"La Chiesa è solidale con il popolo tunisino"

Lo ha detto a Fides padre Jawad Alamat, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Tunisia

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La Chiesa in Tunisia – il Paese nordafricano da dove cominciò nel dicembre del 2010 l’ondata delle rivoluzioni arabe – ha espresso la sua solidarietà con il popolo dopo l’uccisione ieri mattina dell’esponente dell’opposizione Chokri Belaid. L’assassinio dell’avvocato quarantottenne, colpito da alcuni proiettili mentre usciva dalla sua casa, rischia di sprofondare il Paese nel caos. Per domani è stato indetto uno sciopero generale contro il governo e il partito islamico al potere, Ennahda.

“La Chiesa è solidale con tutto il popolo tunisino che soffre per l’attentato alla sua libertà, al suo diritto al pluralismo e alla sua dignità”, ha dichiarato all’Agenzia Fides (7 febbraio) il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Tunisia, padre Jawad Alamat, che ha definito l’oppositore “una voce libera che si è sempre battuta contro la violenza politica” e ha denunciato la politica lassista del governo, che ha “lasciato agire per troppo tempo i violenti nel nome di un malinteso rispetto della libertà di espressione”.

Mentre ha presentato le sue condoglianze alla famiglia, al suo partito e soprattutto al popolo tunisino, padre Jawad ha parlato di “un’aggressione contro un intero popolo non solo contro una persona”.

Secondo il sacerdote, la nuova ondata di protesta popolare nel Paese maghrebino è “una svolta forse ancora più importante di quella del 14 gennaio 2011”, quando fu cacciato l’allora uomo forte di Tunisi, Zine El-Abidine Ben Ali. “Sull’Avenue Bourghiba sono presenti diversi partiti ma soprattutto il popolo che si è radunato spontaneamente per manifestare contro quest’azione ignobile”, prosegue Jawad. “La moglie di Belaid è schiacciata dal dolore ma non si è chiusa in casa ed è stata tra le prime persone a manifestare”.

Per Jawad, l’Avenue Bourghiba è un luogo simbolico, ma “è tutta la Tunisia che è scesa in strada per protestare, dal sud al nord”. “Questo significa – ha detto – che la coscienza popolare ne ha abbastanza della violenza politica”.

“Preghiamo che il sangue versato serva a costruire una Tunisia moderna, pluralista, democratica e pacifica”, ha concluso il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Tunisia.

Sull’assassinio del leader della coalizione di partiti liberali e progressisti, si è espresso anche il teologo musulmano Adnane Mokrani, tunisino e docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica. Intervistato dalla Radio Vaticana (7 febbraio), Mokrani ha parlato di un “dramma da condannare radicalmente”.

“Spero sia anche una speranza per unire il popolo tunisino contro i nemici della democrazia e dare la priorità all’unità nazionale, agli obiettivi della rivoluzione, che sono dignità, lavoro, libertà, e non perdersi nelle lotte tra partiti e tra interessi egoistici”, ha aggiunto, parlando al microfono di Fabio Colagrande.

“Ho sempre pensato che la democrazia senza gli islamisti sia impossibile e che con loro sia difficile”, ha continuato il docente presso la PUG e il PISAI, che ha parlato di una “sfida reale” e ha ricordato che “una rivoluzione è un processo lungo”. “Chiede una maturazione culturale, un cambiamento di mentalità, una preparazione”, ha spiegato. “Adesso, il governo è totalmente nuovo, senza esperienza: c’è bisogno di un’educazione politica, non solo per l’esecutivo, ma anche per l’opposizione”.

Da parte sua, Osama Al-Saghir, parlamentare di Ennahda ed eletto nella Circoscrizione Italia dei tunisini all’estero, ha difeso l’operato del suo partito. “Stiamo cercando di affrontare questa situazione con la maggiore calma e freddezza possibile, interagendo però con tutti gli eventi importanti che si stanno verificando nel nostro Paese, dando importanza a ogni cosa, per riuscire a salvare il nostro Paese”, ha dichiarato ai microfoni dell’emittente vaticana.

Secondo il deputato, uno dei fondatori di Giovani Musulmani d’Italia, dietro l’uccisione di Belaid c’è il vecchio sistema e tutte quelle parti che hanno interesse al suo ritorno. “Ennahda è l’ultima parte ad avere interesse a commettere un crimine come questo”, ha detto.

“Il Paese oggi non è stabile, mentre noi lavoriamo giorno e notte per stabilizzarlo”, ha sottolineato, ricordando che la priorità del governo è la lotta alla povertà e “garantire una vita dignitosa a tutti, ovunque si trovino nel territorio tunisino”.

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ZENIT Staff

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