Dalla carestia della speranza al pane della fede

Omelia del cardinale Sepe in occasione della festa di Sant’Agata a Catania

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Nella gremitissima chiesa cattedrale di Catania nel giorno della festa di S. Agata S.E. il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ha celebrato martedì 5 febbraio il solenne pontificale insieme a dieci vescovi della Sicilia, il clero, le autorità cittadine, provinciali e regionali.

La splendida giornata di sole e la diretta televisiva hanno consentito una partecipazione popolare che supera ogni conteggio numerico.

Nell’omelia il card. Sepe ha intrecciato la biografia della giovane catanese con l’attualità della testimonianza cristiana e la preziosa occasione che le feste religiose patronali offrono  per rinsaldare la fede.

Un indissolubile legame di sangue unisce i catanesi alla Vergine Martire, quasi un sigillo che impegna la chiesa catanese a mettere in atto la lezione della giovane Agata, che quasi un angelo custode protegge e guida la sua Città  e “accompagna con il suo sguardo attento e premuroso, pronto a venire in aiuto per soccorrere e per confortare”.

Catania e Agata vivono in perfetta simbiosi ed oggi,  in questo difficile momento storico e “drammatico della nostra esistenza personale e comunitaria” la martire Agata parla alla società secolarizzata che rifiuta ogni valore etico e morale facendo registrare un forte impatto con la “precarietà storica e strutturale del Mezzogiorno”.

Tra le tante carestie che caratterizzano la società del Meridione, il Card. Sepe ha sottolineato la “carestia della speranza”: La nostra gente ha sempre vissuto di pane e di speranza … oggi niente è scontato né il pane né la speranza.

Una particolare attenzione il cardinale ha rivolto ai giovani in cerca di lavoro, con il “rischio di essere catturati da chi contrabbanda le proprie trame di morte con forme di protezione, espressa attraverso lusinghe”.

Le consorterie del crimine, la mafia, la camorra non fanno altro che rubare il futuro ai nostri giovani.

“Noi non ci arrenderemo” è il grido di speranza del Cardinale, e sull’esempio di Agata che risponde con coraggio a tutte le tentazioni della perfida Afrodisia, con pienezza di fiducia nel Signore alle cui mani ha affidato il suo spirito, come si canta nel graduale della Messa.

Nell’antifona al Magnificat del Vespri di S.Agata che viene cantata anche dalle Suore Benedettine al passaggio del convento in Via Crociferi all’alba del giorno 6 febbraio, si legge: “Stans beata Agatha in medio carceris, espansis manibus orabat ad Dominum”.

Le mani conserte nel silenzio del carcere, in accoglienza orante grata del miracolo della guarigione dopo il taglio delle mammelle, e le mani  aperte nella preghiera, sulla fornace  ardente, diventano mani benedicenti sulla Città, apportando coraggio e speranza, così da venir fuori dalle sabbie mobili del pessimismo e dello sconforto.

Il pane buono della fede, oltre a saziare la carestia della speranza, potrà anche nutrire la positiva adesione ai valori irrinunciabili sulla scia della testimonianza del martirio della Vergine Agata. Il rinnovato impegno nel cammino di fede conduce a Gesù, “unica salvezza della nostra vita”.

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Testo dell’omelia

Cari Confratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
Distinte Autorità, civili e militari,
Cari fratelli e sorelle,

“Celebrate con me il Signore, esultiamo insieme il suo nome” (Sal 33). E’ l’esortazione che ci rivolge il Salmista in questa solenne celebrazione in onore di S. Agata, la “santuzza” protettrice di questa città e di questa Arcidiocesi, martirizzata qui a Catania durante la persecuzione dell’imperatore Decio per mano del Governatore Quinziano, il 5 febbraio del 251, alla presenza, come racconta la tradizione, della comunità cristiana e di cittadini pagani. Da allora (1762 anni fa), la condanna emessa dall’”empio, crudele e disumano tiranno” è diventata la coraggiosa e suprema testimonianza d’amore della giovane Agata per Cristo; è la conferma e la consacrazione di quella verità di Cristo per la quale chi dona la sua vita per Lui la riacquista per la vita eterna: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che e nei cieli” (Mt 10,32). E su questa certezza di fede che si fonda e si è sviluppato nei secoli il forte legame di Catania con S. Agata, legame che ancora oggi dura come lo dimostra la partecipazione di tutto il popolo che, con fede, si è preparato e che oggi celebra con grande solennità l’anniversario del martirio della Vergine Agata.

Per questo, anch’io desidero ringraziare il mio caro e stimato confratello, l’Arcivescovo Salvatore Gristina, che mi ha invitato, unitamemte al Signor Sindaco Raffaele Stancanelli, a presiedere questa Eucarestia, dandomi l’occasione di pregare e godere, con voi e per voi, della santità martoriale di Agata, santità che è senza fine e senza tramonto non solo per Catania, ma anche per la Chiesa universale. Leggere e meditate la narrazione del martirio di S. Agata (cfr Mons. Gaetano Zito ), come avete fatto voi nei giorni scorsi nelle catechesi ai bambini, ai giovani e agli adulti, e rafforzare la fede nel Signore Gesù, presente nella nostra esistenza, confermandoci nella verità del Vangelo, e alimentando la mostra speranza contro ogni tentazione di pessimismo e di abbandono. E qui emerge tutta la forza di quella pietà popolare che, come ha sottolineato il vostro Arcivescovo nella scia dell’insegnamento del venerabile Papa Paolo VI, costituisce uno strumento provvidenziale per l’inculturazione del Vangelo anche nei nostri giorni. In realtà, tra Sant’Agata e la Città di Catania si è stabilito un indissolubile legame di sangue, lo stesso che si genera tra madre e figli, dando vita ad una parentela che è fiducia piena, abbandono totale, sottomissione convinta, riconoscimento di protezione. In sintesi, il martirio è il sigillo estremo che lega Catania alla sua Protettrice . Il Simbolo del martirio, infatti, esprime a fondo questa forma di appartenenza totale e definitiva, un vincolo quasi “carnale” che rende familiare, in tutte le case e a tutte le generazioni, la figura di una santa per sempre votata alla sua gente. S. Agata, possiamo dire, non è parte di Catania, ma è Catania stessa: è la sua anima; è la sua cultura; è la sua forza, espressa attraverso una devozione che alimenta speranza, perché non è mai fuori dal tempo il messaggio con il quale Sant’Agata continua a parlare a tutti noi, suoi eredi di sangue, associati ai benefici del suo martirio, che non finirà mai di purificare e rendere feconda la sua Chiesa.

Possiamo ben dire di essere nelle mani e, soprattutto, nel cuore di Sant’Agata. Si tratta, però, di un affidamento esigente che richiede innanzitutto un’adesione convinta, responsabile, impegno nel tradurre nella vita quotidiana il suo insegnamento di amore a Cristo e alla Chiesa. Ogni patrono, infatti, è come l’angelo custode, posto non solo a protezione ma anche a guida dei nostri passi. Egli non sta lontano, ma ci accompagna con il suo sguardo attento e premuroso, pronto a venire in aiuto, per soccorrere e per confortare. Nessuno più di Sant’Agata conosce le vostre esigenze nessuno più di lei conosce questa vostra città, angolo per angolo, vicolo per vicolo; nessuno più di lei conosce le vostre risorse e le vostre debolezze; i vostri slanci e le vostre miserie; le vostre speranze e le vostre paure. Sant’ Agata e la santa di tutti i vostri santi giorni, e la invochiamo perché, come lei, vogliamo superare ogni forma di rassegnazione e di sfiducia, ritrovando la forza e il coraggio di andare oltre le difficoltà del vivere quotidiano, di lottare contro le leggi blasfeme e vergognose della prepotenza, del malaffare e della violenza, per difenderci da quelle strutture malefiche e arroganti della mafia, della camorra e della illegalità, ma anche dalle ingiustizie che sembrano dilagare nelle nostre comunità.

Noi invochiamo la protezione della nostra santa conc
ittadina perché stiamo vivendo un momento drammatico della nostra esistenza personale e comunitaria. E’  sotto gli occhi di tutti la deriva a cui sta andando incontro la società secolarizzata, che rifiuta ogni valore etico e morale, mentre si deve fronteggiare una crisi sociale ed economica che rende ancora più pesante e difficile una precarietà storica e strutturale propria del nostro Mezzogiorno. Niente è più straziante di un popolo che perde il senso ed il gusto della vita e sul quale rischia di abbattersi la più terribile di tutte le carestie, la carestia della speranza che è la più inguaribile e la più perfida. La nostra gente ha sempre vissuto di pane e di speranza. Ora sembra che siamo arrivati ad un punto di svolta: niente è scontato, né il pane, né la speranza. Penso che è giunto il momento di un serio esame di coscienza collettiva nel quale tutti, per la parte di propria competenza, sono chiamati in causa.

Così ad esempio, di fronte alla vastità del dramma del lavoro che manca o si perde, non possiamo non guardare ai nostri giovani che, non solo sentono precluso l’avvenire, ma corrono il rischio reale di essere catturati da chi contrabbanda le proprie trame di morte con forme di “protezione”, espressa attraverso lusinghe, danaro ed incarichi di lavoro che puzzano di carcere, se non di sangue e di morte. In realtà, queste consorterie del crimine, la mafia, la camorra e gli associati della stessa risma, non fanno altro che rubare il futuro ai nostri giovani ed alla nostra gente.

Ma noi non ci arrendiamo. Non saremmo veri discepoli di Gesù Cristo e sinceri devoti della nostra Martire se ci lasciassimo raggiungere dal pessimismo: è come se accettassimo passivamente il foglio di sfratto che ci viene da questi sistemi del male, che non attendono altro che il male dilaghi.

Come Agata rispose ad Afrodisia e alle sue nove figlie corrotte, mandate da Quinziano perché la corrompessero, anche noi, Chiesa di Cristo, rispondiamo con le parole della Santa Martire che siamo “saldamente legati a Cristo. Le tentazioni sono come vento e le minacce come fiumi in piena. Per quanto imperversino contro la casa, questa non potrà mai cadere, fondata come è sopra la roccia”. (Narrazioni del Martirio di S. Agata I, n°3).

La Chiesa ha la sua missione, affidatale da Cristo, di parlare, esortare ed agire per il bene spirituale e materiale di tutti. Essa non parla per se stessa, quasi fosse uno dei tanti organismi sociali, politici o filantropici ma, ed è questa la sua grandezza, parla adoperando la voce di Cristo e del suo Vangelo.

Cari fratelli e sorelle,

la festività della santa patrona Agata ci invita a uscire dalle sabbie mobili del pessimismo e a riprendere il nostro bagaglio di speranza. E’ il coraggio della fede che, attraverso Agata, ci deve portare a Cristo, unica salvezza della nostra vita.

Agata è l’esempio da imitare, da seguire. L’offerta della sua vita a Cristo è linfa vitale per tutti noi. Con lei e attraverso lei riprendiamo la nostra libertà, la nostra dignità, la nostra speranza. Il cammino è impegnativo, ma non impossibile.

Con l’aiuto della nostra Protettrice rinnoviamo il nostro patto di amore con Cristo, con la Chiesa, con questa Città, nella certezza che lo Spirito Santo non farà mancare la sua forza e il suo sostegno.

Affidiamo questi nostri propositi alla beatissima Vergine e Madre, Maria SS.ma, Stella della nuova Evangelizzazione.

Dio vi benedica e Viva Sant’Agata!

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Giuseppe Adernò

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