Riportiamo di seguito la conferenza tenuta ieri a Corbetta (MI) da padre Franco Moscone, Superiore Generale dei Padri Somaschi, sulla figura di San Girolamo Miani, fondatore dell’ordine, di cui domani ricorre la festa liturgica.
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Premessa
Nella lettera d’invito per questa sera che Roberto e Franco mi hanno fatto avere c’è scritto questo: “nel quotidiano lavoro educativo con i ragazzi, che ovviamente coinvolge anche le loro famiglie, riscontriamo però una crescente fragilità dei soggetti adulti, spesso poco certi dei valori “irrinunciabili” e in balia delle opinioni comuni. Per questo motivo proponiamo a te e a Carlo Wolfsgruber di intervenire alla presentazione della mostra, mercoledì 6 febbraio alle ore 21.00, per aiutarci a mettere a fuoco dove stia la vera consistenza umana, seguendo la testimonianza di San Girolamo e l’insegnamento di don Giussani: i santi infatti si distinguono nella storia per la loro umanità e per la loro capacità di suscitare in chi sta loro attorno la loro stessa aspirazione ad un’umanità compiuta”.
Sono contento che si sia messo a tema quello che potremmo chiamare la formazione dei formatori (educatori o docenti che siano) o formazione permanente. Cercherò di rispettare il mandato consegnatomi, non facendo una relazione tecnica o psicologica sul tema, ma guardando a San Girolamo, dopo tutto siamo qui (un qui che riguarda sia il luogo – Corbetta -, che il tempo – un oggi che proviene ormai dà un passato assodato di collaborazione e comunione) per lui, e la mostra presso la Sala delle Colonne del Comune di Corbetta è la motivazione che ci vede radunati.
Intendo quindi presentare l’itinerario educativo di s. Girolamo, non tanto guardando al suo metodo, od alla sua pedagogia (cosa fatta più volte lungo l’anno giubilare da poco concluso), ma ponendo l’accento sul suo personale cammino formativo.
Il cammino formativo di Girolamo Emiliani
Sono più che convinto che Girolamo abbia delineato uno stile educativo, perché lo ha sperimentato e vissuto sulla sua pelle: è stato educato! E’ stato tratto fuori (etimo di e-ducere) da una situazione che la psicanalisi chiama limite; è stato condotto per mano secondo il proprio di ogni accompagnamento di crescita, ha vissuto dentro un ambiente socio-culturale che lo arricchiva e motivava; ha sempre avvertito una presenza che lo attraeva e spingeva a costruire il futuro che gli stava davanti. Intendo, quindi questa sera, seguire Girolamo attraverso i quattro passi della sua formazione. Sono passi però, non da considerarsi in successione, ma in costante contemporaneità, anche se alcuni istanti ed esperienze della vita ne mettono in evidenza uno invece di un altro.
Primo passo: Girolamo è “tirato fuori” (e-ducato)
L’esperienza di riferimento è evidente. Si tratta della vicenda di Castelnuovo di Quero: l’illusione di una carriere che si conclude con una sconfitta e col carcere, dalla quale Girolamo ne esce, non per suoi meriti od impegno, ma perché “estratto” dalla Provvidenza. Quando presento il metodo educativo di Girolamo parlo, per questa vicenda, di precedenza del passivo. Questa particolare esperienza Girolamo la porterà sempre con sé e la vivrà come presenza costante nella sua vita di cittadino (è un nobile veneziano, e resterà tale fino alla fine dell’esistenza terrena), di cristiano rinnovato (rinnovare la Chiesa sarà la sua finalità, ma per farlo comincia col rinnovare se stesso), di fondatore (porre le basi per una costruzione chiamata ad attraversare secoli).
Motivo questa coscienza di Girolamo di essere costantemente condotto lungo la sua nuova vita (quella che inizia il 27 settembre 1511) con due sole osservazioni, che meriterebbero di essere meglio studiate ed approfondite dall’analisi dei testi che noi somaschi chiamiamo le nostre fonti.
Il testo Vita di Girolamo Miani nobile signore veneziano, normalmente conosciuta come vita dell’Anonimo, scritta a poche settimane dalla morte, ha come protagonista principale non il Miani, ma la Provvidenza. L’espressione ricorrente è che segna le tappe della vita del Miani è la seguente: quando piacque al benignissimo Iddio. Espressione che viene declinata in forme diverse: volendo Dio svegliare gli animi degli italiani, allora piacque al Signore metterlo alla prova, la bontà divina preparò una dolce occasione di imitare il suo Capitano, fino all’ultima espressione che presenta il trapasso all’eternità: iddio benignissimo per remunerare le fatiche del suo servo … permise che contraesse la stessa malattia. Il testo quindi, più che presentarsi come una biografia, od un panegirico dell’operare del Miani, è l’evidenziazione del lavoro della Provvidenza divina in lui e della sua apertura alla Provvidenza.
Le Lettere di san Girolamo, sei in tutto, e tutte scritte a motivo di necessità pratiche, di urgenze da risolvere contengono però una ricchezza di sapienza biblica incredibile. Alcuni passaggi, soprattutto della prima, seconda, terza e sesta lettera, si presentano come una lectio divina ad alta voce, al fine di motivare se stesso ed i suoi compagni. Girolamo scopre così, tra le difficoltà e gli imprevisti della vita e dell’organizzazione delle opere e dell’istituzione nascente, che c’è Qualcuno che guida la sua storia e dei suoi compagni, e non ha paura a farlo notare. Si tratta della coscienza di essere condotto, prima che di condurre, di essere amato, prima di amare: è la costanza della precedenza del passivo.
Secondo passo: condotto per mano
Anche per questo secondo passo l’esperienza di riferimento è evidente. L’abbiamo anche visivamente contemplata nel logo dell’anno giubilare: Maria, che dopo aver sciolto le catene della prigionia lo tiene per mano lungo la via di Treviso (è sempre la notte luminosa del 27 settembre 1511). Se l’esperienza non si ripeterà più nella forma come l’abbiamo vista rappresentata nella bellissima pala di Giuseppe Tortelli ed in tantissima iconografia, resta una costante nello stile di vita di Girolamo. Una costante che non si renderà sempre più sfumata, man mano che ci si allontana da quel giorno, ma che crescerà sempre di più, fino a fare di Girolamo un modello di formazione permanente.
Per spiegare questo concetto, per me fondamentale nella formazione del nostro Fondatore, leggo e schematizzo attorno a quattro parole il capitoletto n. 5 della vita dell’Anonimo intitolato Conversione, vita ascetica:
“Quando piacque al benignissimo Iddio … di muovergli perfettamente il cuore e con santa ispirazione di attrarlo a sé dalle occupazioni del mondo, avvenne che il frequente ascolto della parola di Dio lo inducesse a ricordarsi della sua ingratitudine e delle offese fatte al suo Signore. Spesso piangeva e ai piedi del Crocifisso lo pregava di essergli salvatore e non giudice. … cercava la compagnia di coloro che potevano aiutarlo con il consiglio, l’esempio e la preghiera. Molte furono le persone che il Signore gli mise accanto per la cura della sua anima. … Con elemosine andava incontro alle necessità dei poveri come meglio poteva, li consigliava, li visitava, li difendeva”.
Il testo, letto e riportato in modo schematico, evidenzia quelle che chiamerei le quattro “P” che accompagnano e “riformano” la vita di Girolamo. Scrivo queste quatto “P” con lettera maiuscola: Parola di Dio, Preghiera, Persone di Dio e Poveri. Nella vita di Girolamo, dopo l’esperi
enza della sconfitta e della liberazione, tutto muove dalla Parola di Dio. Da quel giorno la sua capacità di leggere la vita, gli avvenimenti e la “grande storia” si filtra attraverso la Preghiera[1]. Da quel giorno non deciderà e costruirà più da solo, secondo uno stile individualistico, ma si servirà del consiglio di Persone di Dio, scoprirà e vivrà quello che oggi, dopo il Concilio Vaticano II, chiamiamo il sacramento del fratello. Da quel giorno incomincerà a frequentare altre palestre e scuole per la formazione della sua “nobiltà”, non più quelle dell’aristocrazia ma dei Poveri. Diventeranno i suoi cari Poveri, quelli che meglio gli rappresentavano Cristo[2]: i Poveri diventano i formatori di Girolamo Emiliani!
Credo di poter dire che la mano di Maria continua ad accompagnarlo per tutta la vita attraverso la presenza della Parola, della Preghiera, di Persone spirituali e, soprattutto dei Poveri di Cristo.
Note:
(*Il termine Maestro insieme a quello di Capitano è quello usato dal primo biografo, l’amico Anonimo, per qualificare la relazione che Girolamo aveva con Gesù)
[1] “Vegliava la notte, né mai si coricava, se non vinto dal sonno: leggeva, pregava, si affaticava” (An 5,6). “Inoltre dobbiamo credere fermamente che tutto avviene per il nostro meglio e tanto pregare e supplicare che vediamo e, vedendo, operare come le circostanze ci suggeriscono al momento” (3Lett 11).
[2] An 14, 7 . E lui diventerà padre universale dei Poveri (An 9, 7).
[La seconda parte sarà pubblicata domani, venerdì 8 febbraio]