo due forti esplosioni, probabilmente legate ai due i razzi intercettati sull’area metropolitana. Allarme anche nel Nord di Israele e in altre città come Naharya (al confine col Libano), Haifa e Hadera. La televisione di Hamas sostiene che il suo braccio armato ha sparato simultaneamente da Gaza razzi M 75 verso Tel Aviv e un razzo R 160 in direzione di Haifa. In Israele non si ha per ora notizia di vittime.
Dall’inizio del bombardamento sulla Striscia, si contano circa 170 palestinesi uccisi a Gaza (tra cui anche 23 bambini, secondo l’agenzia palestinese al-Ray) e oltre 1000 persone rimaste ferite. Tra la notte scorsa e la giornata di oggi sono morte almeno altre 45 persone, gli ultimi tra questi sono 15 palestinesi uccisi da un raid contro la casa del capo della polizia di Gaza. Poco prima, una serie di attacchi sulla capitale, a nord della Striscia, aveva provocato otto vittime e altre sei vite umane erano state portate via da un razzo sparato da un drone israeliano verso un capannello nel rione Sheikh Radwan di Gaza. Tra loro anche due nipoti dell’ex premier di Hamas, Ismail Haniyeh, capo dell’ala pragmatica dell’organizzazione.
Una tragedia si è poi consumata la notte scorsa, quando, secondo fonti palestinesi, oltre 16 persone sono morte sotto gli attacchi israeliani. L’agenzia di stampa palestinese Quds Press ha parlato di “orrore” a Beit Lahiya, dove l’aviazione avrebbe centrato un ricovero per piccoli disabili, provocando la morte di tre bambini e diversi feriti tra le infermiere.
Una strage senza limiti. La diplomazia internazionale invoca un cessate il fuoco, ma una tregua sembra per ora totalmente lontana. Come già il presidente Barack Obama, il segretario di Stato John Kerry ha ribadito, in un colloquio telefonico con il premier israeliano Benyamin Netanyahu, che gli Stati Uniti sono pronti ad aiutare per raggiungere una tregua a Gaza.
Dal canto suo, il presidente palestinese Abu Mazen ha spedito una lettera all’inviato Onu per il Medio Oriente, indirizzata al segretario generale Ban Ki Moon, per chiedere che “lo Stato di Palestina sia messo sotto il sistema internazionale di protezione delle Nazioni Unite”. Intanto, è atteso per domani il “quartetto” di negoziatori con l’Iran (Germania, Gran Bretagna, Francia e Usa) che dedicherà un incontro parallelo al previsto meeting di Vienna sul nucleare proprio alla necessità di una tregua immediata in Medio Oriente.