Perché due persone di simile cultura, che si trovano nelle stesse condizioni materiali e intellettuali, ottengono risultati così diversi dallo studio e dall’approfondimento culturale? Il segreto di questa differenza secondo Ugo di san Vittore, un teologo medievale, risiede nel discernimento. Prima di essere una virtù morale, il discernimento è una qualità della mente che sa valutare le differenze, ordinare le priorità e distinguere ciò che è utile da ciò che non lo è.
Il discernimento è solo una delle varie qualità raccomandate dai Padri per trarre profitto dallo studio e dal lavoro intellettuale. In un libro dal titolo L’arte di studiare. Ars studiandi. Consigili dei Padri della Chiesa sul modo di trarre profitto dallo studio, Lucio Coco raccoglie brevi ma incisivi testi dei Padri – ma anche di alcuni autori medievali – che permettono di mettere meglio a frutto l’attività dello studio, svolta sia per un fine scolastico docente o discente, sia per la finalità di una formazione permanente.
Il testo si suddivide in 13 capitoli che raccolgono idealmente le voci di alcuni Padri per illuminare alcuni momenti della vita di studio: dal metodo alla disciplina, dalla necessità degli esercizi agli stili di apprendimento, dalle virtù che devono animare l’attività a come bisogna nutrirsi, senza trascurare le qualità del magister.
Naturalmente non esiste un’unica regola e neppure una ben definita didascalia di comportamenti per studiare bene. Ciò che questa raccolta offre è un florilegio ragionato di prospettive con cui ogni lettore e studioso deve confrontarsi per discernere appunto ciò che gli è più utile e connaturale.
Il primo passo è quello di appassionarsi, metterci la testa e il cuore. Hegel osservava che nel mondo nulla di grande è stato fatto senza passione. La stessa parola greca «scholé» dalla quale deriva la nostra parola «scuola» significa infatti «dedicarsi a», «prendersi cura di». Tale lavoro richiede una disciplina che in primo luogo è auto-disciplina, è mettere ordine nella propria vita. Quest’ordine che un proverbio tedesco considera come già «metà della vita» e dell’arte di vivere: Ordnung ist das halbe Leben.
Il metodo di studio
Il primo capitolo del libro è dedicato proprio alla questione pratica e fondamentale del metodo, ovvero, della giusta via verso una meta. I padri consigliano appunto il discernimento con cui abbiamo aperto: saper cogliere ciò che ci è utile, avere la pazienza di aggiungere il poco al poco proprio come fanno le api – come suggerisce san Basilio – nel loro lavoro di produrre il miele. Il consiglio è quello della pazienza della graduazione e della gradualità.
A proposito del discernimento san Basilio scrive: «Non bisogna accogliere tutto indistintamente ma solo quanto ci è utile. Sarebbe infatti cosa turpe […] non usare criterio per le discipline che nutrono la nostra anima, inghiottendo come torrenti rapinosi tutto quello che capita».
Basilio Magno invita a evitare l’ingordigia intellettuale – assimilabile piuttosto a una viziosa curiosità – e a imitare invece le api che «non vanno indistintamente su tutti i fiori né su quelli su cui si posano cercano di portare via tutto ma prendono quanto è necessario alla loro attività e il resto lo lasciano».
Oltre al criterio e la misura, il metodo di studio richiede la pazienza perché l’impazienza rovina la scienza (Gregorio Magno).
Il metodo è fondamentale perché come insegna il maestro parigino del XII secolo, Ugo di san Vittore: «Chi [negli studi] non mantiene un metodo e una regola, smarrendosi quasi nel fitto di una boscaglia, perde la direzione della retta via; costui rimane nel numero di quelli che sono detti sempre discenti, senza mai giungere al sapere».
Necessità dell’esercizio
Il secondo capitolo è dedicato alla necessità dell’esercizio che è fondamentale per avanzare in qualsiasi arte, sia essa bellica, sia essa artistica… l’esercizio si distingue per la gradualità e la simulazione. «Chi studia come tenere il timone di una nave in mare e il modo di muovere i remi, prima si esercita in un fiume» (Ambrogio).
I consigli successivi vertono sul trovare gioia e interesse nelle studio affinché «non sia un lavoro ma un piacere, non una necessità ma un atto volontario» (Gerolamo).
… La carrellata di consigli e osservazioni ripercorre questioni sugli stili d’apprendimento, sulla disciplina che deve contraddistinguere lo studio, le virtù che fanno il carattere dello studioso e i vizi che viziano l’aria dello studio. Il quadro che si evince mostra un panorama allargato che coinvolge non solo l’intelletto ma la vita e l’etica dello studente, nonché la necessaria coscienza dei propri limiti. La riflessione dei Padri e dei maestri dello studio non trascura neppure la dieta utile per lo studio.
Il volto del magister
L’ultimo capitolo guarda in modo particolare le qualità del maestro e ci mostra che «insegna colui con cui entriamo in dialogo» (Agostino d’Ippona). La qualità dialogica e relazionale del maestro è fondamentale per creare l’empatia necessaria per la comunicazione del sapere e della sapienza. L’arroganza del maestro è un impedimento all’istruzione. La via per diventare un buon maestro passa per l’umiltà di essere stato un buon discepolo (Pseudo-Boezio).
Le qualità essenziali del maestro non devono essere soltanto intellettive bensì la coerenza e la sintonia tra il detto e il vissuto. Scrive Ugo di san Vittore: «A insegnare agli uomini devono essere i vostri abiti modesti, la semplicità dei modi, una vita innocente, la santità della tua condotta». Sono incisive al riguardo le parole attribuite a Ignazio di Antiochia: «Si educa attraverso ciò che si dice, di più attraverso ciò che si fa, ancora e di più attraverso ciò che si è». Come per dire: con quello che sai insegni, con quello che sei incidi.
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Il libro è disponibile sul seguente link:
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