Anche durante l’odierna visita pastorale in Molise, è arrivato il momento di papa Francesco e dei giovani. Con i messaggi controcorrente del Santo Padre, così ‘scomodi’ per la mentalità dominante, vere e proprie bombe a orologeria contro tutti gli stereotipi che tendono a imbalsamare la cultura giovanile contemporanea.
Lasciata Campobasso, nel primo pomeriggio il Santo Padre si è recato in elicottero a Castelpetroso, accolto dal sindaco, Fabio D’Uva. Subito dopo si è recato in automobile presso il locale santuario, dove ha ricevuto il saluto di monsignor Pietro Santoro, vescovo di Avezzano e delegato per la pastorale giovanile.
Ad ascoltare il Pontefice, migliaia di giovani, giunti dal Molise e dall’Abruzzo: a loro nome ha salutato il Papa, Sara Messere. “Oggi ci sentiamo accolti da lei – ha detto la ragazza – con la gioia umile e trepidante di chi è consapevole di ricevere un grande dono: quello della sua paternità, quello della sua parola”.
Accennando al problema della disoccupazione e del mancato sviluppo della propria regione, la giovane ha dichiarato: “vorremmo davvero che i sogni di santità, di famiglia, di lavoro, si realizzassero qui, in questi luoghi dove i nostri nonni hanno sudato lacrime e sangue. Ci aiuti – ha proseguito, rivolta al Santo Padre – ad essere fieri ed orgogliosi delle nostre semplici origini, ad essere giusti e forti”.
Ringraziando i giovani presenti e la loro portavoce, per “l’entusiasmo e il clima di festa” con cui hanno accolto il suo arrivo, Francesco ha raccomandato loro di essere “aperti alla speranza e desiderosi di pienezza”, dando significato al loro futuro e scegliendo per se stessi un “cammino adatto” che possa portare alla “serenità” e alla “realizzazione umana”.
Ogni giovane, ha proseguito il Papa, è “alla ricerca di ciò che veramente conta, che rimane stabile nel tempo ed è definitivo” e di “risposte che illuminino la vostra mente e scaldino il vostro cuore non soltanto per lo spazio di un mattino o per un breve tratto di strada, ma per sempre”.
Dall’altro lato, però, ha detto rivolto ai giovani, “provate il forte timore di sbagliare, la paura di coinvolgervi troppo nelle cose, la tentazione di lasciare sempre aperta una piccola via di fuga, che all’occorrenza possa aprire sempre nuovi scenari e possibilità”.
La “cultura del provvisorio”, frutto dei modelli culturali contemporanei, non offre alcun “clima favorevole alla formazione di scelte di vita stabili con legami solidi, costruiti sulla roccia dell’amore e della responsabilità piuttosto che sulla sabbia dell’emozione”.
Molti aspirano così tanto alla propria “autonomia individuale” da “mettere sempre tutto in discussione”, al punto di “spezzare con relativa facilità scelte importanti e lungamente ponderate, percorsi di vita liberamente intrapresi con impegno e dedizione”.
Questo atteggiamento “alimenta la superficialità nell’assunzione delle responsabilità, poiché nel profondo dell’animo esse rischiano di venir considerate come qualcosa di cui ci si possa comunque liberare”.
Tuttavia, il cuore umano “aspira a cose grandi”, ha osservato Bergoglio, “a valori importanti, ad amicizie profonde, a legami che si irrobustiscono nelle prove della vita anziché spezzarsi. L’essere umano aspira ad amare e ad essere amato, definitivamente”.
Tutte mete ed ideali che vengono vanificati dalla cultura del provvisorio, la quale, non solo “non esalta la nostra libertà, ma ci priva del nostro vero destino” , rendendo “la mente buia” e “il cuore freddo”.
Il Santo Padre ha quindi esortato: “Non accontentatevi di piccole mete! Aspirate alla felicità, abbiatene il coraggio, il coraggio di uscire da voi stessi e di giocare in pienezza il vostro futuro insieme a Gesù”.
Infatti, anche qualora trovassimo la via giusta, “da soli non possiamo farcela”: è necessaria la presenza di Gesù Cristo, affinché ci aiuti a “perseverare”, ad “affrontare le salite e gli ostacoli imprevisti” ma inevitabili “di fronte alla pressione degli eventi e delle mode”.
Gesù Cristo, ha detto il Papa, è “nostro difensore”, “fratello maggiore” e “nostro unico giudice”. Egli “non toglie autonomia o libertà” ma, al contrario, “irrobustendo la nostra fragilità, ci permette di essere veramente liberi, liberi di fare il bene, forti di continuare a farlo, capaci di perdonare e capaci di chiedere perdono”.
Cancellando e dimenticando il nostro peccato, Dio “non si stanca di perdonare” e ci esorta a gettare nuovamente le reti “per una pesca sorprendente e abbondante” che può dare “coraggio e speranza anche nell’affrontare le difficoltà derivanti dagli effetti della crisi economica”. Le difficoltà e i problemi non vanno mai ignorati ma, se ci si affida a Dio, sono sempre “provvisori e superabili”.
Tornando sul tema della disoccupazione, Francesco ha espresso la propria tristezza di fronte all’attuale generazione di ragazzi, da lui definita “né-né”, ovvero senza “né studio, né lavoro”.
Si tratta di “una sfida che comunitariamente dobbiamo vincere”, senza rassegnarci a “perdere un’intera generazione senza la dignità del lavoro”. In tal senso i giovani hanno dalla loro parte tre grandi risorse: il “coraggio”, la “speranza” e la “capacità di essere solidali”, laddove la “solidarietà”, considerata da alcuni una “parolaccia”, è in realtà una parola autenticamente “cristiana”.
Il Santo Padre ha poi evocato l’apparizione che diede vita al santuario di Castelpetroso: nel 1888 due “ragazze di questa terra”, Fabiana e Serafina ebbero una visione della Madre di Dio mentre lavoravano nei campi: “Maria ci soccorre sempre: quando lavoriamo e quando siamo in cerca di lavoro, quando abbiamo le idee chiare e quando siamo confusi, quando la preghiera sgorga spontanea e quando il cuore è arido”, ha quindi concluso, invocando l’intercessione mariana.