Andrà in onda sabato, 23 marzo, alle ore 21:00 su Canale SKY CULT il film Good Bye Lenin!
Il crollo dell’ideologia e quello del Muro di Berlino: un ragazzo tenta di nascondere il passaggio epocale alla madre malata per amore di un sogno che forse solo l’affetto di una famiglia può davvero realizzare.
Ottima l’idea originale e la sceneggiatura; regia convenzionale
Grandissimo successo in patria e premio come miglior film europeo al Festival di Berlino per un piccolo film che non ha l’ambizione (e la spocchia) dell’affresco d’epoca. E dire che ruota intorno ad uno degli eventi più significativi dell’ultimo scorcio del secolo scorso: la caduta del Muro di Berlino sotto la spinta della crisi inarrestabile dei regimi comunisti.
La pellicola, infatti, preferisce concentrarsi fin dalle prime inquadrature sulla ricostruzione (inizialmente solo buffa, poi con un tono che tiene insieme commedia e dramma) delle vicende della famiglia Kerner, nucleo tipo della Germania Est degli anni Settanta; una famiglia che, purtroppo, si frantuma con la fuga ad Ovest del capofamiglia. Il fatto, oltre a mettere i familiari rimasti al centro dei poco gradevoli sospetti del regime, getta la madre Christiane in uno stato di prostrazione prolungato, da cui uscirà con la nuova identità di “socialista modello” più madre delle generazioni future che dei suoi stessi figli.
Ma per la famiglia Kerner le “disgrazie” non sono finite: una decina di anni più tardi, colpita da un attacco di cuore durante una manifestazione di protesta (ma lei stava andando a ritirare una decorazione del partito!) Christiane finisce in coma, ridotta ad un vegetale, mentre intorno a lei si consuma il crollo di un mondo e l’incerto nascere di qualcosa di nuovo.
Alex e Ariane, figli affettuosi nonostante i modi piuttosto confusi della vita famigliare (Ariane ha già una bambina da un compagno che scompare per essere rapidamente sostituito da un “emigrato” dell’Ovest che viene a condividere il “focolare domestico”), assistono la donna mentre vedono cambiare il mondo che hanno sempre conosciuto: i supermercati si riempiono di prodotti occidentali, le città dei manifesti pubblicitari più invadenti, Alex viene coinvolto in un programma di “fusione” tra i lavoratori delle due Germanie, ma trova anche il tempo di corteggiare Lara, giovane infermiera russa che assiste Christiane.
I problemi veri, però, iniziano quando Christiane, come per miracolo, forse proprio grazie all’affetto dei figli, si risveglia. La sua condizione di salute quanto mai precaria (deve evitare qualunque forte emozione), porta Alex a concepire un piano paradossale che consenta alla madre di ignorare ciò che è accaduto nei mesi della sua malattia, cioè in pratica la fine di ciò a cui aveva dedicato ogni sua energia fino al momento della malattia.
Ricreare la DDR, con la sua miseria, il suo rigore e le sue brutture, ma anche con le sicurezze fornite da riti, organizzazioni e controlli centralizzati, diventa una missione sempre più difficile, che obbliga Alex a mettere a frutto tutta la sua ingegnosità; bisogna trovare i tremendi cetrioli sott’olio (ormai fuori mercato), “ricostruire” telegiornali opportunamente ritoccati ma anche convincere i giovani allievi della madre a cantare per lei gli inni del partito.
La fantasia al potere diventa la parola d’ordine al servizio del recupero del passato prossimo, un’operazione che costringe i due fratelli (Alex invero senza troppa fatica, Ariane con grande riluttanza) a rinunciare alle comodità appena conosciute per riprendere lo stile del rigore tipico dell’epoca precedente.
Il microcosmo ricostruito con amore e furbizia da Alex vive in parallelo con un nuovo dai tratti spesso contraddittori: la merce nei negozi, infatti, non equivale al denaro per acquistarla, i servizi diminuiscono, la libertà rischia di ridursi alla scelta tra beni di consumo non sempre necessari. Ma ciò che colpisce maggiormente lo spettatore attento è come in realtà la “bolla” di Alex si basi sì sui dati tipici e riconoscibili della vecchia DDR (tolte, ovviamente, le odiose e a volte crudeli interferenze del regime nella vita dei singoli!), ma dando del socialismo una visione fortemente idealizzata, rispondente più alle buone intenzioni e alle speranze di tanti attivisti piuttosto che alla dura realtà dell’ ideologia inumana e repressiva che fu il comunismo nei paesi del Blocco.
Ancora più profondo e autentico è il modo in cui il regista e sceneggiatore, abile nel creare situazioni di grande comicità come pure di riempire il suo film di colte citazioni cinefile, riesce a dipingere le relazioni familiari. La tenerezza di Alex verso sua madre, il suo sforzo disperato per regalarle l’illusione di un intero mondo capace, ancor più di quello scomparso, di darle un po’ di felicità: sono queste le ragioni del piacere dolceamaro con cui lo spettatore segue lo svolgersi della vicenda.
E anche se Alex dovrà trovare il modo di ricomporre le due realtà in cui vive (inventando un più graduale passaggio al nuovo in cui entrino anche le sue ossessioni di bambino) e scoprire che la verità sul suo passato è molto più complessa (e forse triste) di quanto creda, resta allo spettatore l’impressione di un’unità familiare forte pur nelle contraddizioni; contraddizioni che appartengono sia ad un sistema repressivo e soffocante che agli eccessi di licenza del consumismo occidentale. Gli affetti sono, dunque, finiscono per essere la verità più profonda, capace di dare vigore ai gesti più incredibili, anche quando l’amore deve travestirsi da menzogna per regalare l’illusione di una normalità dura, ma rassicurante.
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Titolo Originale: Good Bye Lenin!
Paese: Germania
Anno: 2003
Regia: Wolfgang Becker
Sceneggiatura: Wolfgang Becker, Bernd Lichtenberg
Interpreti: Daniel Bruhl (Alexander), Katrin Sass (la madre)
Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it/