Aprirà domani, sabato 5 luglio, alle porte di Milano, a Magenta, un nuovo centro di accoglienza per fare fronte all’emergenza profughi. La Fondazione della Diocesi di Milano “La Vincenziana” ha messo a disposizione nei giorni scorsi l’ex pensionato Sant’Ambrogio di sua proprietà a Magenta, in via Carlo Casati 52. Caritas Ambrosiana è prontamente intervenuta per allestire opportunamente la struttura e metterla nelle condizioni di essere operativa, facendosi carico dell’investimento economico, insieme con la Cooperativa Intrecci. Il nuovo centro potrà accogliere 100 profughi.
Nel frattempo continua la ricerca di spazi – presso strutture della diocesi – e soprattutto di persone competenti nel gestire l’accoglienza. All’appello ultimo in ordine di tempo ha già risposto don Flavio Riva, parroco a Cesano Maderno, che ha offerto l’ex oratorio femminile e un appartamento, dove possono essere ospitati 15, 20 profughi.
Anche la parrocchia SS. Redentore di Milano (via Pierluigi da Palestrina) ha messo a disposizione una struttura. E altre disponibilità stanno arrivando.
L’ex pensionato Sant’Ambrogio non è l’unica struttura della chiesa milanese attivata per questa emergenza. Si aggiunge infatti a casa Suraya (100 posti), aperta a Milano in via padre Carlo Salerio 51 a maggio e inaugurata il 20 giugno. In questo caso sono state le Suore della Riparazione, proprietarie della struttura, ad offrire i locali a Caritas Ambrosiana ed è stata la Cooperativa Farsi Prossimo con fondi propri a ristrutturare questa porzione di edificio e a gestire quotidianamente l’accoglienza con proprio personale.
Dall’inizio dell’emergenza siriani Caritas Ambrosiana, espressione dell’azione caritativa della Diocesi di Milano, collabora con le Istituzioni.
A Milano, la cooperativa di Caritas Ambrosiana “Farsi Prossimo”, in virtù di una convezione con la Prefettura e il Comune di Milano ha gestito con proprio personale dal mese di ottobre 2013 l’accoglienza, prima nel centro di via Novara (100 posti) e poi quando questa struttura è stata chiusa per essere destinata ad altri ospiti, nell’ex scuola comunale di via Fratelli Zoia (quest’ultimo centro è stato recentemente riaperto con 150 posti) e da maggio, appunto, casa Suraya.
Fuori Milano, nella Zona Pastorale di Lecco, sono stati messi a disposizione per i profughi 37 posti: 20 in un’ex casa per sacerdoti, gestita dalla cooperativa Arcobaleno, a Lecco e 17 nel centro missionario COE a Barzio. Inoltre i volontari Caritas e San Vincenzo fornisco beni e servizi ai profughi collocati dalla Prefettura negli alberghi (28 persone).
Caritas Ambrosiana – come altri soggetti di espressione ecclesiale e laica – inoltre continua a fornire interventi di prima assistenza in questa prolungata emergenza, con raccolte viveri, indumenti e medicinali.
Occorre non dimenticare le emergenze degli anni scorsi che Caritas ambrosiana continua a gestire, così come l’accoglienza dei profughi di altre nazionalità (pakistani, eritrei, somali, afgani, nigeriani, ivoriani) che continuano ad arrivare sul nostro territorio. Ad esempio, attraverso la Cooperativa Farsi Prossimo, vengono gestiti 400 posti nei centri polifunzionali del Comune di Milano, altri 214 del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati costituito dalla rete degli enti locali (69 posti a Milano, 25 nella zona di Lecco, 120 tra le province di Varese e Milano) in case di proprietà della Diocesi.
«La pressione di questi giorni per l’ennesimo arrivo in Stazione Centrale di profughi siriani può avere spinto i rappresentanti del Comune di Milano a qualche battuta infelice e fuori luogo – osserva don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana -. Evitiamo polemiche sterili e strumentali sulla pelle dei poveri. Riconosciamo che, in questa circostanza, il Comune non è stato sufficientemente supportato dalle Istituzioni centrali: ancora non si vuole riconoscere che i flussi di siriani che si riversano sulla scalo ferroviario milanese sono un’emergenza, e come tale andrebbe trattata da tutti i soggetti istituzionali, predisponendo un sistema di accoglienza che coinvolga un territorio ben più ampio di quello cittadino».
«Tuttavia, la soluzione non può essere quella di aprire le chiese – prosegue don Davanzo -. Quello è un appello retorico che non porterebbe alcun beneficio ai profughi. Certo in chiesa avrebbero un tetto e poi? I bagni? La mensa? I letti? Le attrezzature? Il personale? I mediatori culturali, operatori, volontari che siano in grado di gestire la situazione? Stiamo facendo molto e faremo ancora di più. Ma non è solo una questione di spazi. L’aspetto più impegnativo è legato alle persone che devono gestire l’accoglienza, quotidianamente, in modo dignitoso. Sono oltre 3 mila i profughi che direttamente e ogni giorno abbiamo assistito in questi tre mesi in strutture nostre e del Comune. La fatica e l’angoscia che leggiamo negli occhi dei siriani che arrivano alla Stazione Centrale ci spingono solo a chinare la testa e a darci da fare. Non è questo il momento della polemica, lavoriamo per trovare soluzioni. E non dimentichiamo che come Caritas e Chiesa siamo attivi per una infinità di situazioni, dai minori, alle prostitute, dai senza fissa dimora agli anziani soli».