L’ultima catechesi di Benedetto XVI in qualità di pontefice regnante, è un insegnamento sul senso e sul valore della gratitudine.
Un insegnamento solare in una giornata di freddo mitigato da un cielo terso e da un sole splendido su Roma.
Il punto di partenza della riconoscenza è la capacità di riconoscere dal ricordo, i benefici di Dio.
Questa consapevolezza che diventa “memoria” è la conferma di come il Signore, nella sua Provvidenza, sia presente nelle vicende umane.
Benedetto XV ha voluto in due riprese ricordare l’inizio del suo ministero petrino del 19 aprile 2005 a partire dal quale si è imbarcato in un’avventura per Cristo fatta di pesca miracolosa e di venti contrari.
L’atteggiamento di fiducia nel filiale abbandono è stato una costante del suo pontificato che si conclude nell’Anno della Fede, affinché l’uomo non si senta solo nel suo cammino nel mondo.
Benché fatti di cronaca abbiano teso alle volte a mostrare un papa isolato e osteggiato dai suoi uomini di curia, una piazza S. Pietro gremita all’inverosimile, commossa ed applaudente, è stata la testimonianza eloquente di quanto Benedetto XVI fosse entrato nel cuore del popolo di Dio che ha risposto all’appuntamento dell’ultimo abbraccio di piazza, tra i colonnati del Bernini.
“Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano” sono state le parole di Benedetto XVI che ha evocato per questo l’inizio del classico atto di adorazione e di offerta della popolare preghiera mattutina.
Malgrado “polemiche e tradimenti”, Benedetto XVI ha ringraziato i suoi collaboratori di curia, segno eloquente che il male non può essere generalizzato e che nei Sacri Palazzi c’è chi ogni giorno compie il proprio lavoro e dovere quotidiano per il bene del governo della Chiesa.
E’ a questo bene, quello del Corpo Mistico di Cristo che Benedetto XVI si è voluto ancora richiamare quasi a giustificare e dover rendere ragione del suo gesto di rinuncia, un passo fatto “nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, vissuto con profonda serenità d’animo”.
In un mondo di indecisioni e indeterminatezze, forse per mancanza di punti di riferimento, il Papa ha voluto aggiungere che “amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte avendo davanti sempre il bene della Chiesa e non di se stessi”.
Il servizio petrino è un non appartenere più a se stessi, in modo irrevocabile.
Di questo il Papa non ne ha fatto mistero lasciando intendere di restare nel recinto di S. Pietro per continuare l’opera di Dio secondo il concetto caro a S. Benedetto. In ogni dimensione di vita, attiva o contemplativa, al primo posto l’uomo deve mettere Dio al quale tutto si riconduce.
Un ultimo invito, infine, alla preghiera per i cardinali che saranno presto chiamati ad eleggere il suo successore bisognoso di luce e forza dello Spirito di Dio.
Benedetto XVI continuerà a guardare lontano e in avanti: in orizzontale e in verticale.