Nel parlamento giapponese un appello contro la pena di morte

Una iniziativa di Sant’Egidio e dell’Unione europea in Giappone

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Appello contro la pena di morte nel cuore del potere legislativo giapponese. Un convegno sul tema “Non c’è giustizia senza vita” si è tenuto oggi presso la Camera dei rappresentanti di Tokyo alla presenza di parlamentari, diplomatici, avvocati, personalità della cultura, esponenti della società civile. Tra gli oratori, Mario Marazziti, presidente del Comitato per i Diritti umani della Camera dei Deputati e membro della Comunità di Sant’Egidio, e Alberto Quattrucci, di “Città per la vita”, il movimento della Comunità di Sant’Egidio che raccoglie oltre 1600 città in tutto il mondo impegnate per la giustizia e contro la pena capitale.

Dopo una moratoria di venti mesi, nel marzo 2012 il Giappone ha ripreso le esecuzioni capitali, e da allora sono state eseguite dodici sentenze per impiccagione. Attualmente i detenuti nel braccio della morte sono 132, uno dei quali, Hakamada Iwao, è in isolamento da ben 45 anni in seguito ad una condanna basata su una confessione poi ritrattata, estorta dopo venti giorni di interrogatorio senza avvocato.   

Al convegno presso il parlamento di Tokyo ha parlato anche il presidente dell’Associazione parlamentare giapponese contro la pena di morte Shizuka Kamei. Ai partecipanti è stato illustrato l’appello congiunto di 42 ministri degli esteri europei per l’abolizione della pena di morte, “contrari alla sua applicazione in qualsiasi circostanza e in qualsiasi parte del mondo”.

Nel suo intervento, Mario Marazziti ha ricordato che la pena di morte non è un tratto identitario del Giappone, dove fu abolita nell’818 dall’imperatore Saga, quanto in Europa, in pieno Medioevo, era praticata comunemente. “Ancora oggi – ha proseguito – non c’è alcun rapporto fra il numero di detenuti nel braccio della morte o il numero delle sentenze eseguite e il numero di vittime di omicidi volontari”.

Con un tasso di omicidi pari allo 0,83 per centomila abitanti (sono 4,8 negli Stati Uniti), il Giappone si pone ad un livello di sicurezza invidiabile, eppure sono ben 18 i reati per cui è prevista la condanna capitale, il nuovo codice penale non favorisce l’appello e la sentenza è valida anche se manca l’unanimità dei giudici. “Come in altri paesi del mondo, l’esistenza della pena di morte non ha nulla a che vedere con il tasso di criminalità, la sicurezza dei cittadini e il risarcimento delle famiglie delle vittime”.

L’impegno del movimento “Città per la vita” avrà il suo momento di maggiore visibilità il 30 novembre prossimo quando come ogni anno, le oltre 1600 città associate organizzeranno eventi pubblici contro la pena di morte nell’anniversario del 30 novembre 1786, prima abolizione della pena capitale nel Granducato di Toscana.

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ZENIT Staff

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