A queste ed altre domande ha cercato di rispondere il dott. Ambrogio Piazzoni, Vice Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, autore di diversi libri tra cui Storia delle elezioni pontificie (Piemme 2005).
Invitato in Sala Stampa Vaticana, il dott. Piazzoni ha spiegato che l’attuale modalità per l’elezione del Pontefice è il risultato di 2000 anni di storia.
Nei primi anni di storia i Papi venivano eletti dalle comunità cristiane e dal popolo di Roma. All’inizio si trattava di una piccola comunità. Col passare del tempo cominciarono ad essere nominati dei rappresentanti che poi eleggevano il Papa.
Il periodo più complicato per l’elezione dei Pontefici fu quello intorno al X secolo, perché era grande l’influenza delle autorità esterne alla Chiesa.
“Pensate che – ha precisato il Vice Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana – re e imperatori avevano diritto a presentare o a porre un veto sui candidati al Pontificato”.
Questo è il periodo conosciuto come lotta per le investiture, con numerosi antipapa che si contrapponevano agli eletti.
Ed è evidente quanto il potere politico avesse un peso nella elezione del Pontefice. Per questo motivo venne fatta la prima grande riforma in cui si stabilì che il corpo elettorale era composto solo da cardinali.
Nel 1059 Nicola II, con la bolla In Nomine Domini, riservò l’elezione ai soli cardinali vescovi.
Nel 1179 Alessandro III estese l’elezione a tutti i cardinali e l’eletto doveva raccogliere almeno i 2/3 dei voti.
Elezione da parte dei cardinali e maggioranza di due terzi sono condizioni valide ancora oggi.
Il primo Conclave ufficialmente riconosciuto venne istituito da papa Gregorio X che promulgò la Costituzione apostolica Ubi Periculum (1274) in cui si stabiliva che i cardinali elettori, ciascuno con un solo accompagnatore, dieci giorni dopo la morte del papa, si riunissero in una grande sala del palazzo ove risiedeva il papa defunto e fossero lì segregati.
Qualora dopo tre giorni non fosse avvenuta l’elezione, ai cardinali sarebbe stato ridotto il vitto ad una sola portata per pasto; dopo altri cinque giorni il vitto sarebbe stato ulteriormente ridotto a pane, vino ed acqua.
Inoltre, durante tutto il periodo della Sede vacante le rendite ecclesiastiche dei porporati erano trasferite nelle mani del Camerlengo, che le avrebbe poi messe a disposizione del nuovo Papa.
Tutto questo per evitare l’allungarsi del periodo di sede vacante e per evitare situazioni come la riunione elettorale di Viterbo che durò 33 mesi.
Ma non tutti erano d’accordo, così Adriano V sospese la Ubi periculum e papa Giovanni XXI la revocò.
Fu Celestino V a ripristinarla nel 1294 con la bolla Quia in futurum.
Ne 1298 Il papa Bonifacio VIII la inserì integralmente nel Codice di Diritto Canonico.
Nel corso dei secoli ci furono diversi tentativi di cambiare le regole, al punto che il Papa Gregorio XV (1621-1623) sentì la necessità di pubblicare due Costituzioni in cui si ribadiva per il conclave, la clausura, la maggioranza dei due terzi e il voto che doveva essere segreto. Nei secoli precedenti il voto era manifestato in maniera palese.
Ancora all’inizio del 1900 esisteva il diritto di veto da parte dei sovrani cattolici, i quali potevano indicare un elenco di cardinali indesiderati.
L’Austria cercò di imporre il diritto di veto per l’elezione del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, che si diceva vicino alle posizioni della Francia.
Accadde così che nel 1904 il papa Pio X con la Costituzione Commissum nobis, abolì il diritto di veto delle Nazioni cattoliche.
In merito alla conservazione dei verbali e delle schede delle votazioni, che inizialmente venivano bruciate, il dott. Piazzoni ha spiegato che, nel corso dei secoli, i Pontefici hanno deciso in un verso o nell’altro.
A questo proposito il pontefice Giovanni XXIII, decretò la conservazione dei verbali, delle schede ed anche degli appunti e delle note vergate dai cardinali durante il Conclave.
Il Beato papa Roncalli chiese anche una semplificazione dei procedimenti e delle votazioni e la possibilità che il papa eletto avrebbe potuto consentire la pubblicazione della cronaca del conclave.
Giovanni XXIII è il primo pontefice che supera il numero di 70 cardinali. Settanta sono gli anziani del popolo di Israele.
In concomitanza con la crescita della Chiesa universale nel 1970 il pontefice Paolo VI fissa il diritto di essere elettori ed entrare in conclave al compimento dell’ottantesimo anno di età per un massimo di 120 cardinali elettori.
Con la Universi dominici gregis del 1996, Giovanni Paolo II ha stabilito nella Domus Sanctae Marthae un luogo per i cardinali in clausura, ha eliminato la possibilità dell’elezione per acclamazione e per compromesso (in disuso da alcuni secoli) e ha indicato una funzione spirituale per i cardinali che hanno già compiuto ottant’anni. Essi partecipano alle fasi preliminari dell’elezione e guidano le preghiere della Chiesa Universale.
Benedetto XVI, che aveva già decretato che a partire dal 34º si procederà al ballottaggio, tra i due cardinali più votati all’ultimo scrutinio, sempre con maggioranza di almeno i 2/3 dei votanti, con la condizione che i due contendenti perdono entrambi il diritto di voto.
Il Pontefice, Vescovo di Roma, ha annunciato che prima del 28 febbraio emetterà un Motu Proprio sulle modalità del conclave.