Padre Gregorio Maria Inzitari, domenicano, è stato l’uomo che fu maggiormente vicino ad Aldo Moro durante gli anni universitari e della guerra. “Conobbi Aldo nel 1937”, mi raccontò: “Ero stato mandato come assistente della FUCI di Bari, l’Associazione “Giuseppe Moscati”, della quale Aldo Moro era presidente. Mi colpì subito quel giovanotto perchè notavo che veniva alla Messa e alla Comunione tutte le mattine. Cominciai a frequentarlo anche perchè i nostri compiti erano quasi gli stessi e scoprii un uomo eccezionale. Moro studiava dieci ore al giorno e trovava il tempo per dirigere la associazione della FUCI, per parlare con gli amici dei quali era il confidante di tutte le loro pene. Questo ritmo di vita lo aveva reso magrissimo, macilento. Mi riferirono che alcuni anni prima era un grassone. Poi aveva deciso di dimagrire. Faceva molti chilometri al giorno a piedi a questo scopo, sudando come un dannato. Non smise finchè non raggiunse il peso che si era prefisso.
“Aldo Moro possedeva tutte le caratteristiche richieste dalla nostra regola perchè un giovane potesse diventare domenicano. Amore allo studio, difesa della verità e coerenza nell’azione. Pensavo di sviluppare in lui la vocazione religiosa e sacerdotale. A questo scopo, lo feci entrare nel Terz’Ordine Domenicano. Fece la vestizione assumendo il nome di Fra’ Gregorio Maria. Gli avevo indicato un modello da seguire, il “capitano santo”, Guido Negri. Aldo era entusiasta di tutte queste iniziative spirituali, ma sentiva di non aver la vocazione sacerdotale e allora abbandonammo il progetto.
“Nel gennaio del 1939, a Roma, Aldo Moro venne eletto presidente nazionale della FUCI. Il padre di Aldo, che era un uomo scrupoloso e modesto, si spaventò quando apprese che il figlio era stato eletto a una carica così importante e venne da me perché consigliassi suo figlio a non accettare e gli suggerissi di tenersi lontano dal chiasso della vita politica. Anche Aldo venne a consigliarsi da me. Non sapeva se accettare o meno. Io gli risposi: “Tu non hai chiesto niente. Se ti hanno eletto vuol dire che hanno fiducia in te; vuol dire che il Signore ti affida questo compito e tu devi svolgerlo con la massima diligenza”. Moro, che era religiosissimo, accolse l’elezione come un compito affidatogli da Dio.
“Appena laureato, aveva bisogno di guadagnarsi qualche lira perché non aveva il necessario neppure per mangiare. Fui io che gli trovai il primo posto e gli feci avere il primo stipendio. Conoscevo i padri Gesuiti che dirigevano l’Istituto Di Cagno Abbrescia. Era rettore padre Pisani, mio amico. Gli raccomandai quel giovane pieno di promesse e dalla condotta irreprensibile. Venne accettato e gli fu affidato il compito di insegnare italiano e latino alla terza classe ginnasiale. Cosa fece durante quell’anno Aldo Moro, non lo seppi mai. Egli rifuggiva sempre dal parlare di se stesso. Al termine dell’anno lo vidi venire da me, mesto e preoccupato.Mi disse: “Mi hanno licenziato”. “Perché?”, chiesi stupito. “Non lo so”, rispose desolato. “Forse per scarso rendimento”, aggiunse. Andai dal rettore a informarmi. Aldo Moro era stato licenziato perché i ragazzi in classe ne combinavano di tutti i colori. Moro era assolutamente inadatto a mantenere la disciplina. Ogni tanto doveva intervenire il rettore per riportare la calma in aula distribuendo ceffoni a destra e a sinistra sotto lo sguardo meravigliato dell’insegnante. Inoltre le lezioni di Moro erano troppo difficili: gli scolari non capivano niente”.
Nel 1945 Aldo Moro sposò Eleonora Chiavarelli, una signorina marchigiana, laureata in lettere, presidente regionale di Azione Cattolica e segretaria di Vittorino Veronese. Si erano conosciuti durante un congresso della FUCI. Dopo il matrimonio, la vita di Aldo Moro si divise in due parti: vita pubblica, dedicata alla politica, all’università; vita privata dedicata interamente alla famiglia.La signora Moro mise un confine invalicabile fra i due settori e nessuno è mai riuscito a superarlo.
Quando Moro venne eletto deputato, alcuni amici baresi vollero festeggiare l’avvenimento. Prepararono una bicchierata. Una delegazione andò a chiamare il “professore” che certamente era già a casa. Erano infatti le 21,30. Ad aprire la porta venne la signora Moro. “Buonasera signora”, dissero gli amici del deputato “siamo venuti a festeggiare il professore”. “Mi dispiace”, tagliò corto la moglie di Moro: “ho messo a letto mio marito mezz’ora fa. Era molto stanco, deve riposare”. “Ma, signora” insistettero gli amici “si tratta di pochi minuti, un paio di brindisi e poi viene subito a casa”. “Niente da fare”, rispose la signora Moro. “Se volete vengo io a fare il brindisi, ma mio marito non può essere disturbato”.
La signora Moro vegliava sul marito con una tenacia irremovibile. Difendeva la sua vita privata meglio di un poliziotto. Non cedette mai a nessuna pressione.
E non volle mai apparire nell’attività politica del marito. Un collaboratore di Moro le chiese, una volta, alcune righe per un settimanale femminile. Doveva esprimere il suo giudizio su un avvenimento.La signora rispose: “Tenga presente che per queste dose mio marito è vedovo”. Un’agenzia fotografica romana mandò i suoi operatori per riprendere i figli di Moro. La fotografia doveva servire per un grande servizio su una rivista democristiana. La signora Moro non permise che venissero fotografati i figli e disse: “I figli sono miei e non del partito”. Eleonora Moro non si fece mai fotografare accanto al marito. Non partecipò mai a ricevimenti, se non in rarissime occasioni. Non si fece mai vedere in Parlamento, nelle tribune riservate ai familiari degli onorevoli che tengono i discorsi.
(La seconda parte è stata pubblicata domenica 17 febbraio)
*Renzo Allegri è giornalista, scrittore e critico musicale. Ha studiato giornalismo alla “Scuola superiore di Scienza Sociali” dell’Università Cattolica. E’ stato per 24 anni inviato speciale e critico musicale di “Gente” e poi caporedattore per la Cultura e lo Spettacolo ai settimanali “Noi” e “Chi”. Da dieci anni è collaboratore fisso di “Hongaku No Tomo” prestigiosa rivista musicale giapponese.
Ha pubblicato finora 53 libri, tutti di grandissimo successo. Diversi dei quali sono stati pubblicati in francese, tedesco, inglese, giapponese, spagnolo, portoghese, rumeno, slovacco, polacco, cinese e russo. Tra tutti ha avuto un successo straordinario “Il Papa di Fatima” (Mondadori).