Il Meeting torna a Rimini: dopo la presentazione dello scorso 1° luglio a Roma, è stato il turno della città che lo ha visto nascere e in cui da 34 anni si svolge l’evento. Tante le autorità locali presenti, civili, militari e religiose, che hanno espresso il loro attaccamento e riconoscenza per una manifestazione che si sente come propria ma di cui si riconosce la portata straordinaria, che supera i confini della cittadina romagnola. Siria, Francia, Argentina, Kenya, Stati Uniti, Pakistan, sono solo alcuni dei Paesi, menzionati in un breve video di presentazione, che saranno protagonisti dell’edizione di quest’anno.
Il Meeting torna a Rimini, quindi, ma va verso i confini della terra, verso le periferie del mondo. Per questo dopo Francesca Fabbri Fellini, nipote del regista riminese, alla presentazione è intervenuto Wael Farouq, professore di Lingua e Cultura araba all’Università Americana del Cairo, musulmano e da anni talmente amico della manifestazione da esportarla sulle rive del Nilo.
Per questo accade che persone provenienti da culture e storie diversissime parlino dello stesso bisogno di trovare un significato, oggi, nella realtà complessa in cui viviamo. Parafrasando la celebre frase del film La Strada, a cui verrà dedicato lo spettacolo inaugurale dei 60 anni dell’uscita della pellicola, Francesca Fabbri Fellini ha sottolineato che oggi bisogna ripetere ai giovani che “il fatto che ci siano ha un senso, che l’esistenza non è mai per caso. Bisogna solo trovare un proprio percorso”.
Parole a cui ha fatto eco il pensiero della presidente del Meeting, Emilia Guarnieri, che ha ricordato: “Viviamo in un mondo dove tutto è periferia, carico di una domanda di senso. Il Meeting si muoverà in quest’orizzonte: tante storie, tante emergenze, la violenza, l’immigrazione. Che cosa abbiamo da porre di fronte a questi drammi? L’unica speranza è che ci siano uomini disposti a rimettere in campo la propria umanità”.
Un esempio concreto di cosa significhi mettere in campo la propria umanità viene da due ragazzi universitari che accompagnano il professor Farouq. Sono di origine egiziana, nati e cresciuti in Italia, fanno parte di un gruppo chiamato SWAP (Share With All People) sorto all’interno dell’Università Cattolica di Milano proprio attorno a Farouq, docente dell’ateneo da due anni. SWAP riunisce sia copti cattolici che musulmani, che hanno scoperto come l’approfondire la propria origine non sia in contraddizione con una sincera amicizia con chi è diverso da sè.
Nella settimana del Meeting, i due giovani presenteranno una mostra dal titolo Egitto, quando i valori prendono vita, che, partendo dagli episodi che negli ultimi anni hanno fortemente scosso il loro Paese d’origine, pone al centro “non la storia dei libri ma le storie delle persone”. Persone che si sono spese, a volte arrivando a dare la propria vita per la libertà; “persone che hanno costruito qualcosa, ma che hanno cambiato qualcosa anche in noi”, come hanno detto i due giovani.
“Lo spirito di questi ragazzi non vi è estraneo”, ha commentato il professor Farouq, “mettere l’uomo al centro e il vedere la realtà come qualcosa di interessante. Loro rappresentano una nuova forma della stessa verità”. E tale prospettiva diventa una speranza non solo per l’Italia, ma per tutto il mondo occidentale, dove prevale spesso lo stereotipo nel rapporto con chi è diverso.
“C’è solo una cosa più pericolosa dello stereotipo”, ha aggiunto Farouq, “ed è il dialogo tra stereotipi. Il Meeting è l’unica via d’uscita a questa finzione”. “Un dialogo tra stereotipi è un dialogo dove sotto le parole si perde qualsiasi consistenza”, ha ripreso il professor Andrea Simoncini, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Firenze e anche lui tra i relatori della presentazione.
Proprio la perdita del significato di alcune parole decisive sarà al centro di un incontro che Simoncini terrà insieme al professore ebreo Joseph H. H. Weiler, presidente dell’Istituto Universitario Europeo e anche lui da tanti anni presente a Rimini. “È come se oggi le parole avessero perso il loro valore di indicare l’esperienza”, ha detto Simoncini, “in modo particolare la parola libertà. Questa oggi è sinonimo di assenza di legami, è il non dover dipendere da nessuno. Ma ciò contrasta con un dato fondamentale: l’uomo per sua natura dipende”.
Insomma, l’edizione 2014 del Meeting di Rimini sceglie di ripartire in modo ancora più netto delle scorse edizioni dalle grandi contraddizioni del nostro tempo, per verificare realmente quanto “il cuore abbia davvero un potere”, come ha detto in chiusura la Guarnieri. “Non stiamo parlando di favole – ha concluso – la storia ce lo testimonia, l’Europa è nata così, da persone che si erano combattute fino a quel momento e che hanno messo insieme il comune desiderio di pace e unità”.
E anche il Meeting è nato così. Ma non è solo un fatto del passato: i ragazzi di SWAP sono una testimonianza fresca e sincera di come questo desiderio possa manifestarsi ancora oggi, nei modi più diversi e impensati, parlando però sempre della stessa verità.