La Parola che ricolma le reti del cuore

Vangelo della V Domenica del Tempo Ordinario

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Is 6,1-2a.3-8

“Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; (…). E dissi: “Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono..”.

Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: “Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato”. Poi io udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?”. E io risposi: “Eccomi, manda me!”.

Lc 5,1-11

“In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennesaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore”. Lo stupore, infatti, aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”.

Dopo gli inizi della missione di Gesù a Nazaret, oggi Luca racconta la vocazione di Simon-Pietro, preparata (nella prima Lettura) da quella del profeta Isaia. Si tratta di due chiamate esemplari per noi, ognuna simile ad una rete piena di pesci.

Ci aiuta a comprenderlo il commento scritto dal beato Giovanni Paolo II a questo stesso Vangelo: “Un giorno Gesù, dopo aver parlato alle folle dalla barca di Simone, invitò l’apostolo a ‘prendere il largo’ per la pesca: Duc in altum. Pietro e i primi compagni si fidarono della parola di Cristo, e gettarono le reti. E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci. Duc in altum! Questa parola risuona oggi per noi, e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro: “Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!” (Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, n.1).

Che Gesù sia sempre lo stesso, significa che anche oggi Egli si comporta come duemila anni fa, poiché è immutabile nella verità, nella fedeltà e nell’amore, come il sole che sorge ogni giorno per rinnovare la vita sulla faccia della terra.

La giornata del pescatore Simone e compagni è cominciata come tante altre; ma, al ritorno dalla pesca vuota una scena straordinaria si presenta ai loro occhi. Gesù in persona è sulla riva del lago, circondato da una ressa di gente. Lo straordinario è che tutti costoro non sono attirati dalla sua fama di taumaturgo, ma dal fascino della sua parola, della sua persona.

Simone mette subito a disposizione la barca come pulpito, e, nonostante il disappunto delle reti vuote, ascolta ammirato Gesù. E così il Maestro lo prepara ad accogliere l’insensata richiesta di prendere ancora il largo per la pesca: “Sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5).

Quello di Simone è un esempio di come l’ascolto della Parola di Gesù susciti la luce della fede in Lui. Anche il rude pescatore, non troppo disposto a perder tempo con le chiacchiere, entra come d’incanto nel raggio magico della parola del Signore, e la conseguenza è che il moto primo di non dar retta al suo consiglio, cede prontamente il passo all’obbedienza.

Ed ecco il messaggio per noi: “Non bisogna aspettarsi che la fede dia completa soddisfazione alla ragione. Essa lascia la ragione sospesa nell’oscurità, senza una luce adatta al suo modo di conoscenza. Pure essa non frustra la ragione, non la nega, non la distrugge. La pacifica con una convinzione che essa sa di poter accettare, sotto la guida dell’amore”. (T. Merton, Nuovi semi di contemplazione, p.104).

Cosa vogliono dire le parole: “..una convinzione.. sotto la guida dell’amore”?
Significano che è la relazione di amicizia con Gesù che muove a fare ciò che Egli suggerisce; è l’affetto per Lui che persuade ad obbedire “con tutto il cuore”.
Merton prosegue infatti: “Diciamo di sì non solo ad una affermazione che riguarda Dio o fatta da Dio stesso, ma allo stesso Dio invisibile ed infinito. Accettiamo l’affermazione a causa di Colui che l’ha proferita. Ci fidiamo di Lui perché il nostro rapporto è di fiducia, di amicizia. La fede è un rapporto di comunione personale. La fede va oltre le parole e le formule, per raggiungere la persona di Gesù” (id.).

Similmente parla a noi la sapienza di Benedetto: “Con la fede si entra nell’amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva questa amicizia. (…) L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere, portando l’amore e la forza che ne derivano” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2013).

Il Papa rivela qui il segreto semplice della fede: essa è rapporto di amicizia con il Signore. Perciò presuppone e comporta l’incontro quotidiano con Lui, nell’affetto. Occorre anzitutto ogni giorno “salire il monte”, cioè perseverare nella fatica della fedeltà all’appuntamento, come faceva al mattino Gesù mentre gli altri dormivano.

“Prendere il largo” significa allora scendere in profondità, raccogliersi in orazione e in contemplazione, e riemergere trasformati, rigenerati dallo Spirito Santo che è l’artefice di ogni preghiera e di ogni incontro ravvicinato con Gesù.

Ma ora ritorniamo sulla riva del lago e ripercorriamo i momenti della memorabile giornata di Simon Pietro, per adattarla alla nostra.
Appena alzato, Simone si reca a pescare, ma non prende nulla. Poi si mette anche lui in ascolto di Gesù e le conseguenze sul suo lavoro sono clamorose: una pesca ricchissima.

Così noi. Ci alziamo e subito ci gettiamo nell’attività, trascurando la prima cosa che è l’incontro con Gesù e la sua Parola. La conseguenza è che, pur facendo molte cose, l’anima è vuota di gioia, perché non ha attinto l’abbondanza della vita nascosta in sè (Gv 10,10).
Ma ecco quel che succede se, al contrario, come primo atto della giornata, ci raccogliamo senza fretta in ascolto e preghiera. Il cuore comincia ad avvertire un’attrazione amorosa, un’esperienza nuova ed arcana, un misterioso “invaghimento” (N.M.I., n.33). C’è qui come un senso di sacro stupore-timore (“Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore” – Lc 5,8), ma il cuore non è impaurito, bensì profondamente consolato. E’ questa consolazione divina che costituisce la pesca miracolosa. Questa è la consolazione dell’orazione e della contemplazione. Questa è la consolazione che consola qualsiasi genere di afflizione, che ricolma ogni vuoto del cuore, e lo fa traboccare. Questa è la consolazione che purifica la volontà e santifica l’anima, poiché essa è puro amore versato (Rm 5,5). Questa è la consolazione necessaria per la missione, poiché spinge sempre a dare la vita per il fratello, cioè per il Consolatore Gesù.
Dio chiede oggi: “Chi manderò e chi andrà per noi?” (Is 6,8). I nuovi evangelizzatori spontaneamente rispondono: “Eccomi, manda me!”. E’ il cuore che risponde così e si fa avanti per primo, perché nell’incontro mattutino con Gesù è stato rigenerato, ed essendo invaghito di Lui, non può che amare come Lui i fratelli che Egli ama.       

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fond
ato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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Angelo del Favero

Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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