STORIA – Correva l’anno 1943. La Germania era nel pieno della seconda guerra mondiale. Il popolo tedesco, ubriacato dall’ideologia nazista si stava macchiando dei più atroci delitti. Eppure non tutto il popolo era dalla parte del feroce dittatore. Non pochi ebbero il coraggio di opporsi a quello che stava accadendo: uomini di chiesa, sia cattolici che luterani, militari e semplici cittadini. Fra questi ricordiamo Sophie Scholl, suo fratello Hans e il loro amico Christoph Probst, tutti e tre uccisi dal regime nazista proprio 70 anni fa.
Hans era nato nel 1918. All’età di 15 anni si era iscritto alla Gioventù Hitleriana, allontanandosene in seguito visto che il suo spirito, aperto anche alle culture e alle tradizioni non germaniche, era incompatibile con quella “istituzione”. Sua sorella Sophie era più giovane di lui di tre anni. Nel 1942 si iscrisse alla stessa università frequentata da fratello. Christoph era nato nel 1919 ed era compagno di studi di medicina di Hans. Si era sposato giovanissimo ed era diventato padre. Questi tre giovani avevano due cose in comune: un’educazione solida ricevuta dalle rispettive famiglie e una forte coscienza religiosa.
Questi e altri giovani universitari di Monaco, insieme al loro professore Kurt Huber, diedero vita a un piccolo ma significativo moto di resistenza al regime. Questo gruppetto, più un manipolo di amici che una vera e propria organizzazione, stampò 6 volantini contro il regime fra il giugno del 1942 e il febbraio del 1943. Ogni volantino era firmato: La Rosa Bianca.
In un primo momento i volantini furono distribuiti in clandestinità nella Germania del sud e in Austria, dove i membri del “La Rosa Bianca” pensavano di trovare maggior consenso. Mossi però dall’idealismo e da un pizzico di imprudenza tipicamente giovanili, i fratelli Scholl il 18 febbraio si recarono nella loro Università, la Ludwig Maximilian di Monaco, e mentre si stavano svolgendo le lezioni salirono sulle scale del grande androne e al suono della campanella gettarono giù il loro sesto volantino affinché fosse visto dal maggior numero possibile di studenti.
Furono visti e bloccati da un bidello dell’Università che li consegnò alle autorità. Il 22 febbraio vennero processati dal Tribunale del Popolo, presieduto da una delle figura più inquietanti del regime: Roland Freisler. Si trattava di un processo farsa la cui sentenza era già scritta. Freisler mise in scena il solito copione che recitava durante ogni udienza contro i dissidenti. Sbraitò e infierì, come suo solito, contro gli accusati, cercando di intimorirli e di generare in loro sensi di colpa perché, diceva, mentre i soldati stavano combattendo al fronte, la Rosa Bianca fiaccava le energie del popolo tedesco sul fronte interno. Rimproverava loro anche il fatto si studiare nelle scuole dello Stato e di agire contro di esso.
Sophie, Hans e Christoph non si lasciarono impaurire e si assunsero tutte la responsabilità. Il tribunale li condannò a morte, senza nessuna pietà e riguardo per la loro giovane età. Tutti e tre vennero ghigliottinati nella fortezza Stadelheim di Monaco.
Questa bella storia di coraggio e di fedeltà all’umano è raccontata nel film Sophie Scholl – La Rosa Bianca uscito nel 2005 e diretto da Marc Rothemund.
(Articolo tratto da Àncora Online, il settimanale della Diocesi di San Benedetto del Tronto)
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