Hanno approfittato dell’assenza dei loro rapitori, si sono fatte coraggio e sono riuscite a fuggire dalle loro grinfie. E’ accaduto a 63 ragazze sulle 68 sequestrate a giugno dai terroristi di Boko Haram in Nigeria. Le giovani hanno trovato la libertà mentre i loro rapitori erano impegnati ad attaccare, lo scorso 4 luglio, una base militare vicino a Damboa, provocando almeno 50 morti.
Il sequestro delle 68 donne era avvenuto il 24 giugno nel villaggio di Kummabza, nello Stato di Borno, a nordest della Nigeria. Sempre in quella zona, più precisamente nei pressi del villaggio di Chibok, gli estremisti di Boko Haram avevano già rapito ad aprile circa 200 giovani studentesse.
A confermare la notizia della fuga, alcune fonti locali e un poliziotto, il quale ha dichiarato all’agenzia France-Presse: “I colleghi di Damboa mi hanno avvertito che 63 delle 68 donne rapite sono riuscite a tornare a casa. Hanno compiuto questo gesto coraggioso mentre i loro rapitori erano assenti e impegnati in un attacco”.
Non è la prima volta che delle prigioniere sfuggono dalla setta islamista. Un primo caso si era verificato proprio all’interno del gruppo di studentesse: rapite in 276, 53 di loro sono riuscite a scappare saltando giù dai camion o approfittando delle soste dei terroristi.
Oltre all’emergenza rapimenti c’è un’altra problematica che allarma l’universo femminile in Nigeria, sempre a causa di Boko Haram: sono le oltre 2000 donne che hanno perso il marito, la maggior parte a causa delle violenze della setta islamista, abbandonate, disoccupate, relegate ai margini della società e della loro stessa famiglia.
Per loro è stato presentato un programma diocesano di aiuto e assistenza. “Le vedove soffrono terribilmente per la perdita del marito, sono emarginate, la maggior parte dei familiari le allontana, lasciandole a loro stesse. Abbiamo un obbligo di prenderci cura dei poveri e dei bisognosi” ha spiegato a Fides mons. Oliver Dashe Doeme, vescovo di Maiduguri, nell’illustrare l’iniziativa.
Dopo un primo aiuto d’emergenza, il programma prevede di rendere le donne autosufficienti aiutandole a creare una piccola attività commerciale. “Il nostro principale obiettivo è quello di aiutarle a prendersi cura dei loro figli”, ha affermato il vescovo, “la maggior parte di queste donne sono lasciate senza lavoro con sei, sette, dieci bambini da mantenere”.
Le donne al quale il programma è esteso provengono oltre che dallo Stato di Borno, anche da quello di Yobe e da parte di quello di Adamawa, le aree più colpite dalle azioni di Boko Haram.